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Ai piedi della “Cattedrale”

Uno dei “paesaggi fantastici” più straordinari d’Italia culmina con l’arrivo alla cosiddetta “Cattedrale”, un colle di guglie d’argilla sottoposte ad incessante erosione, destinato inevitabilmente a scomparire. Un luogo che spinge a meditare – in tempi rapidissimi – su quanto siano transuenti non solo le opere umane ma anche quelle della natura.


Tuscania dal Sentiero del Sasso Pinzuto

Dal Sentiero del Sasso Pinzuto, nei pressi di Tuscania e del Fiume Marta, si apre un bellissimo panorama su questa cittadina d’arte medievale e rinascimentale. Nonostante lo sfondo sia stato rovinato in modo scellerato da decine di pale eoliche, la veduta (che prima di ciò era davvero magnifica) rimane del massimo interesse per apprezzare la perfetta armonia fra l’edificato storico e il paesaggio agreste e naturale – in attesa di un futuro smantellamento di questa vergogna nazionale.


La torre delle Sorgenti della Nova

I malinconici resti di una torre medievale spiccano fra le rovine dell’abitato protostorico ed etrusco delle Sorgenti della Nova. Posto ai margini della Riserva Naturale della Selva del Lamone, al confine tra Lazio e Toscana, si tratta di luogo solitario e suggestivo, persino sinistro in certe grigie giornate invernali come nella foto.


La grotta nella forra del mistero

Una misteriosa grotta d’origine protostorica o etrusca (arricchita da un colombario, non visibile in foto) si apre a picco sulla Gola del Torrente Melona, profonda ed inaspettata spaccatura tra le dolci colline del Lago di Bolsena. Ci troviamo nei pressi della Via Francigena e questa gola, poco visibile dai pellegrini, si apre all’improvviso lasciando esterrefatti per la sua imponenza e per le sue tre alte cascate, che si attivano però soltanto dopo i periodi più piovosi dell’anno: quando è in secca, mantiene comunque uno straordinario interesse geologico. Risulta una forra ancora scarsamente conosciuta e visitata dagli escursionisti, e per questo possiamo ben dire che si tratta di un luogo “segreto” che aspetta soltanto di essere riscoperto.


“Paesaggi fantasma” d’Etruria: viaggio nella “zona sacrificata” per non dimenticare – parte 2

Dopo la prima parte di questo nostro drammatico itinerario, ecco che ora andiamo ad “esplorare” la zona - attraversata dall’antica Via Clodia – che forse offriva – e in parte offre ancora – le emozioni più intense e la campagna più pittoresca. Siamo nel Comune di Tuscania, dai grandi spazi pianeggianti di Pian di Vico – luogo del discusso (e scandaloso mega) impianto fotovoltaico, ora in costruzione – alla località di San Giuliano, con le sue magnifiche ondulate colline che preannunciano le più celebrate icone paesaggistiche della Toscana “ideale”. Casali, ville e fattorie completano il quadro di una porzione di territorio che, malgrado l’invadente presenza degli impianti energetici, ha conservato quasi intatto l’assetto insediativo storico e che negli ultimi anni aveva iniziato a farsi conoscere anche per alcune iniziative positive, come la coltivazione della lavanda. Buona visione!

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“Paesaggi fantasma” d’Etruria: viaggio nella “zona sacrificata” per non dimenticare – parte 1

 Cosa sono i “paesaggi-fantasma”? Sono quei paesaggi che semplicemente non esistono più. “Morti” che riappaiono di tanto in tanto con brevi scorci e finestre visive che ci fanno rammentare come fossero quando erano “vivi”. A questo punto ci potreste chiedere: si tratta di foto molto vecchie dunque? No, nient’affatto. Gli scatti che presentiamo in questa serie di articoli sono stati realizzati fra il 2019 e il 2021, nel periodo della cosiddetta “seconda ondata” del “Green” nella Tuscia (la prima avvenne nel 2009-2011, esattamente 10 anni prima). Eppure da quel momento ad oggi tanto è già cambiato. Molti degli scorci che vedrete non esistono più o sono stati pesantemente deturpati, oppure stanno per esserlo, poiché quasi ogni mese si apre un cantiere nuovo. O, ancora, si tratta di ritagli vedutistici che sono stati circondati dallo sprawl energetico; Infatti oltre agli impianti in sé, grandissimo impatto hanno avuto anche i nuovi elettrodotti, le nuove strade, le nuove sottostazioni elettriche, in un caos visivo ed elettromagnetico il cui impatto sulla stessa salute (psico-fisica) umana ed animale non è stato preso minimamente in considerazione – così come l’impatto sulle dinamiche sociali ed economiche locali.
 Il nostro lavoro fotografico si è concentrato sulla cosiddetta “zona sacrificabile”, un territorio completamente inesplorato dal punto di vista turistico e fotografico, una fascia dolcemente collinare di origine vulcanica che digrada dai Monti Volsini occidentali (Lago di Bolsena) sino alle porte di Canino. Una campagna verde, solare e armoniosa, un inno alla vita che prende il cuore. “E perché sacrificabile?” – direte voi. E’ un’espressione polemica coniata da noi pochi resistenti, che abbiamo provato a sensibilizzare l’opinione pubblica, fra cui va citato in primis l’amico Adrian Moss, con il quale abbiamo realizzato questi reportage. Reportage che oggi appaiono come preziose testimonianze storico-documentarie di un paesaggio ormai deturpato o letteralmente cancellato – nel giro di pochissimi anni. Se in tutto il Viterbese si sono infatti moltiplicati in questi anni progetti energetici – spesso di imponenti dimensioni – senza alcuna valutazione del cumulo, in un’anarchia autorizzativa che non ha paragoni in Europa e che meriterebbe un’inchiesta, è proprio in questa zona che tale follia “green” si è particolarmente “scatenata”, per via di una serie di motivi tecnico-logistici, geomorfologici e socio-economici. E’ per questo che subito un’area così vasta e così integra ci è apparsa di fatto sacrificabile con grande disinvoltura da una popolazione silente e da istituzioni tutte allineate nell’avallarne la distruzione, senza che nessuno (tranne le opposizioni e le proposte di vincolo della Soprintendenza, la denuncia di Italia Nostra e gli allarmi lanciati dall’Ispra circa il consumo di suolo che si stava verificando) si preoccupasse di tutelarla. Eppure si trattava di un territorio di straordinario valore agricolo (dalle foto vedrete che si tratta di terreni assolutamente produttivi) ma anche estetico e culturale, pertanto dal grande potenziale turistico: fino al 2009 – fatidico anno d’inizio dell’aggressione “green” – questo era un vero e proprio “paradiso rurale” che avrebbe fatto la felicità di investitori italiani e stranieri, con casali e case nei centri storici che oggi avrebbero goduto di una notevole rivalutazione immobiliare. E invece assistiamo ad un danno patrimoniale diffuso di milioni di euro che mai nessuno risarcirà. Nulla infatti è stato rispettato: dalle distanze da abitazioni, siti archeologici, costruzioni storiche, sic e zps, alla dignità di una terra e della sua gente.
 Senza voler approfondire il mare di menzogne pseudoscientifiche che si cela dietro a chi ha promosso, autorizzato e giustificato questo scempio a tutti i livelli, e al di là del falso ambientalismo salottiero e ideologico (se non colluso) incarnato da alcune grandi associazioni “verdi” (italiane e internazionali) con i loro dati astratti e non veritieri e con le loro statistiche e proiezioni catastrofistiche tutte da dimostrare (anzi, finora sempre dimostratesi, nel corso degli anni, fallaci e ridicole), ci è sembrato doveroso mostrare concretamente cosa stiamo perdendo o abbiamo già perduto nel più assordante silenzio generale, compreso quello del mondo dell’escursionismo (mostratosi timoroso o quanto meno superficiale di fronte a codesto massiccio attacco) e di quello intellettuale (o presunto tale). Altrimenti il senso di responsabilità nell’aver accettato tutto ciò, tacitamente o perfino plaudendo, non verrà mai stimolato, se mai possa essere stimolato in molte menti ormai completamente “lavate” dalla propaganda “green”. Insomma: avete applaudito o taciuto di fronte a questo “sviluppo green” ideale e astratto che però andava a stravolgere territori concreti e le vite reali di numerose persone? Ebbene, almeno sappiate cosa avete contribuito a distruggere, in modo tale che un domani quando non ci sarà più nulla e tutti si chiederanno esterrefatti “ma come è stato possibile?”, voi non potrete dire: “io non sapevo”. Se non lo sapevate eravate ignoranti: di un’ignoranza nera, quella di chi non conosce minimamente il proprio territorio. Se invece lo sapevate, siete stati di fatto complici. Tertium non datur. Di fronte a tale abominio il silenzio non ha scusanti. Del resto si trattava di un patrimonio collettivo irriproducibile – formalmente tutelato dalla Costituzione all’art. 9: un “bene comune” sacrificato – appunto – a vantaggio di pochissimi arroganti speculatori.
 Procedendo da nord verso sud in questo nostro anomalo (e struggente, per gli animi sensibili) itinerario, in questa prima “puntata” apriremo una panoramica sul territorio fra la Strada Piansanese (che collega Piansano e Tuscania) e la Strada Trinità (grosso modo tra Marta e Tuscania): paesaggi antichi e di sommo valore identitario per il Lazio, basati sulla rotazione colturale (pascolo, cereali, ortaggi foraggio, incolti – seminativi e coltivazioni arboree), segnano questa zona, che si era perfettamente conservata sino a pochi anni fa e in parte lo è ancora, nonostante l’ingombrante presenza, sull’orizzonte, di numerose pale eoliche e, sparsi, qua e là di alcuni mega impianti fotovoltaici. Siepi, casali in pietra, querce camporili, muretti a secco e fontanili, compongono i dettagli che rendono questa zona tuttora, a tratti, incantevole. Buona visione… – VAI ALLA PARTE 2.

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Il lago incantato…

Fra i tanti laghetti sparsi nel Lazio quello di Mezzano – di origine vulcanica come il vicinissimo e ben più grande Lago di Bolsena – è sicuramente uno dei più suggestivi. Compreso nel Comune di Valentano e circondato da un paesaggio rurale intatto – sempre più raro purtroppo nella Tuscia dopo gli scempi “energetici” degli ultimi anni – emana un’atmosfera sospesa e incantata. Sorgono sulle sue colline una manciata di casali – di cui un paio adibiti ad accoglienti agriturismi – e alcune fattorie dedite all’allevamento ovino. Si tratta insomma di uno degli scenari di maggiore importanza “identitaria” per il Lazio, che un recente vincolo della Soprintendenza (il lago era già un sito d’importanza comunitaria) permetterà di preservare alle future generazioni. Al di là di ciò, il laghetto presenta una flora molto varia sulle sue sponde, e sul versante occidentale un bel bosco di querce con esemplari secolari (Monte Rosso); ricca anche la fauna ittica nonché quella intorno al bacino, che annovera ungulati, cinghiali, scoiattoli e altri piccoli mammiferi. Negli anni Settanta del Novecento sul fondo del lago - che raggiunge la profondità di oltre 30 metri (una sorta di “imbuto”, come spesso accade per i laghi vulcanici) – vennero ritrovati copiosi resti (fra cui spade e altri utensili) di un villaggio palafitticolo dell’Età del Bronzo, che qui sorgeva allorquando le acque erano molto più ritirate (forse in seguito ad interventi di bonifica). Nei pressi del bacino si trovano anche le sorgenti del Fiume Olpeta, suo emissario e affluente del Fiora, che dopo pochi chilometri, lungo il suo corso, forma forre spettacolari e in cui si addensano numerosi insediamenti storici. Tutti questi elementi fanno del Lago di Mezzano un luogo unico, da esplorare, conoscere ed amare e in cui perdersi in un “mondo” che pare di fantasia e magia eppure così reale e a portata di mano…


Panorama da Farnese sulla Selva del Lamone

Passeggiando per il piccolo borgo di Farnese, ad un certo punto si apre improvvisamente un panorama mozzafiato sulla Riserva Naturale della Selva del Lamone, caratterizzata da un paesaggio incontaminato e misterioso – reso ancor più suggestivo dai colori di fine autunno. Foresta tuttora “aspra e forte” che fu rifugio di santi e briganti, come spesso accadde nel Lazio (e non solo) in luoghi così isolati e selvaggi: scelte apparentemente antitetiche ma accomunate dal desiderio di una vita senza compromessi, che forse – in un’epoca come la nostra dominata dal conformismo e dalla banalità – possono risultare incomprensibili quanto affascinanti.


Civita di Bagnoregio alle ultime luci del tramonto

La straordinaria suggestione di Civita di Bagnoregio con le ultime luci del tramonto.


Civita: come un masso scolpito

Zoomando dal Belvedere di San Bonaventura sul borgo di Civita di Bagnoregio si ottiene questo “pattern” che mette in risalto l’omogeneità del tessuto architettonico-edilizio fondato sulla bruna pietra tufacea, qui nella foto illuminata e resa “dorata” dalla potente luce di un tramonto autunnale. Il borgo appare quasi come un vero e proprio masso scolpito, alla stregua dell’altrettanto celebre Matera. In realtà per lo più non si tratta di case rupestri bensì di abitazioni costruite con il materiale estratto dalla rupe stessa, che presenta infatti numerose cavità ipogee risalenti sino all’epoca etrusca (cfr. “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1”).


Nell’Eremo di Poggio Conte

La suggestione dell’Eremo di Poggio Conte, nel cuore della Valle del Fiora. Alcuni testimoni raccontano di avervi persino visto dei ritrovi di “streghe”, forse attirate dalle valenze “magiche” di questo luogo straordinario…


La “Casa del Poeta”

L’antico Casale di Serrona domina su un poggio solitario la Valle dei Calanchi di Bagnoregio. Si trova a poca distanza da Vetriolo e si raggiunge con una breve passeggiata, seguendo dapprima una stradina ornata da radi cipressi che si insinua nei campi coltivati. Giunti ad uno spiazzo di terra, si parcheggia (vi sono dei segnavia) e ci si inoltra su una carrareccia in discesa fino a trovarsi al cospetto dell’edificio, ormai del tutto abbandonato e in cattive condizioni. Conosciuto anche come la “Casa del Poeta”, deve questo nome al fatto che vi nacque il noto letterato e germanista Bonaventura Tecchi, “cantore dei calanchi”, che in seguito ne fece la sua dimora estiva. Oggi il casale, dall’aspetto lugubre quanto romantico, si trova lungo una rete di suggestivi sentieri che stanno rendendo sempre più frequentata questa magnifica vallata tante volte descritta nei nostri libri ed articoli.


La “fiaba” di Civita dalle Balze di Seppie

Una magnifica veduta al tramonto di Civita di Bagnoregio dal Monumento Naturale Balze di Seppie, piccola area protetta nei pressi di Lubriano. Uno scorcio straordinario, che include l’intera Valle dei Calanchi e che pian piano sta diventando conosciuto fra i turisti. Un vero e proprio “terrazzo naturale”, comodo e liberamente accessibile all’interno di un’accogliente azienda agricola di prodotti latto-caseari.


L’entroterra di Pescia Romana

Ampi spazi intatti nella Maremma Viterbese al confine con la Toscana, miracolosamente scampati alla furia devastatrice del (truffa)”Green”, sorta di “Nulla” di “endiana” memoria, che tutto divora e spazza via. Qui siamo nel pregiato e poco conosciuto entroterra di Pescia Romana (frazione di Montalto di Castro), nota stazione balneare che tuttavia offre spunti rurali non indifferenti, con in bella vista le ormai vicinissime alture di Capalbio, scure di leccete e macchia mediterranea. Magnifici i tramonti da questa zona, ove sembrano riecheggiare i versi immortali del Cardarelli, grande “cantore” della Tuscia: “Qui rise l’Etrusco, un giorno, coricato, cogli occhi a fior di terra, guardando la marina”… Nelle immediate vicinanze è Vulci, luogo di antiche e misteriose memorie.


Fra le case di Pianiano, il “borgo dei fiori”

Pianiano è una piacevolissima sorpresa nel cuore delle grandi distese agricole e per larghi tratti disabitate della Maremma Viterbese. Frazione di Cellere, il minuscolo borgo è situato su una piccola rupe vulcanica che offre un bel panorama verso il solitario Monte Canino. Appena varcata la porta dell’antico castrum ci si trova avvolti in un ambiente suggestivo e ben tenuto, con deliziose case in pietra ornate da piante in vaso o da rampicanti: un luogo da gustare anche a livello fotografico, soprattutto nell’autunno inoltrato e in primavera. A fine maggio/inizio giugno si tiene di norma a Pianiano la mostra floro-vivaistica “Al di là del giardino” che trova in questo paesino una perfetta location. Da non perdere!


Civitella d’Agliano sotto un cielo plumbeo d’aprile

Il compatto borgo di Civitella d’Agliano, uno dei più suggestivi eppure meno conosciuti “balconi” panoramici sulla magnifica Valle dei Calanchi. Siamo nella nostra amata Teverina Viterbese, terra di “paesi fantasma” e “città morenti” che tuttavia si stanno riscoprendo all’insegna di un turismo curioso. Per chi volesse saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1”.


Verso la “Cattedrale”…

La primavera è in assoluto la stagione migliore per esplorare la magnifica Valle dei Calanchi di Bagnoregio, con le sue celebri “Dolomiti d’Argilla”. Purtroppo allo stato attuale molti dei sentieri possibili sono stati preclusi (in modo non sempre chiaro) dai proprietari dei fondi in cui essi transitano: una situazione ormai paradossale poiché una valle che ha potenzialità turistiche così immense, grazie alla presenza di Civita di Bagnoregio, è oggi di fatto inaccessibile nei suoi percorsi più “fattibili” e sicuri. Ebbene, per ammirare questi straordinari paesaggi – cosa che dovrebbe essere un diritto di tutti in una democrazia, visto che il territorio è un “bene comune” – occorre ormai zig-zagare su valloni e crinali impervi spesso a proprio rischio e pericolo. La situazione migliora sensibilmente sul versante di Lubriano, anche se la mancanza di manutenzione (e di segnaletica) dei sentieri rende di fatto quasi impossibile l’effettuazione degli stessi. Auspichiamo che il Comune di Bagnoregio sappia intervenire per per rendere nuovamente fruibili i sentieri sui calanchi, aprendo al contempo, nuove prospettive di sviluppo economico della vallata.


La rocca e la cupola

Uno scenario di grande fascino storico: la Rocca Monaldeschi della Cervara a Bolsena con lo sfondo della cupola di Santa Margherita di Montefiascone. In mezzo, un paesaggio ubertoso di boschi, vigne e uliveti attraversato dalla Via Francigena.


Latera, come un presepe…

Con le sue umili e compatte abitazioni, Latera appare al visitatore come un vero e proprio “paese-presepe”. Particolarmente eloquente, a tal proposito, è il momento che segue al crepuscolo, allorquando il piccolo borgo, avvolto da una flebile luce naturale, viene “acceso” da tante lucette. Tutt’intorno il silenzio e l’atmosfera di una campagna ancora integra.


Dalla Balza di Seppie: fiaba o realtà?

Il magnifico scenario che si apre dal belvedere del Monumento Naturale Balze di Seppie, nel Comune di Lubriano. Prende il nome dall’omonimo castello – oggi trasformato in un residence – visibile sulla sinistra, con una

tozza torre squadrata. Sullo sfondo di quest’ultimo – a coronare questo “quadro feudale” da fiaba, ricco di spunti romantici e “fantasy” – la cosiddetta “Torre del Sole” o Torre di Santa Caterina.