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La Grotta dei Templari

L’impressionante e misteriosa Grotta di Selvascura, presso Bassiano, è da alcuni studiosi ritenuta come legata alla presenza di un ultimo nucleo di Cavalieri del Tempio, che qui avrebbero trovato rifugio nell’epoca delle persecuzioni contro l’ordine, nei primi decenni del Trecento: per saperne di più cfr. “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 2”.


Tra le rovine di Piantangeli

I pochi ma romantici resti della chiesa abbaziale di Piantangeli, nel cuore dei Monti della Tolfa. Si tratta di uno dei luoghi più solitari e suggestivi del Lazio, su cui aleggia una fosca leggenda legata ai Cavalieri Templari (cfr. “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1”). Si raccomanda la sua visita in questo periodo – oltre che ovviamente in primavera – per via della straordinaria bellezza del paesaggio in cui si trova il sito, esaltata dai colori dell’autunno inoltrato: di sicuro, il panorama “a volo d’uccello” sulla Valle del Mignone vi lascerà senza fiato.


Il Convento di San Francesco a Sermoneta fra le colline di ulivi

Il Convento di San Francesco a Sermoneta si staglia su una collina alle pendici dei Monti Lepini, a circa un chilometro dal paese. Edificato nel Trecento dai seguaci del Poverello di Assisi – forse dal ramo dei cosiddetti “Fraticelli” – subì diversi passaggi di mano fra i vari ordini religiosi, fra cui probabilmente i Cavalieri di Malta di cui sono ben visibili le caratteristiche croci sul portico esterno. Questo simbolo tuttavia, noto anche come Croce delle Otto Beatitudini, fu in uso anche presso i Templari che pure furono presenti nel sito, che probabilmente era situato su un’antica via di pellegrinaggio – grosso modo ricalcante quella che oggi viene detta “Francigena del Sud”. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 2” (nuova edizione).


Chiostro di Valvisciolo

Nel bel chiostro in stile cistercense dell’Abbazia di Valvisciolo (XII sec.), nei pressi di Norma, numerosi simboli rivelano la presenza dei Cavalieri Templari nonché la profonda dottrina misteriosofica di questo ordine monacale: come il famoso Sator, che qui appare in una rarissima forma circolare.


La volta di Santa Maria dell’Assunta ad Amaseno

La volta affrescata della Chiesa di Santa Maria dell’Assunta ad Amaseno, del XII secolo. Si tratta di una delle chiese più belle del Lazio meridionale, ove nitido risulta lo stile gotico-cistercense. Nella struttura alcuni elementi misteriosofici richiamano la presenza dei Cavalieri del Tempio, i quali com’è noto furono assai attivi nel Basso Lazio. Inoltre l’edificio sacro è noto per il “miracolo del sangue” di San Lorenzo, che si scioglie ogni 10 agosto in occasione della ricorrenza del Santo. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.


Veduta crepuscolare di Carpineto Romano

Una veduta crepuscolare di Carpineto Romano, borgo posto nel cuore dei Monti Lepini e ricco di testimonianze dell’antica presenza dei Cavalieri Templari.


Maenza-Panorama dal Loggia dei Mercanti

Arroccato sulle pendici meridionali dei Lepini, il borgo di Maenza è una piacevole sorpresa per i visitatori, con il suo poderoso castello (fondato nel XIII secolo dai misteriosi Conti di Ceccano) e con i suoi vicoli pittoreschi. Uno dei punti più caratteristici è senz’altro la Loggia dei Mercanti, una vera e propria “piazzetta coperta” che offre un bel panorama sulla Piana dell’Amaseno. Dall’arco-belvedere, inoltre, volgendo lo sguardo in basso a sinistra sul muretto, si può notare uno degli svariati esemplari di “Triplice Cinta” presenti sulle antiche pietre del paese, simbolo dalle valenze esoteriche diffusissimo nel Lazio meridionale.

Monte Terminillo-Pareti nord

Mti Reatini-Mte Terminillo, pareti nord 1 RCRLB

Uno scorcio dell’imponente bastionata calcarea che compone le pareti del versante nord del Terminillo. Un aspetto fortemente alpestre, che rende la “montagna di Roma” elegante e solenne laddove ammirata dalla Vallonina, salendo da Leonessa. Ma il Terminillo è anche luogo di leggende e misteri fin dai tempi più remoti: una delle più curiose è quella della “spada nella roccia”, in loc. Cinque Confini, che richiama la presenza dei Templari in questo territorio.


Atina-Croce Patente

Atina-Castello Cantelmo, Croce Patente RCRLB

Una Croce Patente, perfettamente conservata, si può scorgere presso il Castello Cantelmo di Atina, esempio chiaro della presenza dei Cavalieri Templari nella cittadina “capoluogo” della Val di Comino.


Convento di San Francesco a Sermoneta

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Il Convento di San Francesco a Sermoneta, baciato da una luce di primo autunno … Un luogo avvolto dal mistero …


Abbazia di Valvisciolo, facciata

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La semplice ed elegante facciata romanica dell’Abbazia cistercense di Valvisciolo, situata nei pressi di luoghi importanti come Ninfa, Bassiano, Norba e Sermoneta, alle pendici dei Monti Lepini. Impreziosito da un magnifico chiostro, il monumento, di antichissima origine, custodisce un rarissimo esempio di “Sator circolare” oltre che innumerevoli altri esempi di “iconologia magica”. Sull’abbazia aleggiano curiose leggende legate ai Templari (per saperne di più: “Lazio, i luoghi del mistero e dell’insolito”). 


Dai vicoli medievali di Veroli all’Abbazia di Casamari, sulle tracce di simboli magici…

Posta su un’altura carsica nel cuore della Ciociaria e affacciata sulla popolosa Piana di Frosinone, Veroli è una cittadina medievale dalle antichissime origini. Fondata, infatti, dagli Ernici – dei quali, nella parte più alta del colle, si possono ammirare l’acropoli e le mura megalitiche – Verulae nel VI secolo a. C. formò, con importanti città limitrofe come Anagnia (Anagni), Aletrium (Alatri), Ferentinum (Ferentino) ed altre roccaforti minori, la Lega Ernica. Divenne poi fedele alleata dei Romani, ed ancor oggi, in onore di questa coalizione, sullo stemma della città compare la scritta “verulana civitas almae urbi confederata” (“la città di Veroli confederata alla generosa Roma”).

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Il centro storico di Veroli è caratterizzato da uno spiccato aspetto medievale, principalmente nel quartiere di Santa Croce e nella zona di Sant’Erasmo. Case-torri, portali ogivali, bifore e trifore creano un’atmosfera “antica” che ne fa senza dubbio una delle mete più suggestive del Basso Lazio. Assai pittoresca è la salita verso la chiesetta di San Leucio, “ornata” da un teschio con le ossa incrociate; affianco sono i resti di un castello che venne innalzato sulle già citate mura “ciclopiche”. 

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A Veroli si trovano diverse chiese notevoli, la cui storia rimanda ad antiche presenze templari. Un antico manoscritto dell’Archivio Segreto Vaticano, risalente al 1310, documenta l’ordine di esposizione delle citazioni al processo contro i Cavalieri dell’Ordine Templare presso le loro chiese e, fra le altre, in esso è menzionata la Chiesa di Santa Maria dei Franconi a Veroli. Di proprietà quindi dell’Ordine dei Cavalieri del Tempio, Santa Maria dei Franconi, eretta in stile romanico ed annessa ad un monastero benedettino del XVI secolo, presenta alcuni segni distintivi di questa appartenenza, ossia una rosa cistercense ed una croce patriarcale templare graffiti sugli stipiti del portale d’ingresso. Inoltre nella cripta di Sant’Onofrio, edificata come chiesa per i lebbrosi, era incisa un’iscrizione: “Templar….posuit”, ora purtroppo non più visibile poiché – a quanto pare – ricoperta dall’intonaco.

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A poca distanza troviamo la Basilica di Santa Salomé, edificata – secondo la tradizione locale – nel 1209 sul luogo del ritrovamento del corpo della Santa, divenuta poi protettrice di Veroli. A riprova di ciò, nei sotterranei della chiesa, nei quali si accede tramite uno stretto passaggio, posto al di sotto dell’altare della cripta, è conservata una lastra di marmo. Madre degli apostoli Giovanni e Giacomo e testimone della morte e della resurrezione di Gesù Cristo, Santa Salomè discese in queste zone per diffondere il cristianesimo ed organizzare la comunità cristiana locale. La chiesa, posta su uno dei terrazzi panoramici di Veroli e costruita inizialmente in stile gotico, ha subito nel tempo vari rimaneggiamenti, ma conserva, al suo interno, notevoli affreschi. La fama di detta chiesa è costituita, comunque, dalla presenza della Scala Santa, che percorsa in ginocchio dona al fedele l’indulgenza plenaria, alla stessa maniera di quella sita in Palazzo Lateranense a Roma.

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Interessante anche il vicino Duomo di Sant’Andrea, costruito sul sito dell’antico foro romano, occupato oggi dalla graziosa piazza centrale dell’abitato: degna di nota la Cappella del Tesoro, con i resti della chiesa alto-medievale.

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Ci spostiamo ora in un’altra zona della cittadina, dirigendoci verso la Chiesa di Sant’Erasmo, che si raggiunge attraverso una via fiancheggiata da palazzetti due-trecenteschi. Il tempio venne probabilmente fatto costruire da San Benedetto da Norcia, durante il suo viaggio verso Montecassino (attualmente l’itinerario percorso dal Santo nel VI secolo è stato ripreso a fini turistico-religiosi, divenendo un “cammino” di grande successo). Sono visibili vestigia romane sul campanile e su parte del portico, mentre il resto della struttura ha subito numerose modifiche, dal XVI secolo in poi.

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Nonostante ciò, sulla facciata del portico, composto di tre archi a tutto sesto, sono presenti alcuni altorilievi raffiguranti un ornamento dal complesso significato: il “Fiore dell’Apocalisse”. Ogni petalo del Fiore raffigura i quattro elementi (Fuoco, Acqua, Terra, Aria) e le quattro entità dell’Apocalisse (Uomo, Aquila, Toro e Leone). Questo simbolo – utilizzato in alcune opere filosofico-alchemiche medievali e che si riteneva avesse potenti poteri contro le forze del male – nel suo complesso indica l’armonia scaturita della perfetta unione degli elementi, e l’unità della conoscenza derivante dall’unione di tutte le sacre scritture.

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Ai piedi di due colonne del portico di Sant’Erasmo sono invece altre due incisioni, le Triplici Cinte, che si ricollegano a documentate presenze templari nel paese.

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Attraversando le caratteristiche vie dei quartieri medievali di Veroli, sugli edifici privati si possono infatti notare, scalfiti nella pietra, diversi simboli, tra cui la Triplice Cinta.

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Questo segno, risalente forse all’Età del Bronzo e diffuso presso le popolazioni celtiche, viene menzionato anche nella Bibbia e lo si trova inciso nelle cattedrali gotiche. In seguito esso fu probabilmente ripreso dai Cavalieri della Milizia del Tempio per indicare i luoghi aventi una sacralità tellurica. Lo si può notare talvolta scolpito sugli edifici medievali, risalenti al XII e XIII secolo di molte cittadine laziali, tra cui Alatri, Priverno, Norma, Sermoneta (per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”), che presentino alcuni particolari tratti architettonici (come, ad esempio, l’acropoli e le mura megalitiche), e/o conservino testimonianze della presenza cistercense nei propri territori.

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Un altro motivo dell’adozione, da parte dei Cavalieri Templari, di simboli dai significati esoterici, fu che alcuni di essi, ossia i più colti, durante le Crociate, cercarono di instaurare con i musulmani un rapporto costruttivo, basato sull’interscambio sia commerciale che culturale, e per questo vennero a contatto con i filosofi arabi, i quali a loro volta erano eredi di antiche conoscenze occulte. Questa politica fu in seguito adottata anche da Federico II, protettore dei Cistercensi, ordine monastico legato ai Cavalieri del Tempio. La Triplice Cinta, secondo gli studi di Renè Guenon, rappresenterebbe i tre gradi dell’iniziazione propri delle scuole esoteriche e, nondimeno, della tradizione druidica. Oltre a ciò, numerose altre ipotesi sono state formulate per chiarire il senso di questo misterioso simbolo, ma quel che è certo è solo che esso sia legato ai Templari, in quanto presente anche presso la Fortezza di Chinon, dove essi furono imprigionati agli inizi del XIV secolo.

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La nostra ricerca iconografica ci ha però regalato altre sorprese. Nei pressi della Chiesa di Sant’Erasmo corrono due vie dal singolare nome: “Via Terribile” e “Vicolo Terribile”. Non si conosce il perché di questo insolito appellativo, ma istintivamente il toponimo “terribile” rimanda ad altri luoghi così descritti, e cioè, non solo alla celebre chiesa di Rennes le Chateau, ma anche a quella del Santuario della Madonna della Civita ad Itri (cfr. “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”).

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Ma le inquietanti coincidenze non finiscono qui. Seguendo infatti l’itinerario descritto dalle due tenebrose stradine di Veroli, che si snodano tra antiche abitazioni, spesso semi-dirute e abbandonate, si torna di fronte al muro laterale della stessa Chiesa di Sant’Erasmo, proprio nel punto in cui si trova scolpito, curiosamente, un altro simbolo affine alla Triplice Cinta, ossia il Centro Sacro o Omphalos, anch’esso strettamente legato alla cultura esoterica templare e ricorrente in altri siti del Lazio meridionale (Sermoneta, Terracina e Priverno).

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Tornati nella piazza principale di Veroli e passeggiando sul breve corso, si può apprezzare un’ultima chicca. Nel grazioso cortiletto di Casa Reali, è affissa una lastra di marmo bianco che riporta un raro esempio di calendario romano risalente al I secolo d. C., noto come i “Fasti Verulani”.

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In esso sono stati segnati i primi tre mesi dell’anno, indicando gennaio e marzo con 31 giorni e febbraio con 29. La curiosità di questo calendario consiste nel fatto che accanto ad ogni data è impressa una lettera, che segnalava, secondo le superstizioni di allora, la tipologia del giorno: NP stava per festivi, N per nefasti, C per comiziali ed F per giorni fasti e favorevoli. Ad esempio il 27 marzo, data della vittoria di Cesare ad Alessandria (46 a. C.), era indicato come festivo, mentre il 14 Gennaio, essendo il giorno di nascita di Antonio, era nefasto.

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Usciti infine da Veroli, ci dirigiamo ora verso l’Abbazia Cistercense di Casamari. Fondata originariamente dai monaci benedettini nel XI secolo, agli inizi del XIII secolo l’Abbazia passò all’Ordine monastico Cistercense, che ne rimodernò ed ampliò la struttura, e che oggi si presenta quale uno dei più integri monumenti d’architettura gotico-cistercense.

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I lavori di ristrutturazione di Casamari vennero affidati ad una Corporazione Muratoria, i cui sapienti scalpellini hanno lasciato, intagliati in diversi angoli della chiesa, alcuni simboli distintivi della propria compagnia, ripresi in seguito anche dalle associazioni massoniche sorte nel corso del Settecento in Ciociaria.

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Quest’ultime, infatti, oltre a raccogliere l’eredità culturale-esoterica dei Templari, si ricollegano, ancor di più, alle Corporazioni Muratorie medievali.

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Alcuni dei suddetti emblemi sono visibili all’interno della chiesa: scolpita sul capitello della prima colonna a destra della navata centrale, è una “Tau” templare, appesa alla quale vi è un grembiule da scalpellino, mentre nella facciata posteriore dello stesso capitello è un braccio che tiene in pugno uno scalpello ed una squadra.

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Inciso su un altro capitello è il simbolo dell’”Ouroboros”, ossia la rappresentazione alchemica del “tutto in uno”, del “Principio e della Fine”, raffigurata da due serpenti che si mordono la coda. Tra le sculture del coro ligneo, si nota, per giunta, un’altra figura che richiama anch’essa la simbologia massonica (come pure quella dei Rosacroce o quella alchimistica), su cui ci si potrebbe soffermare molto: un pellicano che si squarcia il petto con il becco per nutrire i propri piccoli tramite il suo stesso sangue. Infine, sulla lunetta del Portale dei Conversi è raffigurato l’emblema dell’“Albero della Vita”, affiancato da due croci templari.

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Una particolarità dell’architettura cistercense è la quasi assenza di elementi decorativi, finalizzata a non distogliere dalla preghiera il fedele. Fatto strano è dunque che su uno dei capitelli del chiostro si trovano riprodotti tre volti raffiguranti Federico II di Svevia, il suo cancelliere Pier delle Vigne e (si dice) Gioacchino da Fiore, che a loro volta evidenziano gli stretti rapporti intercorsi tra l’Imperatore e i monaci Cistercensi.

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Se ciò sia ricollegabile o meno alla stretta relazione intercorrente tra i monaci Cistercensi e i Cavalieri Templari non è certo. È invece documentata la loro affiliazione all’imperatore svevo, avvenuta nel 1221, tant’è che questo fu ospite presso l’Abbazia di Casamari durante l’incontro con il Papa, in merito alla discussione sulla Quinta Crociata.

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Ogni volta ce ne andiamo da Veroli soddisfatti, con la consapevolezza di aver visitato un patrimonio straordinario, un intreccio affascinante di testimonianze storiche, artistiche e culturali che conferma l’incredibile ricchezza della Ciociaria ed il suo finora inespresso potenziale turistico.

APPUNTI DI VIAGGIO

Periodi consigliati:

tutto l’anno.

Tempo di visita:

1-2 giorni.

Links:

www.comune.veroli.fr.it 

www.angolohermes.com

www.casamari.it


Castell’Araldo presso Marta

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Una veduta da lontano del complesso di Castell’Araldo, presso Marta, di cui rimangono pochi ruderi affiancati da una chiesetta. L’insediamento appartenne ai Cavalieri Templari, posto a controllo del traffico sulla strada di collegamento fra il Mar Tirreno e il Lago di Bolsena.


“Croce Patente” a Sermoneta

Sermoneta-Croce Patente su casa privata 1 RCRVDC

Uno dei tanti simboli esoterici scolpiti – in epoche probabilmente diverse – nelle pietre del borgo di Sermoneta: alcuni sarebbero riconducibili ai Templari come quello della foto, che ritrae la cosiddetta “Croce Patente”. Pochi sanno che oltre alla bellezza dei suoi vicoli e dei suoi monumenti, Sermoneta offre un vero manuale di “iconologia magica”; i motivi di tale particolarità sono tutt’oggi dibattuti. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.


Monte Piantangeli ad aprile

Le mezze stagioni sono le migliori per apprezzare la straordinaria bellezza dei Monti della Tolfa ma forse é nel periodo di passaggio fra aprile e maggio che queste colline al contempo dolci e aspre raggiungono il loro massimo splendore per le innumerevoli fioriture che “accendono” i campi e le macchie: margherite e papaveri, anemoni e ranuncoli, asfodeli, erba sulla, orchidee e siliquastri esplodono esuberanti in un paesaggio completamente verde e per larghi tratti integro, formando un “quadro” che dona pace e serenitá. Il Monte Piantangeli é uno dei luoghi piú godibili e rappresentativi della zona e si raggiunge tramite un sentiero che parte nei pressi di Tolfa. Dalla cima, ove sorgono i resti di un’abbazia templare, lo sguardo spazia su uno dei panorami piú incantevoli del Lazio, con la magnifica Valle del Mignone a farla da protagonista.

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, panorama 1 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, panorama 9 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, panorama 2 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, panchina RCRLB

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Mti della Tolfa-Paesaggio nella Valle del Mignone 6 RCRLB

Mti della Tolfa-Paesaggio nella Valle del Mignone 5 RCRLB

Mti della Tolfa-Paesaggio nella Valle del Mignone 7 RCRLB

Mti della Tolfa-Paesaggio nella Valle del Mignone 3 RCRLB

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Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, altopiano 1 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, altopiano 2 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, altopiano 3 RCRLB

Mti della Tolfa-Piantangeli, cavalli al pascolo RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, rovine dell'abbazia 1 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, rovine dell'abbazia 2 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, rovine dell'abbazia 5 RCRLB

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Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, rovine dell'abbazia 3 RCRLB

Mti della Tolfa-Mte Piantangeli, masso 1 RCRLB

Mti della Tolfa-Paesaggio nella Valle del Mignone 13 RCRLB

Mti della Tolfa-Valle del Mignone, erba sulla 1 RCRLB

Mti della Tolfa-Fioritura di margherite RCRLB


Sermoneta: benvenuti nel Medioevo

Attorniata da uliveti secolari, Sermoneta si adagia su una collina dei Monti Lepini, a balcone sull’Agro Pontino. Le origini del sito sono remote ed imprecisate, forse rintracciabili dell’antichissima città volsco-romana di Sulmo. Le fonti storiche sono però scarse ed è piuttosto il Medioevo a conformare tutt’oggi l’aspetto del borgo, uno dei più suggestivi e meglio conservati del Lazio, grazie ad un’attenta e lungimirante gestione urbanistica. A differenza di tanti altri centri storici, difatti, nel Dopoguerra Sermoneta non venne deturpata da espansioni moderne, ed oggi possiamo ammirarla pressoché inalterata rispetto al XVI secolo, apice del suo sviluppo.

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Veduta di Sermoneta

Ma fu proprio il Cinquecento a segnare la fine dell’epoca di splendore di Sermoneta, che rimase a lungo feudo dei Caetani, potente casato della Marittima”, toponimo con cui allora si indicava il territorio pontino. Già signori di Ninfa, i Caetani arricchirono Sermoneta di chiese e palazzi, munendola peraltro di una cinta muraria e di un poderoso castello.

Sermoneta-Veduta

Il Castello Caetani che sovrasta l’abitato

Il Castello Caetani, che domina solennemente l’abitato, costituisce senz’altro il monumento più celebre di Sermoneta. La visita è davvero irrinunciabile ed emozionante: nelle sue stanze affrescate e ricche di arredi d’epoca, si può rivivere in pieno l’atmosfera magica di un maniero dell’Età di Mezzo tra i più integri in Italia, magari immaginando le gesta di Lucrezia Borgia, che qui venne ospitata.

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Stemma dei Caetani nel Castello di Sermoneta

Castello Caetani, Camera Pinta

Castello Caetani, Camera Pinta

Castello Caetani, colonna con stemma

Castello Caetani, colonna con stemma dei Caetani

Accanto al castello, merita poi un cenno l’austera Cattedrale di Santa Maria Assunta, del XIII secolo, che serba numerose opere d’arte, fra cui un quattrocentesco Giudizio Universale nella controfacciata; splendido anche il campanile, residuo dell’originaria chiesa romanica, ornato da bifore e da scodelle colorate in ceramica.

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Il campanile del Duomo

Scorcio con campanile al tramonto

Scorcio con campanile al tramonto

Passeggiando quindi tra le viuzze e le piazzette del borgo, che si aprono ad impressionanti scorci a valle, si incontrano edifici d’aspetto molto vario, ora nobile ora rustico, talvolta sede di ristoranti, botteghe d’artigianato e negozi di prodotti tipici locali (dall’olio alle olive, dai liquori ai rinomati biscotti).

Insegna di bottega artigianale

Insegna di bottega artigianale

Vicolo con casa-torre

Vicolo con casa-torre sullo sfondo

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Una casa dall’aspetto rustico

Sermoneta-Corso da Porta del Pozzo

Uno scorcio del corso principale

Portale

Portale

Le case appaiono spesso adornate da vasi di ortensie e gerani o da rampicanti di gelsomino, bouganville e glicine, mentre inaspettati si aprono numerosi giardini pensili colmi di agrumeti. Fra i vicoli assolati, pigri gatti sembrano i padroni della scena.

Vicolo

Vicolo presso San Michele Arcangelo

Vicolo

Vicolo nei pressi della Sinagoga

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Case medievali fra il Belvedere e San Michele Arcangelo

Vicolo

Vicolo presso la piazza principale

Un gatto in una feritoia

Un gatto in una feritoia

Accade pure di scoprire deliziose chiesette medievali, come ad esempio la piccola Chiesa di San Michele Arcangelo (XI sec.), appartata in un minuscolo slargo ove svetta un’imponente palazzo turrito. Ma in generale quel che colpisce è il fatto che l’intero tessuto urbano (ancora interamente racchiuso nella cinta muraria cinquecentesca, oggi divenuta un innovativo museo “en plein air”) si presenti, dalle case alla stessa pavimentazione, come un vero e proprio “mosaico” di pietra, realizzato rigorosamente con il bianco calcare lepino.

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Vicolo con archetto

Via del Rione Vecchio

Via del Rione Vecchio

Scenario rappresentativo di tale peculiarità è sicuramente la stupenda Via delle Scalette, ripida scalinata che dal castello scende “aerea” al Belvedere, da cui la vista spazia sconfinata fino al mare, offrendo un quadro dettagliato del territorio dal Circeo ai Colli Albani: notevole appare purtroppo l’espansione edilizia dei centri della pianura, seppure meno disordinata che altrove.

Via delle Scalette

Via delle Scalette

Campagna presso Sermoneta

Campagna ai piedi di Sermoneta

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Il Palazzo Comunale, sul Belvedere

Scorcio panoramico dal Belvedere

Scorcio panoramico dal Belvedere al tramonto

Cuore del paese è comunque Piazza del Popolo, luogo prediletto per rilassarsi davanti ad una tazza di caffè, mentre poco più in là si innalzano le pittoresche arcate gotico-rinascimentali della Loggia dei Mercanti (XV sec.), uno dei simboli di Sermoneta. Nelle vicinanze è poi il ghetto ebraico con la sua Sinagoga, bell’edificio tardo-duecentesco che testimonia la presenza di una cospicua comunità giudaica tra il XIII e il XVI secolo e conferma l’importanza di Sermoneta nel Basso Medioevo: è questo uno degli angoli più caratteristici del borgo, in un dedalo di vicoli angusti e a volte strettissimi; a pochi metri dalla Sinagoga è un curioso museo di presepi automatizzati. E sempre in tema di musei, da non perdere quello della ceramica, sul corso principale.

Sermoneta-Loggia dei Mercanti

Loggia dei Mercanti

Scorcio dalla Loggia dei Mercanti

Scorcio dalla Loggia dei Mercanti

Si consiglia di visitare Sermoneta facendo attenzione ai dettagli. Sui gradini, sugli stipiti e sugli architravi delle abitazioni del borgo nonché sui sagrati di molte chiese si scorgono infatti in più punti graffiti che riportano un’iconografia misteriosa e di epoca probabilmente diversificata. Molte di queste incisioni (croci patenti, triplici cinte, ecc…), tuttavia, testimonierebbero una radicata presenza dei Cavalieri Templari nel corso del XIII secolo e del resto in tutta l’area lepina si trovano segni del loro passaggio.

Triplice Cinta presso la Sinagoga

Triplice Cinta presso la Sinagoga

Ma le sorprese di Sermoneta non finiscono qui. Subito fuori dal paese, invece, tra boschi ed uliveti, si nascondono romantiche chiese abbandonate, casali in rovina, torri dimenticate e vecchi monasteri: spicca il Convento di San Francesco, che, solitario su un’altura nei pressi del Cimitero e di un enorme leccio ultracentenario, è raggiunto da una panoramica Via Crucis. Il complesso, fondato secondo la tradizione dai Templari, appartenuto ai Cavalieri di Malta e passato successivamente ai Frati Minori Osservanti custodisce un chiostro con affreschi seicenteschi sulla vita del Poverello d’Assisi.

Convento di S. Francesco, croce di Malta

Convento di San Francesco, croce di Malta

Sulla strada per Bassiano, invece, si trova un altro monumento prestigioso: l’Abbazia di Valvisciolo. Eretta nel Trecento dai monaci cistercensi in uno stile gotico di derivazione francese, conserva un suggestivo chiostro e anch’essa serberebbe segni evidenti della preesistenza dei Templari in questa località: una vecchia leggenda sostiene addirittura che vi si celi il loro fantastico tesoro.

Abbazia di Valvisciolo-Chiesa, facciata

Abbazia di Valvisciolo

Più avanti si può raggiungere anche la magnifica “città fantasma” di Ninfa, col suo giardino all’inglese, altro luogo di straordinaria suggestione che vale di per sé un viaggio. Per approfondimenti sui misteri di Sermoneta e dintorni si faccia riferimento alla nostra guida “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.

Ninfa-Veduta

Veduta di Ninfa

Arte, natura, storia e folklore, dunque, in una cittadina che ha saputo non soltanto difendere le proprie radici ma anche e soprattutto valorizzarle in chiave turistica, come dimostra il riconoscimento della “bandiera arancione”, prestigioso “marchio di qualità” per l’entroterra italiano assegnatole del Touring Club Italiano. E ciò anche grazie ad un calendario di eventi ricco ed stimolante: dal Maggio Sermonetano al Palio della Madonna della Vittoria (rievocazione della vittoria nella Battaglia di Lepanto, cui partecipò Onorato IV Caetani) e all’ormai noto Festival Pontino di Musica, che vede intervenire artisti di fama mondiale.

Sermoneta-Porta del Pozzo

Porta del Pozzo

Infine, un’ultima chicca, ossia lo storico gruppo di sbandieratori di Sermoneta, conosciuto ed apprezzato a livello nazionale, ennesimo esempio di come le tradizioni medievali siano qui tutt’oggi straordinariamente fulgide e sentite. Ma è soprattutto l’alta qualità della vita a far di Sermoneta un modello da imitare, a dimostrazione del fatto che oggi, per chi ne abbia la possibilità, sia preferibile abitare in paesi tipo Sermoneta anziché negli anonimi palazzoni di degradate periferie. 


Veduta da lontano di Bassiano

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Veduta da lontano del piccolo borgo di Bassiano, adagiato in una serena vallata dei Monti Lepini. Meno nota della vicina, magnifica Sermoneta, Bassiano offre comunque un centro storico suggestivo e ben tenuto, ancora racchiuso da mura medievali. Nel vicino Santuario del Crocefisso si custodiscono, all’interno di una grotta, tracce della presenza templare e di una piccola comunità eretica: per saperne di più si faccia riferimento al nostro libro “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.


Scorcio di Veroli

 

Scorcio di Veroli

Uno scorcio di Veroli, città della Ciociaria dalle antichissime origini, testimoniate fra l’altro dall’imponente cinta muraria in opera megalitica. Suggestivi i suoi quartieri medievali e notevoli i segni del passaggio dei Templari. Per maggiori informazioni si faccia riferimento alla nostra guida “Lazio, i luoghi del mistero e dell’insolito”.


Alatri: la “città dei Ciclopi” e dei simboli templari

Posta nel cuore della Ciociaria, su una collina alle pendici dei Monti Ernici, Alatri si presenta come una delle città d’arte più nobili e affascinanti del Lazio meridionale. Un fascino che le è dato dalla mirabile convivenza degli elementi monumentali arcaici e di quelli risalenti alle epoche successive, in particolare al Medioevo. E’ universalmente conosciuta come la “città dei Ciclopi” per l’eccezionale stato di conservazione di uno dei maggiori esempi di architettura antica in Italia, vale a dire l’Acropoli della Civita, vero simbolo delle “città megalitiche” laziali,  a cui da sempre sono legati misteri e leggende.

Alatri-Porta Maggiore

In epoca pre-romana Aletrium fu una potente roccaforte degli Ernici – l’antico popolo che dominava gli omonimi monti – e una leggenda romana vuole che fosse una delle “città ciclopiche” tutte inizianti per “A” (Arpino, Arce, Atina, Anagni e, appunto, Alatri), fondate nel XIII sec. a. C. dal mitico popolo dei Pelasgi, diretti discendenti del Dio Saturno, secondo una disposizione che rimanderebbe ad alcune costellazioni zodiacali.

Porta medievale su base megalitica

A questo remoto passato risalgono la cinta muraria in opera megalitica e l’imponente Acropoli di forma trapezoidale detta anche Civita. Senza dubbio si tratta del monumento più rappresentativo di Alatri, quello che da sempre stimola e colpisce la fantasia del visitatore. Non a caso essa divenne meta privilegiata del Grand Tour sette-ottocentesco e trovò gli elogi dello storico tedesco F. Gregorovius che le dedicò sentite parole in Passeggiate romane.

Acropoli, targa a Gregorovius

Il mistero aleggia ancora in questi luoghi ed infatti il visitatore meravigliato dalla perfezione con cui si compone il mastodontico mosaico di macigni irregolari non fa a meno di chiedersi come i nostri avi siano riusciti a realizzare tale opera. La Porta Maggiore o dell’Areopago, ad esempio, è costituita da un architrave costituito da un unico masso calcareo dal peso di 27 tonnellate, per peso seconda soltanto alla Porta dei Leoni di Micene.

Porta Maggiore

Lungo le mura ciclopiche ci s’imbatte più volte in curiosi bassorilievi che rimandano ad antichi culti misterici di cui ormai si è persa la memoria. Il più importante è senza dubbio un bassorilievo, sito nelle immediate vicinanze di Porta San Pietro, un tempo Porta Bellona, raffigurante il Dio Saturno.

Porta S. Pietro, Dio Saturno

La divinità, metafora della devozione per la terra, porta con sé una falce, attrezzo agricolo la cui creazione è addirittura accreditata al popolo ernico. Nei pressi di Porta Minore sono invece tre simboli fallici, anche queste immagini legate ai culti sacrali degli Ernici e delle civiltà pre-cristiane (si possono ritrovare sugli Arcazzi di Anagni e lungo la Via Sacra che conduce sulla cima del Monte Cavo presso Rocca di Papa).

Scorcio della città dall'Acropoli

La pietra ha conservato numerosi altri simboli, come scritte, croci e numerose triplici cinte e centri sacri. Questi ultimi simboli possono essere rinvenuti nel rosone della Chiesa di Santa Maria Maggiore, sui gradini della Chiesa San Francesco, sul portale di San Silvestro e Santa Lucia nonché sui muretti della scalinata che sale al Duomo di San Paolo.

Duomo, facciata

La cattedrale, che s’impone in cima all’acropoli, nasconde un altro mistero, ossia quello legato al miracolo dell’ostia incarnata.

Chiesa di S. Francesco, Triplice Cinta

Alatri è dunque una cittadina ricca di leggende e misteri che conserva le tracce di culti arcaici, ma un altro dei motivi per cui è degna di essere visitata è la ricchezza architettonica e la suggestione del suo tessuto urbano, con bifore, trifore, archi a sesto acuto, voltoni, scalinate, ecc.: non abbiamo certo descritto nei particolari tutte le attrazioni di Alatri e invitiamo i nostri lettori ad andare a scoprirla con i propri occhi, smarrendosi nel tempo sospeso degli stretti vicoli e delle stradine selciate e ammirando la grandiosità delle opere umane ivi racchiuse: da non perdere, partendo da Porta Maggiore, la passeggiata nella zona delle cosiddette “Piagge” fino almeno alla Chiesa di San Silvestro.

Alatri-Chiesa di S. Maria Maggiore

Sono infine da ricordare i suoi dintorni: il Lago di Canterno, Fumone, Veroli e gli stessi Monti Ernici, tutti luoghi per i quali si rimanda alla nostra guida “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”. Del resto la Ciociaria è una regione la cui storia si perde nella notte dei millenni e non basta un fugace accenno per esaurire i motivi di una sua attenta esplorazione.

APPUNTI DI VIAGGIO

Periodi migliori: tutto l’anno.

Strutture consigliate: Ristorante “Tre Grana”.


Le rovine dell’Abbazia di Piantangeli

Le solitarie rovine dell’Abbazia di Piantangeli, giacciono nel cuore dei Monti della Tolfa, sulla cima dell’omonimo monte e in superba posizione panoramica sulla Valle del Mignone, e costituiscono uno dei luoghi più sconosciuti e remoti dell’intero Lazio. Si raggiungono tuttavia tramite un comodo e breve sentiero (un’oretta di cammino) che inizia nei pressi di Tolfa e che tocca anche i resti di un tempio romano (la cosiddetta ”Grasceta dei Cavallari”).

Rovine di Piantangeli

Forse già frequentato dagli Etruschi, il luogo, con le sue pietre sparse e i suoi muraglioni smozzicati, appare malinconico e circondato da una natura eccezionalmente intatta e pittoresca: rocce dalle forme curiose si stagliano tutt’attorno alle antiche pietre e palesano l’origine vulcanica della zona.

Una pietra bizzarra

L’abbazia venne fondata in epoca carolingia e poi, nel XIII secolo, si dice appartenne ai Cavalieri Templari: essi però, fra il 1307 e il 1314, ai tempi della grande e celebre persecuzione contro di loro promossa da Filippo il Bello re di Francia, vi furono cacciati e l’edificio finì dato alle fiamme.

Rovine di Piantangeli

L’abbazia non fu mai più abitata e nei secoli venne avvolta da un alone di mistero che nutrì fosche leggende popolari, secondo le quali a mezzanotte, nell’anniversario della morte al rogo dell’ultimo Gran Maestro Templare Jacques De Molay (18 marzo 1314), si materializzerebbero inquietanti processioni spettrali, visibili da lontano con lunghe file di torce accese…

Rovine di Piantangeli

A parte le suggestioni decadenti, c’è da dire che visitando l’Abbazia di Piantangeli con i suoi panorami, vien da pensare per l’ennesima volta come sia possibile che i Monti della Tolfa (assieme alla vicina Valle del Biedano) non siano ancora un parco nazionale… L’aspetto austero dei ruderi, i prati verdissimi, i grandi spazi, fanno pensare ad un’ambientazione quasi “scozzese”: eppure, ecco uno dei tanti angoli stupendi della Tuscia, che nessuno o quasi conosce.

Panorama da Piantangeli

Nei pressi dell’abbazia si apre un panorama mozzafiato a 360°. Notevole il paesaggio agrario di questo lembo di Etruria, con le caratteristiche casette coloniche bianche: un territorio così ordinato da sembrare finto. Verso l’Alta Valle del Mignone e Rota il paesaggio, se possibile, è ancor più bello, e sembra un dipinto del Settecento.

Panorama da Piantangeli

Nelle giornate terse da qui si vede benissimo la striscia azzurra del Lago di Bracciano e sullo sfondo, il Soratte e la catena appenninica. Uno scenario semplicemente meraviglioso: ricco, ampio, variato, con elementi antropici (il borgo di Rota e i casolari d’epoca) e naturali (le colline, le verdi vallate, il lago e le montagne) in perfetta sintonia. Un patrimonio paesaggistico e culturale immenso che oggi appare finalmente salvaguardato dal Parco Agricolo dei Monti della Tolfa.

APPUNTI DI VIAGGIO

Periodi consigliati:

Tutto l’anno tranne l’estate piena a causa del caldo e della monotonia cromatica

Dove dormire: 

Tolfa-Agriturismo Fontana del Papa