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Panorama da Farnese sulla Selva del Lamone

Passeggiando per il piccolo borgo di Farnese, ad un certo punto si apre improvvisamente un panorama mozzafiato sulla Riserva Naturale della Selva del Lamone, caratterizzata da un paesaggio incontaminato e misterioso – reso ancor più suggestivo dai colori di fine autunno. Foresta tuttora “aspra e forte” che fu rifugio di santi e briganti, come spesso accadde nel Lazio (e non solo) in luoghi così isolati e selvaggi: scelte apparentemente antitetiche ma accomunate dal desiderio di una vita senza compromessi, che forse – in un’epoca come la nostra dominata dal conformismo e dalla banalità – possono risultare incomprensibili quanto affascinanti.


Quadretto bucolico nella Valle del Fiora

Un quadretto bucolico nella bella campagna in località Roggi, presso Canino, a poca distanza dal Fiume Fiora: da notare i pastori maremmano-abruzzesi, vere “icone” di questo territorio sempre più aggredito dalle follie truffaldine dell’Agenda 2030.


Visioni da “Grand Tour” a Gallese

Il territorio di Gallese costituisce un patrimonio paesaggistico straordinario e ancora scarsamente conosciuto. Accanto alle numerose vestigia antiche, romane ed etrusche, sparse un po’ ovunque nei boschi, stupisce la bellezza della campagna che circonda l’abitato, di immenso valore “identitario” per il Lazio. Affascinante risulta infatti il contrasto fra gli ambienti selvaggi delle forre (in particolare il pittoresco Fosso dei Frati) e la placida tranquillità dei prati solcati da greggi e punteggiati da casali e conventi. Uno dei modi più semplici ed immediati per godere questa zona a piedi o in bicicletta è il cosiddetto “Giro del Pappagallo”, un sentiero ad anello che parte dal borgo medievale e ritorna direttamente ad esso: ad un certo punto si ammira uno scorcio davvero incantevole sul Palazzo Ducale che richiama i dipinti dei vedutisti del Grand Tour sette-ottocentesco. Per avere itinerari d’autore in questa zona, consigliamo la nostra guida – che sta riscuotendo un notevole successo e si avvia a diventare un “classico” – “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.


Crinali dei calanchi presso Vaiano

Se Civita di Bagnoregio – la cui sagoma, in questa immagine, appare sfumata in controluce sulla destra – è sempre più visitata, la Valle dei Calanchi rimane tuttora per i turisti una sorta di irraggiungibile “sfondo-cartolina”. Di certo è un territorio di straordinario valore paesaggistico assolutamente non “esplorato” a livello sia fotografico sia escursionistico. Mentre per quanto riguarda le escursioni si assiste a continui fenomeni di privatizzazione dei sentieri (con relativi di divieti di accesso al limite della legalità), va molto meglio se ci si vuole limitare a fotografare “un po’ più da vicino” questo paesaggio meraviglioso. Una delle zone che offrono i panorami più interessanti è quella di Vaiano, minuscolo borgo frazione di Castiglione in Teverina. Da qui, procedendo in direzione del bivio per l’altra frazione di Case Nuove, dopo aver bordato pregiati vigneti appare uno scorcio incantevole di Civita e di alcuni aspri crinali calanchivi, che – per la sua particolare esposizione – si consiglia di immortalare o all’alba o al tramonto.


Le colline della Tuscia da Monte Jugo

Torniamo a Monte Jugo dopo un paio di anni e ci meravigliamo per l’ennesima volta della bellezza del panorama che si ammira dalle pendici di questa modesta elevazione vulcanica, situata fra Montefiascone e Viterbo. Siamo sul tracciato della Via Francigena che collega i due suddetti centri, in una tappa famosa per la presenza di un lungo tratto di basolato romano ben preservato dell’antica Cassia. I pellegrini compiono questo percorso con gli occhi colmi di gioia per lo splendore di queste testimonianze e per la dolcezza della campagna viterbese, rivestita a maggio di magnifiche fioriture. Nel periodo primaverile la struggente “ruralità” della Tuscia si esalta ancor più mentre lo sfondo di Montefiascone con la Rocca dei Papi e la grande cupola di Santa Margherita arricchiscono il paesaggio con importanti dettagli architettonici.


Sulle “colline segrete” fra Celleno e Grotte Santo Stefano

Fra Celleno e Grotte di Santo Stefano, nel cuore della “valle magica della Teverina Viterbese”, si estende una vasta area collinare che custodisce un paesaggio di straordinaria bellezza, che però rimane curiosamente “invisibile” da ogni strada asfaltata così come dai paesi che la circondano. “Colline segrete” che costituiscono una rarità a livello geomorfologico per la Tuscia, presentando le argille al posto del consueto suolo litico di origine ignea senza però giungere agli “eccessi” dei calanchi. Un paesaggio dunque di alture coltivate esteticamente affine a quello dirimpettaio dell’Umbria e tuttavia unico nel suo genere poiché appunto circondato dal tipico scenario rupestre etrusco. Con questo articolo pertanto vogliamo invitare a recarsi sul posto i nostri “esigenti” lettori, di cui conosciamo il desiderio di scoprire sempre nuovi “luoghi segreti”.

Il Convento di San Giovanni Battista a Celleno Vecchio
La salita sul ponte di Celleno Vecchio
L’altopiano che cela l’area collinare fra Celleno e Grotte, con lo sfondo degli Appennini

Il percorso è magnifico in mountain bike (e forse anche per downhill), a piedi (per chi ama camminare per chilometri su sterrate) e a cavallo ma è sconsigliato a fuoristrada e moto da cross poiché ad un certo punto il reticolo viario a nostra disposizione attraversa una tenuta privata che – pur senza evidenti divieti – è regolarmente chiusa durante la giornata da sbarre (rosse) e ciò può costituire un serio rischio. Inutile dire che i fotoamatori paesaggisti trovano qui una specie di loro personale “paradiso perduto”, da cui trarre scatti certamente originali e di assoluto rilievo, senza il rischio di riprodurre la solita “cartolina” di scorci già strafotografati (pensiamo al celeberrimo boschetto di cipressi in Val d’Orcia o al Pian Grande a Castelluccio di Norcia). Ad ogni modo, ci troviamo dinanzi ad un patrimonio paesaggistico e culturale inestimabile, da tutelare, valorizzare e promuovere da parte delle istituzioni, in una zona che vede un crescente flusso turistico.

Un casale in rovina, sul ciglio di un burrone

Il percorso inizia dalla località di Acquaforte, che si raggiunge sia dalla Via Teverina (SP5) sia dalla strada che collega Celleno Nuovo con Celleno Vecchio (indicazioni). Da qui – ove si trovano un vistoso lavatoio/fontanile e una sorgente di acqua ferruginosa – si imbocca una carrareccia, sulla destra, che affianca dei campi. La si percorre in costante salita, costeggiando alla nostra sinistra un burrone, fino a giungere ad un bivio sull’altopiano, in vista di un casale che si staglia sullo sfondo. Si piega a sinistra e si rimane sulla strada principale evitando le deviazioni a destra che conducono ad alcune aziende agricole. Giunti sul crinale il panorama è immediatamente vastissimo con il profilo degli Appennini, innevati d’inverno e nel tardo autunno; a destra appare la vallata verso Grotte, tutta a prati e punteggiata da alberi camporili e rari casali; a sinistra si ammira invece una visione inedita e splendida del borgo di Celleno Vecchio, che sembra nascere dal terreno.

L’incantevole paesaggio di questo lembo di Teverina e di Lazio

Alcuni scorci della stupenda campagna fra Celleno e Grotte Santo Stefano
Celleno Vecchio sembra “sorgere” come una visione dal paesaggio coltivato

Superata una sbarra sempre aperta, si scende poi con un primo ottimo panorama a sinistra sulle sottostanti colline, in direzione delle alture di Sant’Angelo. Si arriva quindi ad un bivio, in prossimità di un antico e pittoresco casale.

Panorama sulle colline verso Sant’Angelo di Roccalvecce
Il casale presso il bivio sul percorso

Da qui ci sono possibilità: la prima è scendere a destra (e poi ancora a destra) inoltrandosi in una vallata ricca di fascino, raggiungendo un vecchio caseggiato rurale in abbandono e “girovagando” senza meta in questa ambientazione suggestiva, dominati dalle rupi del plateaux vulcanico sovrastante.

Il casale del bivio visto dalla valle sottostante

Immagini di un vecchio borgo rurale ormai in totale abbandono, sul fondo della vallata

La seconda opzione è prendere la sterrata di sinistra, che dona subito un panorama mozzafiato: si svela ai nostri occhi un paesaggio perfetto, di somma e struggente poesia, con la tipica campagna laziale che alterna seminativi, pascoli, boschi; un paesaggio semplice quanto indifeso, che soprattutto negli ultimi anni sta purtroppo rapidamente scomparendo a causa della diffusione di insediamenti ed opere di ogni tipo, avallata da scandalose politiche regionali volte escusivamente a favorire la speculazione ai danni dei beni comuni. A completare questo “dipinto vivente” concorrono i Monti Amerini, il Terminillo, la Valle del Tevere, il Soratte e i Monti Cimini mentre al centro della scena spicca una strana, piccola rupe solitaria: è la cosiddetta “Pietra dell’Anello”, luogo misterioso, pregno di leggende per gli abitanti locali, che sarà la meta finale del nostro “viaggio”.

Lo spettacolare panorama verso la Valle del Tevere il Terminillo
La grande bellezza del paesaggio della Teverina Viterbese scendendo verso la strada di Magugnano
La “Pietra dell’Anello” al centro del panorama

Ma non è finita qui: pochi passi sulla nostra sinistra ed ecco un’altra visione quasi irreale, ossia il borgo medievale di Roccalvecce incastonato fra i boschi, un’immagine ferma a tanti secoli fa. Tutto ciò ci catapulta in una dimensione senza tempo, arricchita anche da tanti dettagli, come ad esempio un’edicola religiosa in mattoncini che sorveglia la stradina e che per i contadini della zona era di sicuro un importante punto di riferimento.

Il borgo medievale di Roccalvecce nel paesaggio
Una visione ravvicinata della perfezione urbanistica di Roccalvecce
Un’edicola religiosa lungo la stradina di campagna

Il percorso continua fra bei casali purtroppo in rovina e persino una scuola rurale “fantasma”: una sorta di “mondo agricolo fossile” lasciato a se stesso come d’improvviso e conservatosi magicamente intatto. Interessante anche la veduta di Sant’Angelo, il “paese delle fiabe”. Inutile dire che se questi luoghi fossero resi fruibili e “messi in vista” farebbero la felicità di italiani e stranieri amanti del bello e attirerebbero ingenti investimenti immobiliari “di qualità”. Ma tant’è…

Un rudere di casale con lo sfondo di Sant’Angelo, il “borgo delle fiabe”

Altri casali in rovina
La scuola rurale “fantasma”

Dopo poche centinaia di metri la stradina scende ripida sino ad una sbarra, che si attraversa, sbucando poi sulla provinciale fra Grotte e Roccalvecce.

La campagna lungo la strada provinciale di fondovalle, fra Roccalvecce e Magugnano

Attraversata questa, ci si trova ai piedi della Pietra dell’Anello, all’altezza di un prato che si mostra avvolto da una bassa nebbiolina in certe mattine d’autunno: in questi momenti l’enigmatico torrione di tufo diviene quasi inquietante.

La Pietra dell’Anello dal prato immerso nella nebbia, in un pomeriggio di dicembre
Un’immagine ravvicinata della misteriosa rupe solitaria
La Pietra dell’Anello al crepuscolo

Senza farsi intimidire, si va a sinistra lungo la provinciale e dopo qualche metro si prende a destra un sentierino poco visibile che porta in lieve salita all’enigmatica rupe. Il ritorno può avvenire sulla via dell’andata se si è a piedi; se invece si è in mountain bike si consiglia di andare a Roccalvecce e da qui imboccare il “Sentiero dei castelli e delle fiabe” per Celleno ritornando infine al lavatoio di Acquaforte.


Campi dorati sulla Francigena, alle porte di Proceno

La variante Ponte a Rigo-Proceno è uno dei tratti più emozionanti della Via Francigena nel Lazio. Siamo nella Valle del Paglia e vagare in questi luoghi regala non soltanto “quadri” che paiono spesso fermi alla metà del Novecento – al tempo dei nostri nonni o bisnonni, insomma – ma in generale un senso di libertà, bellezza e armonia in un’atmosfera così “slow” da spezzare completamente i ritmi stressanti o le brutture delle periferie cui molti di noi – volenti o nolenti – sono costretti. Alla fine della primavera, poi, i campi di grano e orzo che accompagnano il percorso “sorridono” al camminatore con il loro “manto d’oro” evocando ricordi, emozioni, radici. La lieve brezza proveniente dalla non lontana Maremma e il frinire delle cicale completano il quadro di un “paesaggio segreto” che va assaporato ogni tanto anche ad occhi chiusi… Senza pensarci, infine, si giunge ai piedi del suggestivo borgo medievale di Proceno, “porta del Lazio”, che dunque appare di fronte ai nostri occhi con la bruna torre merlata del suo castello.


Intorno alla Francigena, a nord di Proceno

La cosiddetta “variante della Via Francigena” da Ponte a Rigo (in Toscana) a Proceno attraversa l’intero territorio a settentrione di questo piccolo ma bellissimo borgo. Più lungo del percorso ufficiale, che segue in gran parte la trafficata Via Cassia, permette al camminatore di non interrompere il tranquillo pellegrinare in uno dei paesaggi storici più intatti d’Italia nonché uno degli scenari rurali più incantevoli al mondo. Siamo all’estremo Nord del Lazio, e il profumo della natura si intreccia con la suggestione della storia: gli antichi paesi che a corona ci sorvegliano dall’alto, adagiati sulle verdi pendici dell’Amiata, del Penna, del Cetona e del Rufeno, sembrano nel complesso riproporre un dipinto del Rinascimento. Per il fotografo vedutista è ovviamente un “paradiso” e si consiglia (oltre alla stagione primaverile) di deviare ogni tanto dal tracciato della Romea, per trovare angoli panoramici insoliti e diversi. Stesso discorso vale per il pittore en plein air che qui dovrà davvero sforzarsi per scegliere un punto piuttosto che un altro… Un patrimonio unico per la nostra regione, da custodire gelosamente e da far conoscere al turismo internazionale: da tutto ciò può e deve ripartire l’Italia.


La magia dell’Etruria

Fra i tanti “paesaggi segreti” del Lazio – tema a noi molto caro, come sapete – spicca senza dubbio l’area intorno a Civitella Cesi e nei pressi del sito archeologico etrusco di San Giovenale. Qui, nella porta settentrionale della Tolfa, si aprono all’improvviso grandi orizzonti rurali e naturali, che nell’animo sensibile incutono stupore e allo stesso tempo mistero, in un mix straordinario di sensazioni e sentimenti. Il cuore magico dell’Etruria si svela così, al contempo dolce e selvaggio, in ultima analisi immensamente poetico.


Come un antico pellegrino…

Il paesaggio che circonda Tuscania è uno dei più intatti del Lazio e della Maremma e non smette mai di stupire. Qui ci troviamo sulle magnifiche colline tra la SP4 e la valle di San Giuliano-Pian di Vico, non lontani dal tracciato dell’antica Via Clodia. Camminare su questi secolari tratturi regala forti emozioni, come un pellegrinaggio in un tempo sospeso e in uno spazio che fa sentire liberi. Sullo sfondo il Monte Canino è il soggetto iconico che rapisce lo sguardo.


Al tramonto, da Montebello di Tuscania

Torniamo sempre volentieri a Montebello, solitaria e panoramica località fra Tuscania e Tarquinia: ci innamoriamo ogni volta della sua eterea campagna (che ricorda molto quella del Basso Senese, seppur assai meno nota e celebrata), dei suoi colori, dei suoi profumi. Qui il “paesaggio etrusco” svela il suo volto più “laborioso”, in una perfetta interazione uomo-ambiente. Peccato che ormai la speculazione energetica senza freni stia letteralmente assediando queste magnifiche colline che purtroppo, per incapacità e ignavia delle istituzioni, non ricevono tuttora un’adeguata tutela.


L’antico vulcano Cimino

Dalle incontaminate praterie di Marcolino, presso Bomarzo (ai margini della Riserva Naturale di Monte Casoli e del Monumento Naturale di Corviano), si apre una delle più belle viste della Tuscia sui Monti Cimini, che emergono con le loro pronunciate forme vulcaniche. Le ultime luci della giornata marcano i canaloni tra le foreste di faggi e castagni, creando un’atmosfera pittorica che ricorda certi dipinti del Corot nella Campagna Romana.


Oltre i confini…

Nella Valle dei Calanchi di Bagnoregio la realtà supera l’immaginazione, portandoci in dimensioni oniriche: ecco la famosa “Cattedrale”, vista dal Piano di Sant’Antonio. Tutt’intorno, come “lame”, i calanchi creano situazioni asperrime, completamente inospitali e irraggiungibili per l’uomo.


Orizzonti laziali da Norchia

Orizzonti vuoti, “popolati” soltanto da un vecchio casale in rovina e da cavalli al pascolo brado: qui siamo a Norchia, in uno dei luoghi ove il paesaggio malinconico e romantico del “Lazio etrusco” raggiunge una delle sue espressioni migliori. Con quest’affascinante immagine auguriamo a tutti i nostri lettori una Buona Pasquetta!


Scorcio “da Grand Tour” ai piedi di Civita Castellana

Un vero e proprio “dipinto vivente” ai piedi di Civita Castellana, a poca distanza dalla Via Flaminia.


La Valle del Tevere da Ponzano Romano

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Lo splendore della Valle del Tevere, vista da Ponzano Romano, con il famoso “Fiasco” creato dalle anse mozzafiato del Fiume. Sullo sfondo le belle colline della Sabina.


Cavalli nella nebbia sul Piano dell’Erdigheta

I Lepini offrono sentieri suggestivi, a volte poco battuti, sempre avvolti da una certa atmosfera misteriosa. Qui siamo sull’altopiano carsico dell’Erdigheta, dove si trova un profondo inghiottitoio. I cavalli al pascolo nella bruma creano uno scenario affascinante, quasi “britannico”.


Le terre del Tevere

La splendida e florida Valle del Tevere in uno dei suoi tratti più affascinanti, ossia vista dal belvedere di Ponzano Romano.


Verso il tramonto, nella Tenuta del Marchese del Grillo

Un magnifico paesaggio crepuscolare autunnale nell’antica Tenuta del Marchese del Grillo, sui Monti Volsini: si trova a poca distanza da Bolsena, in località Piazzano, e lascia immergere il visitatore in un’atmosfera sospesa, quasi “ottocentesca”.


Sfumature d’autunno nella Tenuta del Marchese del Grillo

Chi segue questo blog conosce la nostra passione per i “paesaggi segreti”, quei territori – spesso di straordinaria bellezza – che tuttavia sono completamente sconosciuti al turismo e non raramente agli stessi abitanti locali. Si tratta a volte di “luoghi di frontiera”, ai margini amministrativi della regione: è il caso delle colline bolsenesi al confine con i Comuni di Orvieto e Castel Giorgio, e dunque con l’Umbria. Una zona – quella dei Monti Volsini – tuttavia assolutamente omogenea e per secoli unita nel circondario di Roma, all’interno dello Stato Pontificio. Qui troviamo, tuttora intatta, l’antica Tenuta del Marchese del Grillo. Avete sentito bene! Proprio il marchese reso celebre dall’indimenticabile interpretazione dell’immenso Alberto Sordi nell’omonimo film, sebbene non sappiamo con certezza se il personaggio sia esistito davvero e se abbia mai frequentato questi luoghi. Una passeggiata sulle facili sterrate che collegano vecchie cascine e attraversano gli ampi e ondulati terreni dell’azienda (circa 140 ettari) equivale ad immergersi in un “micromondo” che sembra davvero poco mutato rispetto ai “quadri” ottocenteschi. Al termine di un viale di betulle e di querce si giunge ad un tavolino con panche in pietra che dona una vista mozzafiato sul Lago di Bolsena e sull’omonimo paese. Si può partire grosso modo dallo storico Casale Rossini, facilmente raggiungibile dalla strada che collega Orvieto a Bolsena (indicazioni poco visibili sulla destra, all’altezza del cartello che indica confine amministrativo) Ecco qui una lunga carrellata di immagini scattate fra ottobre e novembre in questa zona, che ne ritraggono la bellezza, senza dubbio arricchita dal panorama magnifico del lago e del suo verde contorno di boschi e coltivi, con lo sfondo iconico della sagoma inconfondibile di Montefiascone.