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Le cascatelle della Valle del Sorbo

Meta classica di allegre scampagnate degli abitanti di Roma Nord, la bucolica Valle del Sorbo – sotto il paese di Formello – conserva un’atmosfera misteriosa nei giorni infrasettimanali. Protagonista è il Torrente Valchetta, che forma una pittoresca cascatella nei pressi di una mola medievale. Siamo al confine fra l’antica Etruria e il Latium Vetus, oggi diremmo fra la Tuscia Romana e la Campagna Romana, e la valle è attraversata dalla Via Francigena e sorprende i pellegrini poco prima del loro arrivo nella “Città Eterna”.


La Grotta degli Angeli

Posta nel cuore dell’Agro Veientano, la suggestiva Grotta degli Angeli (o Eremo di San Michele Arcangelo) si apre a pochi passi dal paese di Magliano Romano anche se in un’atmosfera del tutto solitaria. Scavato interamente nella roccia – si ipotizza nel VI secolo, da monaci orientali -, il cenobio è caratterizzato da un ambiente principale che costituiva una cappella rupestre di cui restano due colonnine assai consunte dal tempo e lo spazio absidale, mentre alcune pareti appaiono crollate. Altre nicchie e piccoli antri si notano nelle vicinanze, forse afferenti ad una necropoli etrusco-falisca. E’ possibile che al di sopra di questo ipogeo sorgesse la Chiesa di Sant’Arcangelo de Malliano, citata ancora nel XVI secolo, di cui però non rimane più traccia. Dopo secoli di abbandono, il sito – ormai seminterrato – fu riscoperto nel 1902 dallo storico dell’arte Federico Hermanin: a quel tempo appariva ancora rivestito da un pregiato ciclo di affreschi di scuola romana, databili all’XI secolo, in cui appaiono alcuni angeli (da cui il nome della grotta) poi staccati per timore di furti e oggi collocati sulle pareti della Chiesa di San Giovanni, nel centro storico di Magliano.


La Torre di Stracciacappe

Solitaria ed romantica, la medievale Torre di Stracciacappe (XI sec.) è una delle più suggestive ed iconiche della Campagna Romana e della Bassa Tuscia per la particolare bellezza del contesto paesaggistico. Dal terrazzo naturale su cui essa sorge (nei pressi della località di Settevene) si ammira infatti un magnifico panorama sulla vulcanica Conca di Stracciacappe (o Stracciacappa): si tratta del bacino di un antico lago, prosciugato nell’Ottocento con la costruzione di un canale, che oggi appare con il fondo coltivato e con i fianchi lasciati al pascolo semi-brado di cavalli, mentre tutt’intorno sono le “classiche” greggi di ovini a caratterizzare lo scenario. Un “quadro d’altri tempi”, al margine del Parco Regionale dei laghi di Bracciano e Martignano.


Il cuore del Lazio

La vasta area dei Monti della Tolfa (che meriterebbe un parco nazionale) è il cuore palpitante del Lazio più autentico, sia per motivi culturali (vi si custodiscono tutte le tradizioni della Campagna Romana) sia per quanto riguarda l’aspetto ambientale/paesaggistico, rimasto miracolosamente inalterato fino ad oggi. Senza dubbio queste incantevoli colline – al contempo dolci e selvagge – “rapiscono” il cuore dei visitatori più sensibili ed attenti, quelli cioè che sanno apprezzarne il carattere decisamente rurale e i grandi spazi incontaminati. Qui siamo ai piedi del versante settentrionale del massiccio, laddove immensi pascoli bordano profonde forre che racchiudono antichi insediamenti: da percorrere assolutamente (con auto alta, ma soprattutto a piedi, in bici, a cavallo) la sterrata che diparte dalla ferrovia abbandonata Capranica-Civitavecchia (sulla strada per Luni) e che porta a San Giovenale, in una zona densa di resti protostorici, etruschi e medievali.


Dettaglio nel borgo di Trevignano

Un dettaglio nel romantico borgo di Trevignano Romano (cfr. “I castelli perduti del Lazio… e i loro segreti”).


La “via cava” etrusca di Monterano

La via cava etrusca è uno dei luoghi più suggestivi di Monterano Vecchia e merita senz’altro un posto nella “top list” di questo tipo di infrastrutture tipiche dell’Etruria, assieme a quelle di Norchia, Marturanum, Castro, Pitigliano, Sorano, Sovana, ecc… Peccato che il passaggio sia da anni formalmente vietato dalla riserva naturale di Monterano, secondo un’abitudine (secondo noi discutibile poiché sostituibile con altre soluzioni di tipo giuridico) sempre più in voga nei parchi per cui si pongono divieti di accesso ovunque (lo stesso infatti vale per il Convento di San Bonaventura e per il Palazzo Ruspoli) come se tali luoghi non avessero anche in passato un fattore di pericolosità allorquando tuttavia erano aperti al pubblico e non preclusi alla visita e non erano deturpati da squallidi cartelli. Ad ogni modo, per chi voglia “prendersi la responsabilità” di percorrere la via cava resta l’emozione di accedere in un micromondo “altro” nel ventre materno della terra, pregno di fascino e di mistero.


Il Faggeto di Allumiere

Lo splendido Faggeto di Allumiere (Monti della Tolfa), importante esempio di “faggeta depressa” ossia ubicata a quote inferiori rispetto all’altitudine media di questa specie vegetale. Nel folto di questa selva si trovano diverse antiche miniere abbandonate che rendono assai affascinante la sua esplorazione.


Panorama dal Santuario di Allumiere

Allumiere-Santuario della Madonna delle grazie, panorama 1 RCRLB

Dal Santuario della Madonna delle Grazie ad Allumiere si apre uno dei più straordinari panorami del Lazio: le verdi pendici dei Monti della Tolfa sfumano nell’immensa distesa di dolci colline dell’Etruria Viterbese, che si auspica possa presto far parte di un grande Parco agricolo e archeologico, mentre più sulla sinistra si può ammirare la costa tirrenica da Civitavecchia all’Argentario (qui non inquadrata). Guardando questo paesaggio, quasi deserto e di una bellezza surreale e solenne, viene da pensare a quanto siano ridicole diciture puramente burocratiche come la “Città metropolitana di Roma” e a come esse siano irrispettose delle caratteristiche e delle vocazioni dei territori rurali: altro che “metropoli”, qui siamo in una delle zone meno densamente abitate d’Italia!


Aspra e selvaggia Tolfa…

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Il paesaggio aspro e selvaggio, solenne e silenzioso dei Monti della Tolfa. Dietro a tale selvaticità, tuttavia, l’occhio attento e l’animo sensibile sapranno scorgere un’armonia e una grazia straordinarie, nei colori, nelle forme dei rilievi, negli stessi animali che popolano queste magnifiche colline.


Fra terra e cielo sui Monti della Tolfa

Mti della Tolfa-Quercia sul Sentiero del Biancone 1 RCRLB

Un albero solitario si innalza su un arido pascolo settembrino dei Monti della Tolfa, che le piogge faranno presto rinverdire.


Orte-Vicolo notturno in Contrada San Biagio durante l’Ottava Medievale

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Un pittoresco vicolo di Orte in contrada San Biagio durante l’Ottava Medievale.


Rovine di Cencelle-Veduta da lontano

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Le suggestive rovine medievali di Cencelle spiccano fra i campi della Valle del Mignone, verdissimi e fioriti fra aprile e la prima metà di maggio, nella magnifica zona conosciuta come le “Terre della Farnesiana”, ai piedi dei Monti della Tolfa, in cui confluiscono i confini dei Comuni di Civitavecchia, Allumiere e Tarquinia. La struttura turrita “a corona” ricorda la toscana Monteriggioni ma in questo caso non si tratta di un borgo turistico e vivo bensì di una cosiddetta “città morta”, una delle tante che costellano l’entroterra del Lazio. Per maggiori informazioni si consiglia la lettura di “Le città perdute del Lazio” dell’amico Emanuele Zampetti.


Pascoli primaverili nella Valle del Mignone

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Fra aprile e maggio i Monti della Tolfa danno spettacolo. Fioriture spontanee, spesso rare, chiazzano i campi e i pascoli mentre il verde domina su tutto: se ad aprile il fucsia dei siliquastri e il bianco degli asfodeli sono i protagonisti incontrastati del paesaggio, a maggio il “quadro” si fa più complesso, ospitando le prime trebbiature e l’esplosione dei fiori di trifoglio rosso con il loro color carminio. Nella foto siamo nel cuore della Valle del Mignone, ai piedi del Monte Piantangeli, nella zona forse più incontaminata dell’intera Etruria Laziale: mandrie di bovini maremmani e tolfetani e greggi di pecore donano allo scenario un aspetto senza tempo.


La “Giornata del Cammino Possibile” 2016

Domenica scorsa, 9 ottobre, abbiamo partecipato su invito dell’amico Luigi Plos alla manifestazione “Cammino Possibile”, organizzata dalla FederTrek con il patrocinio della Regione Lazio e del Comune di Roma. L’obiettivo di questa splendida iniziativa, che si ripete ogni anno con crescente successo, era quello di avvicinare alla natura il più ampio numero di persone (fra cui anche disabili, anziani e bambini) e allo stesso tempo quello di promuovere la “cultura del camminare”. Camminare è infatti un “gesto” tanto semplice e naturale quanto sempre più raro nelle nostre congestionate città e nella vita contemporanea che spinge sempre più a restare al chiuso (casa, ufficio, automobile, centro commerciale, ecc…).

E’ stato dunque proposto un facile anello nella Valle del Fosso dell’Acquaforte a poca distanza dalla periferia di Castelnuovo di Porto e dalla Flaminia, lungo i confini orientali del Parco Regionale di Veio. Si tratta di uno scenario dagli spazi sorprendentemente vasti e selvaggi, a tratti idilliaco, che preannuncia la Tuscia “classica” e che ricorda i dipinti dei vedutisti sette-ottocenteschi della Campagna Romana: un paesaggio ancora poco conosciuto nonostante l’estrema vicinanza con Roma, di cui, sui punti più panoramici del percorso, guardando verso sud, si intravedono già i primi palazzi all’orizzonte. Luigi Plos, nell’ambito del suo straordinario lavoro di ricerca e di riscoperta del territorio intorno alla Capitale (che ha dato alla luce l’imperdibile e-book “Luoghi segreti a due passi da Roma”), ha dedicato ampio spazio a questa zona in virtù del suo notevole valore archeologico ed ambientale (cascate, grotte, siti storici di epoca etrusca e medievale) e perciò, come membro della FederTrek, ha proposto tale meta per la “Giornata del Camminare 2016”

Riportiamo qui di seguito alcune immagini che da un lato testimoniano la grande partecipazione all’evento nonostante le previsioni meteo incerte, e dall’altro la bellezza dell’itinerario percorso, con l’invito ai nostri lettori ad informarsi delle prossime gite organizzate dalla FederTrek.

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Monte Piantangeli ad aprile

Le mezze stagioni sono le migliori per apprezzare la straordinaria bellezza dei Monti della Tolfa ma forse é nel periodo di passaggio fra aprile e maggio che queste colline al contempo dolci e aspre raggiungono il loro massimo splendore per le innumerevoli fioriture che “accendono” i campi e le macchie: margherite e papaveri, anemoni e ranuncoli, asfodeli, erba sulla, orchidee e siliquastri esplodono esuberanti in un paesaggio completamente verde e per larghi tratti integro, formando un “quadro” che dona pace e serenitá. Il Monte Piantangeli é uno dei luoghi piú godibili e rappresentativi della zona e si raggiunge tramite un sentiero che parte nei pressi di Tolfa. Dalla cima, ove sorgono i resti di un’abbazia templare, lo sguardo spazia su uno dei panorami piú incantevoli del Lazio, con la magnifica Valle del Mignone a farla da protagonista.

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, panorama 1 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, panorama 9 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, panorama 2 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, panchina RCRLB

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Mti della Tolfa-Paesaggio nella Valle del Mignone 6 RCRLB

Mti della Tolfa-Paesaggio nella Valle del Mignone 5 RCRLB

Mti della Tolfa-Paesaggio nella Valle del Mignone 7 RCRLB

Mti della Tolfa-Paesaggio nella Valle del Mignone 3 RCRLB

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Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, altopiano 1 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, altopiano 2 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, altopiano 3 RCRLB

Mti della Tolfa-Piantangeli, cavalli al pascolo RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, rovine dell'abbazia 1 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, rovine dell'abbazia 2 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, rovine dell'abbazia 5 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, rovine dell'abbazia 4 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, rovine dell'abbazia 3 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, masso 1 RCRLB

Mti della Tolfa-Paesaggio nella Valle del Mignone 13 RCRLB

Mti della Tolfa-Valle del Mignone, erba sulla 1 RCRLB

Mti della Tolfa-Fioritura di margherite RCRLB


Veduta di Anguillara Sabazia

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La classica veduta del borgo di Anguillara Sabazia, dal suo bellissimo lungolago. La cittadina vanta antiche origini romane (ma la zona era frequentata già dagli Etruschi) e fu poi feudo conteso nel Medioevo. Nella foto, le sue rustiche case si specchiano sulle limpide acque del Lago di Bracciano in una tiepida serata primaverile.


Le Terre della Farnesiana

Tra Tarquinia e Allumiere, all’estremità nord-occidentale dei Monti della Tolfa e della Valle del Mignone, si estende una delle aree più integre e suggestive del Lazio. Sono le cosiddette “Terre della Farnesiana”, cuore della Maremma Laziale, antico possedimento dei Farnese (circa 10.000 ha), che ivi, tra il XVI e il XVII secolo, sfruttarono le miniere di allume della Tolfa.

Panorama sulla Maremma Viterbese

Praticamente sconosciuta ai più, questa zona regala emozioni intense in un viaggio senza tempo. Distese infinite di grano e pascoli, ondulate e sinuose come fossero dipinte, verdissime all’inizio della primavera, gialle e riarse in estate, contrastano fortemente con le scure macchie delle rocciose colline tolfetane.

Paesaggio nella Valle del Mignone

Un paesaggio tipicamente maremmano, ove la presenza umana, che apparentemente si limita a qualche raro casolare (risalenti per lo più alla riforma agraria degli anni ’50 del Novecento), è in realtà forte e visibile nel lavoro del campi, curati con estrema dedizione. Siamo nella terra degli Etruschi, il cui mito è sempre nell’aria, inafferrabile e misterioso, ma anche dei “butteri”, leggendari personaggi che qui da generazioni governano mandrie di vacche maremmane, sempre a cavallo, custodi indomiti del proprio territorio.

Chiesetta della Farnesiana

Cuore di questo angolo magnifico di Lazio è il borgo della Farnesiana, situato in una località pittoresca e composto da un gruppo di casette in parte dirute e in parte restaurate, un’enigmatica chiesa neogotica in rovina e un grosso casolare dalla forma tozza e spartana. Si tratta dell’antico villaggio di minatori e allevatori dei Farnese, caduto in abbandono col cessare delle attività estrattive presso Allumiere, ed oggi trasformato in agriturismo.

Vasca e case della Farnesiana

Proseguendo verso mare in una campagna che si fa sempre più ampia, ci attende un’altra sorpresa: le rovine della “città morta” di Cencelle (per saperne di più si consiglia la guida di Emanuele Zampetti, “Le città perdute del Lazio e i loro segreti”, Eremon Edizioni). La sua eloquente immagine di “terra murata” ci riporta a quel fenomeno dell’incastellamento alto-medievale che fu intenso nell’entroterra viterbese, malgrado oggi rimangano in piedi pochi dei siti edificati all’epoca. Venne fondata nell’anno 854 per volontà di Leone IV (perciò nota anche col nome di “Leopoli”) e ad opera degli abitanti di Centumcellae (l’attuale Civitavecchia) in fuga dalle incursioni saracene, i quali tuttavia dopo soli 35 anni, cessato il pericolo, l’abbandonarono per tornare sul mare. Nei secoli successivi Cencelle fu parzialmente ripopolata ma la pressione di centri potenti vicini come Corneto (Tarquinia) e Viterbo tese sempre a schiacciarla, finché nel Quattrocento l’abbandono divenne assoluto e ineluttabile.

Gabbiani in volo a Cencelle

A Cencelle il senso di romantica desolazione delle Terre della Farnesiana giunge al proprio culmine: il visitatore si trova infatti a curiosare fra queste vetuste pietre praticamente da solo, con tutt’attorno un paesaggio solenne, per certi versi surreale, in forte contraddizione la ben più prosaica centrale di Civitavecchia che spicca non lontana sull’orizzonte marino. Di Cencelle non è rimasto quasi nulla, ma quel poco lascia immaginare una città che fu viva, vissuta. Oggi l’area della “città morta” necessita di interventi mirati di consolidamento e restauro: si parla da anni di un recupero in chiave turistica del sito, e auspichiamo che ogni progetto che lo vedrà protagonista rispetterà comunque la bellezza del luogo senza inutili stravolgimenti.

Veduta di Cencelle da lontano

Ma le sorprese delle Terre della Farnesiana non finiscono qui. Da Cencelle una sterrata porta alla base della collina di Ripa Maiala. Si tratta di un enorme masso allungato di trachite, per tre quarti circa coperto dalla macchia e invece da un lato strapiombante con una scoscesa parete dall’aspetto discontinuo, in quanto incisa da grotte e crepacci; negli immediati pressi si vede un’altra rupe solitaria, dalla forma vagamente cupolare. Morfologie di questo tipo non sono rare sulla Tolfa e anzi si ripetono, in maniera peraltro più marcata, nella zona del Sasso (Cerveteri), ove svettano i famosi Sassoni di Furbara. Salendo a Ripa Maiala, ci si dimentica quasi di essere nel XXI secolo: non una casa che non sia contadina, non una costruzione fuori posto, la maremmana “Tuscia felix” si lascia ammirare in tutto il suo splendore.

Campagna della Farnesiana

Il comodo sentierino intanto offre vedute sensazionali su Cencelle che da qui appare molto simile, come urbanistica, con la sua corona di torri (purtroppo mozze), al celebre borgo di Monteriggioni, fra Siena e Firenze. Ci si inerpica via via in un paesaggio asperrimo, con una moltitudine di massi che punteggiano la campagna, e che sembrano esser stati lanciati da chissà dove. Si giunge infine alla base di Ripa Maiala, ove non è difficile veder volteggiare coppie di enormi rapaci (si parla del biancone e del lanario), che qui nidificano nonostante l’invadente presenza di cacciatori ed arrampicatori. La zona era frequentata fino a qualche decennio fa addirittura dal capovaccaio, che oggi sopravvive soltanto in Sardegna.

Ai piedi di Ripa Maiala

Da Ripa si apre all’improvviso un panorama delizioso verso un gruppo di verdi alture tolfetane, che erano state invisibili fino a quel momento; in mezzo, un’ampia vallata intatta e d’una bellezza primordiale, in un contrasto fra rocce e foreste assolutamente meraviglioso. Il sole inizia poi a calare e le prime luci crepuscolari indorano la rupe, accentuando i profili delle colline e dei campi, che in controluce appaiono come un immobile “mare di terra” (“d’erba” in primavera). Cala così la sera e ce ne andiamo dalle Terre della Farnesiana, sperando di tornare al più presto, già però con la malinconia e con la consapevolezza di avervi lasciato un pezzo del nostro cuore.


La Caldara di Manziana

Oggi raccontiamo di un luogo dove chiunque può sentirsi ancora un esploratore: la Caldara di Manziana. Siamo nella Tuscia Romana, all’interno del Parco Naturale Regionale del complesso lacuale di Bracciano e Martignano. Una zona, questa, formatasi attraverso le eruzioni e le esplosioni dell’antico Vulcano Sabatino: tracce ben visibili ne sono le colline coniche e i famosi laghi di Bracciano e Martignano, ma non solo. Difatti la cosiddetta Caldara di Manziana è un residuo dell’estinto sistema vulcanico. Essa si estende su una vasta conca dove la fa da padrona una distesa di fanghi in ebollizione per via delle esalazioni gassose d’anidride solforosa, la stessa che spinge in superficie numerose polle d’acqua, che fuoriesce a circa 20°.

Paesaggio della Caldara

Tra il borbottio delle numerose polle, una di esse in particolare rapisce l’attenzione, dalla quale gorgoglia una gran quantità di acqua che viene spinta energicamente a diverse decine di centimetri da terra.

Polla principale

A cornice di quest’area è una torbiera che conserva al suo interno chissà quali misteri … Il tutto forma un romantico paesaggio che può far insorgere un senso di desolazione ma che in realtà è ricco di vita ben nascosta all’interno dei boschi che contornano la conca ribollente.

Scenario desolato della caldara

È singolare la presenza di un boschetto di betulle, alberi notoriamente originari dei Paesi nordici, e di cui non si conosce con precisione il motivo per il quale siano stati impiantati in un ambiente tipicamente mediterraneo.

Boschetto di betulle

Un posto così peculiare non poteva rimanere immune da miti e racconti leggendari. Per via della credenza, perpetuatasi nei secoli scorsi, secondo cui l’acqua sulfurea avesse proprietà miracolose, di narra che la caldara fosse luogo d’incontro di maghi e alchimisti fra i quali addirittura il celebre Cagliostro. Che le acque sulfuree abbiano proprietà curative, questo è certo e quindi tali leggende potrebbero avere un fondo di verità. In definitiva, si tratta senz’altro di una meta da non perdere, anche per la bellezza dei suoi diretti dintorni. A cominciare dall’intricata selva monumentale detta “della Manziana” che inizia proprio nei pressi della Caldara; inoltre l’omonimo borgo, dal cui belvedere si può godere un fiabesco affaccio sul Castello Orsini-Odescalchi di Bracciano e sul sottostante lago.

Il panorama da Manziana

Non lontani da qui sono infine i vetusti resti della romana Via Clodia, della quale riemergono alcuni tratti ben conservati e immersi in un piacevole paesaggio rurale.