La dorsale del Monte Tancia – massima elevazione dei Monti Sabini, con i suoi 1292 metri s. l. m. – vista dal sentiero per l’Osteria del Fatucchio (o Faducchio). La zona è tristemente nota per una sanguinosa battaglia avvenuta nel marzo 1944 fra una piccola brigata partigiana e le truppe nazi-fasciste.
Ormai frequentate ed amate dagli escursionisti romani, le cosiddette “Pozze del Diavolo” sono un insieme di splendide vasche calcaree dall’acqua color smeraldo – formate nel corso del tempo dal Torrente Galantina, che nasce nei pressi del sovrastante Passo del Tancia, nel cuore dei Monti Sabini. Vi si ammirano diverse cascatelle, di cui una – alta una decina di metri circa – particolarmente pittoresca (nota come la “Cascata del Diavolo”, appunto). L’unico neo è l’estrema variabilità della portata del torrente, che spesso d’estate va completamente in secca mentre anche in alcuni momenti delle altre stagioni non assicura un afflusso idrico sufficiente. Si consiglia quindi di informarsi bene prima di partire! Da sottolineare la bellezza del bosco che si attraversa – con molti alberi “muschiati” e in generale un’atmosfera fiabesca – e la purezza delle acque del Galantina, rifugio di salamandre e di altre specie rare di anfibi ed insetti. Un luogo di notevole valore naturalistico e paesaggistico, impregnato – come se non bastasse – dalle memorie e dalle tracce di eremiti e cavalieri che si affastellano in questa zona magica del Lazio.
Un vicolo del suggestivo borgo di Rocchette, nel cuore della Sabina Tiberina, luogo dal fascino antico che incanta il visitatore, in una zona ricchissima di itinerari densi di mistero e magia.
La “piramide” del Monte Elefante – appena ricoperta dalle timide nevi di questo mite febbraio – vista (assieme alle circostanti elevazioni) dalle pendici del Terminillo.
Un’immagine di wilderness appenninica dalle pendici del Terminillo guardando verso il Vettore (gruppo dei Sibillini), con in primo piano le solitarie creste di Jaccio Crudele e Monte di Cambio.
Con lo sviluppo, negli ultimi anni, del cosiddetto “turismo di prossimità”, alcune località del Lazio hanno goduto di una sorta di “boom turistico”, divenendo molto più conosciute rispetto al passato. Una di esse è il Lago del Turano, uno dei più bei laghi artificiali d’Italia, esempio straordinario di come possa essere coniugata la produzione di energia pulita e rinnovabile (idroelettrica) e la creazione di paesaggi di straordinario valore turistico, estetico ed ambientale (zona umida) – malgrado i costi sociali pagati da questi territori (e quelli ci sono sempre) con la “sommersione” dei terreni più fertili o di interi paesi (come accaduto nel vicinissimo Lago del Salto). Però erano altri tempi… In ogni caso, oggi ammiriamo uno scenario dai toni fiabeschi, un lago dai colori cangianti – smeraldino, turchese, azzurro – a seconda delle stagioni e delle condizioni meteo, che i turisti – anche stranieri – stanno scoprendo e apprezzando, e su cui si affacciano borghi incantevoli: nella foto Colle di Tora, il più piccolino, che si erge lungo un’esigua penisola circondato dalle acque.
Una visione d’inizio-inverno della Valle del Farfa dalla Via Mirtense. Questa strada – a tratti assai panoramica – collega la zona dell’Abbazia di Farfa alla Statale Salaria attraverso un itinerario di estremo fascino, che tocca borghi medievali, antichi casali e siti archeologici. Da qui è possibile anche scendere alle Gole del Farfa, che uniscono testimonianze storiche e natura selvaggia.
Luogo di rara poesia nel cuore dei Monti Sabini, l’Osteria del Fatucchio rammenta la vita pastorale (e conviviale) di un tempo. Si raggiunge da Casale Tancia con meno di un’ora di camminata tranquilla e rilassante, in ambiente solitario e incontaminato. Bellissimo il panorama sui monti Tancia e Pizzuto. Nei pressi del Casale sono un’ampia area pic nic in pietra e un fontanile.
La Sabina è l’area che più nel Lazio ha conservato “quadri paesaggistici” che sembrano “uscire” direttamente dal Medioevo, grazie alla scarsa industrializzazione, allo spopolamento e all’attaccamento alle radici rurali di chi è rimasto ad abitare in queste amabili terre. Particolarmente impressionante è il paesaggio che si apre a nord-est di Scandriglia, ove immensi uliveti segnano la trama del paesaggio, alternandosi a boschi, prati e frutteti, in un ambiente sano, ricco e variegato, in parte ricadente nel Parco Regionale dei Monti Lucretili. Ad impreziosire la scena, numerosi casali storici, alcuni dei quali di elevata fattura, e – nella foto – le forme severe del Monastero di San Salvatore minore. Una zona di straordinario pregio eppure tuttora sconosciuta, che invece meriterebbe di essere celebrata a livello fotografico, pittorico e non solo.
Com’è noto, l’olio è definito l'”oro” della Sabina: gli uliveti, che caratterizzano fortemente il paesaggio, appaiono in più punti quasi come delle “coperte”, rendendo morbidi i profili di aspre colline e ruvide montagne.
Le rovine di Rocchettine contestualizzate in un incontaminato paesaggio sabino, formato dalla Valle dell’Aia, e dominate da una fortezza ormai perduta. In alto a sinistra invece si intravede un piccolo eremo. Sono viste, queste, che fanno davvero sognare e ci riportano indietro ad un tempo lontano.
Antico castrum longobardo, il sito di Cottanello si sviluppò nel Basso Medioevo dotandosi di una cerchia muraria, che appare in parte inglobata dalle abitazioni. Fu dominio dell’Abbazia di Farfa e feudo degli Orsini. Oggi il giro delle mura è stato restaurato e reso fruibile, offrendo una bellissima passeggiata con notevoli panorami sul verde dei Monti Sabini e delle sottostanti colline, che pigramente digradano verso il Tevere. Nei pressi del paese si annoverano altre meraviglie, come l’Eremo di San Cataldo, i Prati delle Casette (“paesaggio storico” della Regione Lazio) e un’insolita cava romana abbandonata.
Il piccolo borgo di Vacone è definito la “Terrazza della Sabina” per il suo splendido e vasto panorama, che abbraccia non soltanto la Sabina Tiberina, appunto, ma anche l’Alta Campagna Romana sino – nelle giornate terse – ai primi quartieri della Capitale. Un quadro indimenticabile, che si offre incantevolmente in queste serene giornate di primo autunno.
Il rigoglioso ambiente naturale che caratterizza gli anfratti più selvaggi dei “fiordi” del Lago del Salto, uno dei bacini lacustri più suggestivi e insoliti del Lazio, nonostante la sua origine artificiale (cfr. “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1”).
Le grandi distese sugli altopiani carsici del Cicolano sono caratterizzate dalla presenza di antichi casali (le cosiddette “casette”) che spesso presentano un recinto: esso serviva a proteggere il bestiame dai lupi, che tuttora abbondano su questo territorio selvaggio e affascinante.
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