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Vicoli ed archetti nel borgo di Rocchette

Un vicolo del suggestivo borgo di Rocchette, nel cuore della Sabina Tiberina, luogo dal fascino antico che incanta il visitatore, in una zona ricchissima di itinerari densi di mistero e magia.


Cottanello tra le foreste sabine

Antico castrum longobardo, il sito di Cottanello si sviluppò nel Basso Medioevo dotandosi di una cerchia muraria, che appare in parte inglobata dalle abitazioni. Fu dominio dell’Abbazia di Farfa e feudo degli Orsini. Oggi il giro delle mura è stato restaurato e reso fruibile, offrendo una bellissima passeggiata con notevoli panorami sul verde dei Monti Sabini e delle sottostanti colline, che pigramente digradano verso il Tevere. Nei pressi del paese si annoverano altre meraviglie, come l’Eremo di San Cataldo, i Prati delle Casette (“paesaggio storico” della Regione Lazio) e un’insolita cava romana abbandonata.


La “Terrazza della Sabina”

Il piccolo borgo di Vacone è definito la “Terrazza della Sabina” per il suo splendido e vasto panorama, che abbraccia non soltanto la Sabina Tiberina, appunto, ma anche l’Alta Campagna Romana sino – nelle giornate terse – ai primi quartieri della Capitale. Un quadro indimenticabile, che si offre incantevolmente in queste serene giornate di primo autunno.


Archetto nel borgo di Roccantica

Un delizioso archetto introduce nel cuore più antico del borgo medievale di Roccantica.


Il Castello di Rocchettine

Avvolta da una fredda luce invernale, la suggestiva Rocca Guidonesca è l’elemento di gran lunga prominente del “borgo-fantasma” di Rocchettine. Per saperne di più: “I castelli perduti del Lazio… e i loro segreti”.


Entrando nel borgo di Vacone

Noto agli “intenditori paesaggisti” per il suo magnifico panorama sulla Sabina Tiberina (e ai buongustai per un curioso ristorante con soltanto due coperti), Vacone offre anche un piccolo ma delizioso borgo in pietra, sormontato da un castello dell’XI secolo (o anche precedente) rimaneggiato più volte nei secoli. Tutt’intorno al paese – avvolto da profondi silenzi e memorie classiche – si trovano, persi nei boschi, ruderi antichi e medievali.


Vicolo a Montasola

Uno dei caratteristici vicoli in pietra che si aprono appena varcata la seconda porta del borgo di Montasola, che ancora oggi appare come un vero e proprio castello cinto da mura, rivelando la forma del castrum originario, secondo uno schema che si ritrova in altri centri della Sabina e dell’Umbria. Una meta splendida per un weekend autunnale all’insegna della quiete assoluta nonché della bellezza dell’architettura e del paesaggio.


Tramonto sabino da Montasola

Un “fiammeggiante” tramonto sabino, una delle peculiarità di questo splendido territorio. Se i residenti sono “abituati” a tale spettacolo quotidiano, i turisti che sempre più visitano la Sabina rimangono a bocca aperta nell’ammirarlo per la prima volta.


Nel cuore di Montasola

Nota per il suo magnifico panorama sulle verdi ed integre colline della Sabina Tiberina, Montasola ammalia anche per un centro storico ben tenuto e ricco di interesse: mentre alcune abitazioni sono state trasformate in “museo diffuso” di arti e mestieri tradizionali, in tutto il borgo sono presenti delle piccole e discrete tabelle che raccontano la storia degli edifici e degli angoli più interessanti. Recenti lavori di recupero del circuito murario hanno connesso quest’ultimo, in un unico percorso, allo splendido Parco “Il Monte”, impreziosito dalla Chiesa della Beata Vergine Maria: il luogo, estremamente curato e servito da uno chalet-bar, è perfetto per le famiglie e per il relax nonché per chi ama fotografare e ammirare i leggendari tramonti sabini. Quel che ci piace rimarcare è come Montasola si riveli una realtà in cui la sensibilità sia degli amministratori che dei residenti abbia creato solidi presupposti per lo sviluppo di quella “economia della bellezza” su cui crediamo si debba basare la rinascita del nostro Paese.


Finestra sul paesaggio sabino

La Sabina offre di continuo “quadri” paesaggistici incantevoli, in un’atmosfera che infonde serenità e un senso di profonda spiritualità. Una delle zone più piacevoli e facilmente raggiungibili è senz’altro la Sabina Tiberina, oggi in via di notevole rivalutazione, con un mercato immobiliare assai vivace. Gli argentei uliveti, i verdi pascoli e i coltivi, le scure chiome dei cipressi e dei lecci, i viali di querce, le ville e i casali in pietra caratterizzano in particolare la porzione settentrionale del comprensorio, in direzione del confine con l’Umbria, regione di cui ripetono molti stilemi (avendone del resto la Sabina fatto storicamente parte sino a tempi piuttosto recenti). Percorrendo con l’auto queste splendide e tortuose strade il fotoamatore dovrebbe fermare il mezzo di continuo, a causa della quantità (e della qualità) degli scorci che invitano ad uno scatto. In realtà queste colline baciate da Dio – e in cui risuona tuttora la parola di San Francesco – vanno esplorate possibilmente a piedi, ricalcando con la lentezza dei propri passi gli altrettanto lenti ritmi che contraddistinguono le silenziose campagne sabine. Qui, dove l’uomo ha saputo rispettare la “terra” così come le proprie radici rurali, in un’ottica tradizionalista e conservatrice di cui solo adesso riusciamo a capire il valore e la lungimiranza. Sta di fatto che ogni volta torniamo da questi territori “ricaricati” di una speciale energia positiva, che speriamo anche i nostri lettori vadano a godere di persona – magari approfittando proprio del suggestivo periodo autunnale.


L’Eremo di San Sebastiano presso Rocchette

Costruito nel XIV secolo forse dai Francescani, l’Eremo di San Sebastiano domina, con le sue forme romaniche, un piccolo terrazzo naturale dei Monti Sabini e conserva al suo interno resti di affreschi attribuiti al pittore locale Girolamo Troppa. Si trova nel Comune di Torri in Sabina, più precisamente nelle vicinanze del suggestivo borgo medievale di Rocchette, da cui si può raggiungere tramite un breve ma ripido sentiero. Di recente l’edificio è stato sottoposto a restauro, tuttora in corso. Auspichiamo che i lavori di risistemazione degli spazi esterni vengano svolti con estrema attenzione al rispetto della bellezza del luogo.


Panorama da Montasola

La Sabina Tiberina, com’è noto, è terra di panorami straordinari, fra i più splendidi del Lazio per l’ampiezza delle viste e per la bellezza di un paesaggio rimasto nel complesso assai integro. Uno dei “belvedere” migliori è Montasola, minuscolo e appartato borgo che è sempre più visitato ed apprezzato per i suoi vicoli in pietra tenuti in modo quasi impeccabile e, appunto, per la vista incantevole sulle colline sabine fino al Soratte (e ben oltre nelle giornate terse).


Panorama da Torrita Tiberina

Compresa nell’ormai storica Riserva Naturale Tevere-Farfa, Torrita Tiberina è un piacevole paese alle porte di Roma nord, caratterizzato – come la vicina Nazzano – da una notevole qualità della vita. Oltre ad alcuni preziosi monumenti – per esempio le torri della cinta muraria (risalenti addirittura al VII secolo, nell’ambito del cosiddetto “Corridoio bizantino”) da cui il suo toponimo – questo tranquillo e appartato borgo offre un panorama incantevole in ogni direzione sulla Valle del Tevere, che serpeggia con arditi meandri in una zona magnifica fra la Sabina e la Campagna Romana. L’affaccio più emozionante – e uno dei più peculiari dell’intero Lazio – è quello che si apre nei pressi dello slargo principale dell’abitato, a fianco del monumento ai caduti, laddove la profondità del paesaggio (che giunge sino ai Monti Cornicolani e ai Colli Albani), ricorda, all’alba o al tramonto, le vedute dei pittori vedutisti del Grand Tour: colpiscono il Biondo Fiume, con il suo smagliante azzurro nelle belle giornate, e l’integrità complessiva del territorio che si estende in direzione della Capitale (nonostante gli scempi compiuti negli ultimi anni da una politica cialtrona tra Passo Corese e Fiano Romano). Un punto panoramico davvero straordinario quello di Torrita, che meriterebbe una sistemazione migliore con la potatura delle piante che attualmente tendono a celarlo e con panchine inserite in uno spazio pedonale, insieme a un tabellone che ne evidenzi il valore estetico e culturale.


La bifora di San Valentino a Roccantica

Una romantica bifora, avvolta dai rampicanti, ci saluta al ritorno a Roccantica dall’Eremo di San Leonardo. Appartiene a ciò che resta della medievale Chiesa di San Valentino, oggi Sacrario dei Caduti.


Collevecchio e le sue eleganti architetture, fra le verdi colline sabine

Fra i molti borghi che punteggiano le verdi colline della Sabina Tiberina, Collevecchio merita sicuramente un posto speciale. A portata di mano dall’A1 (uscita Magliano Sabina), raggiungibile tramite un integro e riposante paesaggio agreste su cui spicca la sagoma del Soratte, questo paese ci dà il benvenuto con un contesto urbano ordinato ed armonioso, che svela subito il compatto centro storico d’aspetto medievale-rinascimentale. A differenza dei borghi situati più “a monte”, che conservano piuttosto un aspetto arroccato e fortificato, Collevecchio appare ingentilito da palazzi nobiliari cinque-seicenteschi, con logge, archi e portali a bugnato che ne fanno un unicum in questo territorio.

Le colline sabine viste dalle terrazze panoramiche di Collevecchio
Scorcio con il campanile della Collegiata
Un palazzo nobiliare a Collevecchio
Il Soratte dall’amena strada che conduce a Collevecchio, provenendo dal casello di Magliano

Le origini del popolamento di quest’area sono antichissime: già nel paleolitico erano frequentate le località di Grappignano e Poggio Sommavilla, e in quest’ultima durante l’età del ferro sorse un villaggio dedito, oltre all’agricoltura, al commercio con le popolazioni etrusco-falische e capenati.

Collevecchio in lontananza, visto da Poggio Sommavilla
Il panorama da Poggio Sommavilla sulle splendide colline della Sabina Tiberina
Il borgo di Poggio Sommavilla
Palazzo Orsini a Poggio Sommavilla

Questo insediamento si espanse enormemente in età arcaica ma fu distrutto dai Romani in epoca repubblicana, allorquando il territorio fu trasformato in modo radicale con la creazione di ville rustiche. La nascita specifica di Collevecchio, invece, risale all’epoca dell’incastellamento, ampliandosi nel corso del Duecento (allorquando è citato come Castrum Vetulum) e passando sotto il dominio di Narni ai primi del Trecento. Tornato presto sotto il controllo della Curia, il castello divenne quasi subito feudo degli Orsini.

Una torre superstite della cinta muraria medievale, poi inglobata fra le abitazioni
Un’altra casa turrita
Un vicolo nel borgo medievale

Durante i secoli XV, XVI e XVII Collevecchio – grazie ai suoi rapporti con i Medici di Firenze e con le alte gerarchie del Vaticano – si trasformò in un centro florido a livello culturale, attirando architetti, artisti e intellettuali e di fama, fra i quali il vescovo e umanista Blosio Palladio.

Un altro delizioso vicolo nel borgo
Il portale bugnato di Palazzo Pistolini-Menichini
Architetture nel centro storico

Dal 1605 al 1621 Collevecchio fu sede del Governatorato Apostolico della Provincia Sabina, con un tribunale e un carcere, come testimoniano gli strumenti di tortura ritrovati nei sotterranei dell’omonimo palazzo (accessibili dalla Chiesa Dei SS. Pietro e Paolo, purtroppo normalmente chiusa). E’ nota la leggenda di un prigioniero che, fuggito con tanto di ceppi ai piedi, giunse nei pressi dell’Eremo di San Cataldo a Cottanello laddove le sue catene miracolosamente si spezzarono. Il tribunale di Collevecchio chiamò a “lavorare” anche il mitico boia dello Stato Pontificio Mastro Titta, il quale nei primi dell’Ottocento compì a Collevecchio molte esecuzioni ai danni di uomini rei di omicidi, che spesso accadevano per motivi di onore (tradimenti, vendette, ecc…).

Un curioso arco nel borgo

All’indomani dell’unità d’Italia (1861), già facente parte della Provincia di Perugia, Collevecchio entrò nel nuovo Regno Sabaudo. Nel 1927, con il riordino delle province voluto dal governo fascista, fu collocata nella neonata Provincia di Rieti.

Un simpatico “murale”

La visita può partire da Porta Umbra – anzi dal supportico, costituito da due gallerie – che dapprima si affaccia sul portale a bugne di Palazzo Pistolini-Menichini (XVI sec., su disegno del Vignola) e poi zig-zagando fra i vicoli conduce direttamente su Corso Umberto I, ove prospettano diverse dimore nobiliari: Palazzo Floridi-Cerbelli (XVII sec.), che ingloba i resti di una rocca duecentesca costruita dai narnesi, Palazzo Filippi (XVII sec.), Palazzo Rosati (sorto intorno al 1600), sede del municipio, il Palazzo Apostolico (già Palazzo Orsini) e il Palazzo del Tribunale Pontificio (entrambi del XVII sec.).

Porta Umbra
Il supportico di Porta Umbra con lo sfondo di Palazzo Pistolini-Menichini
Scorcio panoramico dall’arco di Porta Umbra
Il panorama alle spalle della porta
Un gatto sui ciottoli de borgo

Sempre lungo il corso, sullo slargo che costituisce di fatto la piazzetta principale del paese, si ammira inoltre la Collegiata di Santa Maria Annunziata, con il suo campanile d’impianto romanico: sorta alla fine del XII secolo e più volte rimaneggiata in seguito, ospitò temporaneamente le spoglie di San Bernardino da Siena; custodisce un crocifisso policromo in stile bizantino e una deposizione fiamminga del 1435. Ci si sposta poi nella stradina “parallela”, situata ad ovest e più in basso della via principale, collegata a quest’ultima da una serie di vicoli suggestivi popolati da gatti sornioni e pasciuti. A Piazza dello Statuto è l’ottocentesco teatro, in stile neoclassico.

La Collegiata di Santa Maria Annunziata
Il portale della Collegiata
Abitazioni sul corso
Palazzo Rosati, sede del Municipio
La “piazzetta” di Palazzo Rosati-Conte lungo il corso, nei pressi di Porta Romana

La breve e rilassante passeggiata termina uscendo dal doppio arco di Porta Romana, facente parte del Palazzo Rosati-Conte (XVI sec.) e distinta da uno scenografico portale bugnato. Di fronte abbiamo la Chiesa della Madonna del Rifugio (sec. XVI). Da qui è possibile iniziare il (consigliato) periplo dell’abitato: andando a destra, su Via Roma, si costeggiano subito (sulla nostra sinistra) il cancello dei giardini “all’italiana” degli Orsini (XVIII sec.) e di seguito vari caseggiati, fra cui troneggia il cinquecentesco Palazzo Coperchi-Piacentini, con la sua raffinata loggia, attribuito alla scuola di Sangallo il Giovane. Continuando su Via Roma e su Via San Valentino, e infine voltando a destra, si giunge alle balconate panoramiche che si aprono verso nord e nord-est.

La monumentale Porta Romana e Palazzo Rosati-Conti
Il campaniletto della Chiesa della Madonna del Rifugio
Scorcio delle case del borgo da Via Roma
Palazzo Coperchi-Piacentini
L’elegante loggia del palazzo
Un portone secondario di un antico palazzo

Piacevole arrivare anche al Convento francescano di Sant’Andrea (XVI-XVII secc.), in prossimità del cimitero, che, fra gli ulivi, offre una magnifica veduta di Collevecchio con lo sfondo dell’immancabile Soratte. Più distante dal paese, in posizione elevata, è la Chiesa di Sant’Isciano (XVI sec.) che la tradizione vuole sia stata edificata sopra i resti di un tempio dedicato al dio Giano; sparse nelle campagne si trovano ulteriori chiesette rurali, fra cui quella di San Prospero, nell’omonima contrada.

Il Convento di Sant’Andrea
Particolare

A completare il quadro di questo elegante borgo è ovviamente il paesaggio, aspetto cui nel nostro blog dedichiamo sempre particolare attenzione. La cornice che avvolge Collevecchio è splendida e conferma una volta in più come la Sabina sia un vero “serbatorio” di bellezza per il Lazio, da preservare, valorizzare e promuovere. L’Umbria è proprio ad una manciata di chilometri – anzi la “Sabina Umbra” ad esser precisi, che si pone come naturale prosecuzione della Sabina Laziale – e qui la ruralità è ancora autentica, conservando un valore socio-economico: agriturismi, fattorie didattiche e aziende agricole (che vendono direttamente i propri prodotti) offrono svariati servizi che arricchiscono l’esperienza di una gita o di un vero e proprio soggiorno a Collevecchio.

Un tratto magnifico della campagna di Collevecchio, punteggiata da fattorie e casali adibiti ad agriturismi
Campi coltivati

Camminare per le tranquille stradine bianche che si diramano in ogni direzione è il modo migliore per immergersi in questo mondo “bucolico”, così vicino a Roma eppure così lontano dai ritmi metropolitani. Anche la mountain bike è un mezzo perfetto per esplorare i dintorni del paese, magari raggiungendo le sue piccole frazioni, in primis la graziosa Cicignano.

Una stradina a Cicignano
Uno stretto vicolo a Cicignano
Panorama da Cicignano

Oggi tutto questo patrimonio è promosso da un vero e proprio brand, quello cioè del “Parco Slow della Sabina” – come attesta un tabellone all’entrata di Collevecchio -, progetto che auspichiamo permetta a questa deliziosa zona di farsi conoscere e apprezzare come merita.


Vicolo di Rocchette

La stradina centrale che attraversa il delizioso borgo medievale di Rocchette, villaggio “segreto” alle pendici dei Monti Sabini.


Salita alla Rocca Guidonesca

Al cospetto delle suggestive rovine della Rocca Guidonesca (XIII sec.), che domina il “borgo fantasma” di Rocchettine (Torri in Sabina). A poche centinaia di metri è il delizioso paese di Rocchette (già Rocca Bertalda), oggi in via di recupero e colmo di scorci pittoreschi. Sotto il diretto controllo del Vescovo, Rocchette e Rocchettine formarono un punto di controllo strategico sulla Valle dell’Aia, importante via di comunicazione della Sabina medievale, mentre oggi costituiscono un complesso paesaggistico di straordinario valore. Per saperne di più: “I castelli perduti del Lazio e i loro segreti”.


Le Casette di Cottanello: una cartolina dal passato

Come un borgo da fiaba, il minuscolo villaggio pastorale abbandonato delle Casette di Cottanello si adagia fra i pascoli dei Monti Sabini formando una vera e propria “cartolina dal passato”. Un luogo bellissimo, dichiarato recentemente “paesaggio rurale storico” dalla Regione Lazio.


Nelle valli sabine verso il tramonto

Le suadenti linee dei colli della Sabina Tiberina viste da Cottanello, poco prima del tramonto, sottolineano l’atmosfera misteriosa di questa zona ricca di rocche, eremi e monasteri. Sullo sfondo l’enigmatico ed inconfondibile Soratte. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1”.


Salita all’Eremo di San Leonardo

La salita all’Eremo di San Leonardo, suggestiva costruzione rupestre dell’VIII-IX secolo ricavata da una grossa cengia dei Monti Sabini, nei pressi di Roccantica: fu quasi sicuramente realizzato da un seguace di Leonardo da Noblac. Un luogo di straordinaria spiritualità sempre più visitato dagli escursionisti e dai fedeli.