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Tarquinia, panorama da San Giacomo

Lo splendido panorama dal belvedere di San Giacomo a Tarquinia, esaltato dal verde della primavera maremmana. Uno scorcio indimenticabile sul “paesaggio etrusco” della Valle del Marta che stupisce il visitatore e resta per sempre impresso nei suoi occhi.


Tarquinia, Via degli Archi

Tarquinia è una delle cittadine d’arte dei più belle ed affascinanti del Lazio ma tutt’oggi è ancora poco conosciuta e visitata come meriterebbe. Nota anche come la “San Gimignano del Lazio” per le sue numerose torri – di cui una ventina circa perfettamente conservate – la cittadina sta comunque riscoprendo negli ultimi anni un certo lustro e finalmente pare che il turismo si stia accorgendo che c’è uno scrigno d’arte medievale oltre alla ben più nota magnificenza delle necropoli etrusche patrimonio Unesco. Una delle cause di questa timida riscoperta è anche il progressivo miglioramento di questo pregiato centro storico, con ristrutturazioni di edifici, ripavimentazioni e chiusure al traffico. Uno degli angoli recentemente recuperati è Via degli Archi – in foto – che incanta il visitatore per la sua coerenza estetica, caratterizzata dalla tipica pietra locale giallastra, il “macco”.


Tarquinia medievale

Le spettacolari architetture medievali del centro storico di Tarquinia, luogo splendido da visitare soprattutto in primavera. Qui è lo slargo in cui diverse torri si innalzano intorno alla romanica Chiesa di San Pancrazio.


Panorami d’immenso in Etruria

I grandi e solenni spazi della Valle del Marta con l’iconico e solitario Monte Canino, visti dalle spettacolari colline dell’Ara della Regina e più precisamente nei pressi della misteriosa collina “a cono” della Castellina. Qui più che altrove si respira l’anima degli Etruschi ed è la primavera ad esprimere al meglio l’aspetto gaio del complesso carattere di questo antico popolo.


Le “Arcatelle” di Tarquinia

La primavera è senz’altro la stagione migliore per ammirare il “paesaggio etrusco” di Tarquinia, patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Qui è l’iconico scorcio delle “Arcatelle”, acquedotto settecentesco che spicca nella magnifica campagna nei pressi dell’Ara della Regina.


Tuscania dal Sentiero del Sasso Pinzuto

Dal Sentiero del Sasso Pinzuto, nei pressi di Tuscania e del Fiume Marta, si apre un bellissimo panorama su questa cittadina d’arte medievale e rinascimentale. Nonostante lo sfondo sia stato rovinato in modo scellerato da decine di pale eoliche, la veduta (che prima di ciò era davvero magnifica) rimane del massimo interesse per apprezzare la perfetta armonia fra l’edificato storico e il paesaggio agreste e naturale – in attesa di un futuro smantellamento di questa vergogna nazionale.


Tarquina: vista da Campo Cialdi

Il cosiddetto “Campo Cialdi” è un ampio prato che si apre a sinistra della splendida stradina che conduce alla chiesetta di San Giacomo a Tarquinia. Offre forse il panorama più iconico della città medievale, con le sue torri e la Chiesa di Santa Maria di Castello e con lo sfondo del Tirreno – l’antico mare degli Etruschi.


La torre segreta nel “tutto”

Laddove non raggiunta dal criminale delirio “green”, la Maremma Viterbese offre ancora paesaggi che fanno sognare. Qui nella foto, nel magico territorio al confine tra Tarquinia e Tuscania, diversi ruderi di fortilizi medievali emergono in un paesaggio di vasti orizzonti intatti. Più conosciuto il Castello di Pian Fasciano, meno quello dell’Ancarano, mentre nell’immagine, in lontananza, appare solitaria una torre che d’istinto verrebbe da dire “nel nulla”. In realtà è un’espressione stupida per quanto ormai usuale, dettata dall’ideologia progressista che ha dominato la cultura degli ultimi quattro o cinque decenni. Questo infatti non è il nulla” (che piuttosto è rappresentato dalle nostre orrende e invivibili periferie, veri “non luoghi”) bensì è il “tutto” poiché qui risiede il massimo della biodiversità, delle tradizioni più sane e antiche (quelle tanto odiate dal falso ambientalismo “metropolitano” – “green” appunto – propugnato dal WEF e da altre accolte di miliardari), del rapporto più equilibrato fra uomo e natura.


L’albero nella Valle del Marta

Un angolo poetico sulle colline della Valle del Marta, con lo sfondo del profilo della Tarquinia medievale.


“Paesaggi fantasma” d’Etruria: viaggio nella “zona sacrificata” per non dimenticare – parte 1

 Cosa sono i “paesaggi-fantasma”? Sono quei paesaggi che semplicemente non esistono più. “Morti” che riappaiono di tanto in tanto con brevi scorci e finestre visive che ci fanno rammentare come fossero quando erano “vivi”. A questo punto ci potreste chiedere: si tratta di foto molto vecchie dunque? No, nient’affatto. Gli scatti che presentiamo in questa serie di articoli sono stati realizzati fra il 2019 e il 2021, nel periodo della cosiddetta “seconda ondata” del “Green” nella Tuscia (la prima avvenne nel 2009-2011, esattamente 10 anni prima). Eppure da quel momento ad oggi tanto è già cambiato. Molti degli scorci che vedrete non esistono più o sono stati pesantemente deturpati, oppure stanno per esserlo, poiché quasi ogni mese si apre un cantiere nuovo. O, ancora, si tratta di ritagli vedutistici che sono stati circondati dallo sprawl energetico; Infatti oltre agli impianti in sé, grandissimo impatto hanno avuto anche i nuovi elettrodotti, le nuove strade, le nuove sottostazioni elettriche, in un caos visivo ed elettromagnetico il cui impatto sulla stessa salute (psico-fisica) umana ed animale non è stato preso minimamente in considerazione – così come l’impatto sulle dinamiche sociali ed economiche locali.
 Il nostro lavoro fotografico si è concentrato sulla cosiddetta “zona sacrificabile”, un territorio completamente inesplorato dal punto di vista turistico e fotografico, una fascia dolcemente collinare di origine vulcanica che digrada dai Monti Volsini occidentali (Lago di Bolsena) sino alle porte di Canino. Una campagna verde, solare e armoniosa, un inno alla vita che prende il cuore. “E perché sacrificabile?” – direte voi. E’ un’espressione polemica coniata da noi pochi resistenti, che abbiamo provato a sensibilizzare l’opinione pubblica, fra cui va citato in primis l’amico Adrian Moss, con il quale abbiamo realizzato questi reportage. Reportage che oggi appaiono come preziose testimonianze storico-documentarie di un paesaggio ormai deturpato o letteralmente cancellato – nel giro di pochissimi anni. Se in tutto il Viterbese si sono infatti moltiplicati in questi anni progetti energetici – spesso di imponenti dimensioni – senza alcuna valutazione del cumulo, in un’anarchia autorizzativa che non ha paragoni in Europa e che meriterebbe un’inchiesta, è proprio in questa zona che tale follia “green” si è particolarmente “scatenata”, per via di una serie di motivi tecnico-logistici, geomorfologici e socio-economici. E’ per questo che subito un’area così vasta e così integra ci è apparsa di fatto sacrificabile con grande disinvoltura da una popolazione silente e da istituzioni tutte allineate nell’avallarne la distruzione, senza che nessuno (tranne le opposizioni e le proposte di vincolo della Soprintendenza, la denuncia di Italia Nostra e gli allarmi lanciati dall’Ispra circa il consumo di suolo che si stava verificando) si preoccupasse di tutelarla. Eppure si trattava di un territorio di straordinario valore agricolo (dalle foto vedrete che si tratta di terreni assolutamente produttivi) ma anche estetico e culturale, pertanto dal grande potenziale turistico: fino al 2009 – fatidico anno d’inizio dell’aggressione “green” – questo era un vero e proprio “paradiso rurale” che avrebbe fatto la felicità di investitori italiani e stranieri, con casali e case nei centri storici che oggi avrebbero goduto di una notevole rivalutazione immobiliare. E invece assistiamo ad un danno patrimoniale diffuso di milioni di euro che mai nessuno risarcirà. Nulla infatti è stato rispettato: dalle distanze da abitazioni, siti archeologici, costruzioni storiche, sic e zps, alla dignità di una terra e della sua gente.
 Senza voler approfondire il mare di menzogne pseudoscientifiche che si cela dietro a chi ha promosso, autorizzato e giustificato questo scempio a tutti i livelli, e al di là del falso ambientalismo salottiero e ideologico (se non colluso) incarnato da alcune grandi associazioni “verdi” (italiane e internazionali) con i loro dati astratti e non veritieri e con le loro statistiche e proiezioni catastrofistiche tutte da dimostrare (anzi, finora sempre dimostratesi, nel corso degli anni, fallaci e ridicole), ci è sembrato doveroso mostrare concretamente cosa stiamo perdendo o abbiamo già perduto nel più assordante silenzio generale, compreso quello del mondo dell’escursionismo (mostratosi timoroso o quanto meno superficiale di fronte a codesto massiccio attacco) e di quello intellettuale (o presunto tale). Altrimenti il senso di responsabilità nell’aver accettato tutto ciò, tacitamente o perfino plaudendo, non verrà mai stimolato, se mai possa essere stimolato in molte menti ormai completamente “lavate” dalla propaganda “green”. Insomma: avete applaudito o taciuto di fronte a questo “sviluppo green” ideale e astratto che però andava a stravolgere territori concreti e le vite reali di numerose persone? Ebbene, almeno sappiate cosa avete contribuito a distruggere, in modo tale che un domani quando non ci sarà più nulla e tutti si chiederanno esterrefatti “ma come è stato possibile?”, voi non potrete dire: “io non sapevo”. Se non lo sapevate eravate ignoranti: di un’ignoranza nera, quella di chi non conosce minimamente il proprio territorio. Se invece lo sapevate, siete stati di fatto complici. Tertium non datur. Di fronte a tale abominio il silenzio non ha scusanti. Del resto si trattava di un patrimonio collettivo irriproducibile – formalmente tutelato dalla Costituzione all’art. 9: un “bene comune” sacrificato – appunto – a vantaggio di pochissimi arroganti speculatori.
 Procedendo da nord verso sud in questo nostro anomalo (e struggente, per gli animi sensibili) itinerario, in questa prima “puntata” apriremo una panoramica sul territorio fra la Strada Piansanese (che collega Piansano e Tuscania) e la Strada Trinità (grosso modo tra Marta e Tuscania): paesaggi antichi e di sommo valore identitario per il Lazio, basati sulla rotazione colturale (pascolo, cereali, ortaggi foraggio, incolti – seminativi e coltivazioni arboree), segnano questa zona, che si era perfettamente conservata sino a pochi anni fa e in parte lo è ancora, nonostante l’ingombrante presenza, sull’orizzonte, di numerose pale eoliche e, sparsi, qua e là di alcuni mega impianti fotovoltaici. Siepi, casali in pietra, querce camporili, muretti a secco e fontanili, compongono i dettagli che rendono questa zona tuttora, a tratti, incantevole. Buona visione… – VAI ALLA PARTE 2.

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Le colline dell’Ancarano

La spettacolare campagna che, nel cuore della Maremma Laziale, circonda i castelli di Pian Fasciano e dell’Ancarano: di quest’ultimo (nella foto) rimangono soltanto pochi resti sepolti dalla vegetazione ma la bellezza del luogo rimane intatta, anche grazie alla presenza di un vasto poligono militare che ha conservato in modo superbo l’antico e solenne paesaggio del latifondo papalino. Oggi possiamo infatti ammirare questi scenari come fossero un “libro di storia aperto” e per tale motivo essi costituiscono un patrimonio culturale collettivo di inestimabile valore, che andrebbe difeso da un parco nazionale.


Tuscania crepuscolare

Toni crepuscolari accentuano la suggestione di Tuscania in una sera di dicembre.


Scorcio su Largo delle Sette Cannelle a Tuscania

Tuscania custodisce uno dei centri storici più belli e curati del Lazio, in una sintesi assai armoniosa fra architettura medievale e rinascimentale che ricorda Orvieto di cui peraltro ripete la predominanza assoluta della pietra tufacea, con inserti di peperino, nenfro e basalto, rocce che ricordano l’origine prettamente vulcanica dell’attuale geomorfologia della zona. Una delle vie più caratteristiche è il cosiddetto “Largo delle Sette Cannelle”, una stradina curvilinea che offre scorci particolarmente evocativi.


Tuscania-Basilica di San Pietro

Lo straordinario fascino medievale della Basilica di San Pietro, capolavoro romanico, vanto di Tuscania: monumento ricco di sovrapposizioni architettoniche e religiose nonché di simboli sacri, in un continuum di utilizzazioni che va dall’epoca etrusca a quella odierna.


Tarquinia medievale dalla Roccaccia

L’impressionante skyline turrita della Tarquinia medievale, vista dalle suggestive colline della Roccaccia e immersa nell’intatto paesaggio della Valle del Marta.


Sguardi d’infinito

L’infinita bellezza del paesaggio di Tuscania, o meglio di ciò che di esso non è ancora stato stravolto dall’Agenda 2030… Come abbiamo mostrato con numerosi altri scatti, si tratta di una zona che sa regalare scorci che lasciano attoniti e che meriterebbe un parco nazionale. Fino a quindici anni fa, quando era tutto integro, questo territorio dava sensazioni di mistero e di magia quasi surreali: portiamo nel nostro cuore quei preziosi ricordi.


Pian Fasciano: Tuscia “senza tempo né confini”

Il panorama “senza tempo” e dai “grandi spazi” che si apre nel cuore dell’ancora sconosciuta Valle del Marta, a metà strada fra Tuscania e Tarquinia, sulle rovine del Castello di Pian Fasciano. Sullo sfondo, a guardare bene, si notano i pochi resti del dirimpettaio Castello dell’Ancarano mentre sono le prossime colline di Monte Romano e i più lontani Cimini a chiudere l’orizzonte. Un “quadro” paesaggistico strepitoso e segreto, che meriterebbe di essere studiato e apprezzato da fotografi vedutisti e pittori en plein air. Per saperne di più sugli itinerari possibili nella zona: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1”.


Fotografare sulle “Crete della Tuscia”

La Maremma Viterbese è una delle aree più spettacolari a livello paesaggistico del Lazio, dove il fotografo vedutista può trovare innumerevoli spunti di interesse. Il paesaggio è infatti vario e suggestivo, nonché ricco di elementi archeologici. Sono i grandi latifondi storici (per lo più a pascolo, cereali e bosco) a scandire la struttura essenziale di questa porzione di Maremma. Le zone più spoglie – come questa nella foto, nei pressi della Strada Consortile delle Poppe, presso Tuscania, ai bordi della Valle del Marta – appaiono d’estate come allucinanti “deserti”, viceversa in primavera come solenni “paradisi” verdi, non di rado ricoperti di magnifiche fioriture: una sorta di “Crete della Tuscia”, per richiamare alla mente un territorio, quello delle Crete Senesi, ben più celebrato ed “esplorato” a livello fotografico (e pittorico). Qui vediamo il nostro amico Adrian Moss, esperto foto-paesaggista innamorato dei “grandi spazi” dell’Etruria – impegnato nel trovare l’inquadratura giusta: fuori dal campo visivo dell’immagine, a sinistra vedremmo un ameno e incontaminato laghetto sorgivo mentre a destra diversi poetici casali abbandonati con mandrie di bovini e asini allo stato semi-brado. Luoghi da visitare ed ammirare fino a quando l’Agenda 2030 non li divorerà con il delirio di impianti energetici che – come un tumore – corrode sempre più questo delicato lembo d’Italia.


Al tramonto, da Montebello di Tuscania

Torniamo sempre volentieri a Montebello, solitaria e panoramica località fra Tuscania e Tarquinia: ci innamoriamo ogni volta della sua eterea campagna (che ricorda molto quella del Basso Senese, seppur assai meno nota e celebrata), dei suoi colori, dei suoi profumi. Qui il “paesaggio etrusco” svela il suo volto più “laborioso”, in una perfetta interazione uomo-ambiente. Peccato che ormai la speculazione energetica senza freni stia letteralmente assediando queste magnifiche colline che purtroppo, per incapacità e ignavia delle istituzioni, non ricevono tuttora un’adeguata tutela.


Tuscania con il naso all’insù…

La bellezza di Tuscania va apprezzata da ogni prospettiva, guardando spesso “all’insù” per godere degli scorci tipici delle nostre cittadine d’arte comunali in cui le torri svettano fra i palazzi medievali e rinascimentali.