
Un’atmosfera drammatica per questo tramonto tipicamente etrusco: la foto è scattata dalla Rotonda di Monte Romano, cuore della Maremma Laziale e spettacolare belvedere sulla Valle del Mignone.
Un’atmosfera drammatica per questo tramonto tipicamente etrusco: la foto è scattata dalla Rotonda di Monte Romano, cuore della Maremma Laziale e spettacolare belvedere sulla Valle del Mignone.
La suggestiva Tomba della Casetta, con la sua caratteristica scala laterale: si trova nella Necropoli di Grotta Penta (VI-IV sec. a. C.), appena fuori dall’abitato di Blera, che prende il nome da alcune sepolture in cui permangono resti di pitture.
Noto per la battaglia del 13 febbraio del 477 a. C. fra Etruschi e Romani, combattuta proprio sulle sue sponde, l’esile Fiume Cremera solca l’amena Valle del Sorbo, cuore “turistico” del Parco Regionale di Veio. Per saperne di più sugli itinerari della zona, alla ricerca degli aspetti meno noti: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.
Il Quartiere Castello è il più antico di Bolsena e il più apprezzato dai turisti, soprattutto stranieri, per la tranquillità e le atmosfere medievali.
Un’inconsueta luce fredda, quasi fiamminga, nell’inconfondibile, misterioso paesaggio etrusco in un crepuscolo di fine settembre. Siamo nell’Alta Valle del Marta, a nord di Tuscania e a pochi passi dall’omonima riserva naturale, in una zona purtroppo sconosciuta e negletta anche agli escursionisti e ai fotografi laziali oltre che ai turisti.
Una strana luce nella Necropoli di Marturanum, di fronte alla finta porta degli Inferi… Per saperne di più di questo luogo affascinante: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – Vol. 1”.
Se l’alba da Montebello ci ha entusiasmato, c’è un’altra località nel magnifico scenario della Valle del Marta fra Tuscania e Tarquinia che, al livello fotografico, merita la massima attenzione ed è la Roccaccia: si tratta di un vasto territorio appartenente al Comune di Tarquinia che offre vedute spettacolari sia sul mare sia sull’interno dell’Etruria. Luoghi misteriosi nella loro grande ampiezza, dove lo sguardo spazia sconfinato e dove la storia ha lasciato segni importanti. Il paesaggio rivela l’anima di una terra, lasciandone trapelare i segreti, celati fra le selve e i campi lavorati da secoli, anzi millenni, da mani sapienti.
Il parco non c’è ancora ma dovrebbe razionalmente esistere. E lotteremo affinché lo diventi prima possibile. Un paesaggio storico vastissimo e ottimamente preservato in cui agricoltura, archeologia, natura, paesaggio, storia ed arte si abbracciano in una simbiosi perfetta. Qui siamo sempre tra Tuscania e Tarquinia e queste sono le ondulazioni bellissime della Valle del Marta – che poco hanno da invidiare alla ben più blasonata Val d’Orcia, in Toscana – visibili dai colli alle pendici della Roccaccia, località nel Comune di Tarquinia.
All’interno del magnifico e solenne paesaggio etrusco fra Tuscania e Tarquinia, l’area della Carcarella (nel Comune tuscanese) è senza dubbio una delle più affascinanti per i panorami vasti e incontaminati. Prende il nome dall’immenso antico latifondo facente capo all’omonimo piccolo borgo oggi in parte abbandonato e in parte adibito ad un ottimo agriturismo (La Locanda Rossovino). Si racconta che nei pressi di questo insediamento si trovi un piccolo “cimitero di cani”, creato dai vecchi signori della tenuta, grandi amanti degli animali. Guardando questi orizzonti così vuoti, sfuggenti in valli sconosciute e misteriose, si può avere una sensazione strana, di pace mista ad inquietudine.
Uno scorcio degli edifici medievali di Via delle torri, uno degli angoli più suggestivi di Tarquinia, centro storico da assaporare con calma ed attenzione ai particolari. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.
Cavalli in libertà nelle grandi e solitarie distese collinari della Maremma Laziale (qui siamo nella località di Lascocanale, fra Tuscania e Tarquinia): è un’immagine non rara da queste parti ma che regala ogni volta pure sensazioni di libertà, in una natura indomita seppur sapientemente modellata dall’uomo e ove il “respiro etrusco” è sempre nell’aria…
L’emozione unica di ammirare un’alba infuocata nel cuore dell’Etruria…
Il mondo bucolico e appartato della Valle del Marta dona immagini senza tempo, in cui la campagna laziale si esprime ai suoi più alti livelli di ruralità.
Da qualunque parte lo si ammiri, il Castello dell’Abbadia di Vulci – circondato dal solenne paesaggio “orizzontale” della Piana del Diavolo, nella Maremma Viterbese – regala una visione di una bellezza che sembrerebbe “immortale”, per quanto da secoli ferma nel tempo. E invece tali scorci straordinari oggi resistono grazie alle strenue lotte di tutela del territorio portate avanti da comitati, associazioni, singoli cittadini e da un’agguerrita Soprintendenza.
A giugno albeggia davvero presto ma l’alzataccia è come sempre ripagata da spettacoli incredibili. Torniamo a Montebello di Tuscania , stavolta in versione estiva, per immortalare la più classica “alba etrusca”, un momento magico della giornata che forse qui meglio che in ogni altro luogo della Tuscia esprime l’anima di questo misterioso popolo antico. Il grano maturo riflette i raggi del caldo sole maremmano, creando una luce dorata magnifico che tutto avvolge di rosso e arancio, lasciandoci sbalorditi. Ecco qui di seguito una galleria che può solo lontanamente rendere l’idea della bellezza mozzafiato della Maremma Viterbese illuminata dal primo mattino: per capirla bisogna andarci di persona! Un grazie al caro amico Adrian Moss di Esplora la Tuscia per il supporto logistico ma soprattutto per la graditissima compagnia.
Il Fiume Marta, emissario del Lago di Bolsena, inizia il suo corso nell’omonimo borgo lacustre e, dopo alcune decine di chilometri nel cuore dell’Etruria Laziale, sfocia nel Tirreno. Forma una vallata di straordinaria bellezza che rappresenta uno dei paesaggi rurali storici più importanti della regione nonché una delle zone più caratteristiche della Maremma Viterbese.
Qui proponiamo una galleria fotografica della porzione centrale e più spettacolare della valle, quella compresa cioè fra Tuscania e Tarquinia e che ha il suo fulcro nel borgo rurale di Montebello (Tuscania): ritratto dal Cesetti e decantato nelle poesie del Cardarelli, si tratta di un paesaggio solenne e spesso antico, soprattutto laddove, verso sud, i grandi campi coltivati a cereali o lasciati al pascolo sfumano negli immensi e tuttora disabitati latifondi storici (oggi ricadenti nel Poligono militare di Monte Romano). Al gioiello “nascosto” dell’Abbazia di San Giusto (Tuscania) e ai ruderi etruschi e medievali si sommano le più recenti testimonianze insediative date dai casali sette-ottocenteschi e da quelli relativi alla bonifica e alla Riforma agraria. La campagna intorno alle località di Montebello, Carcarella e Lascocanale, dolce, solare e coltivata con cura, preannuncia quella della Bassa Toscana.
Le fotografie (d’archivio) che seguono sono state scattate nel periodo di massimo splendore della zona, che va da metà aprile a metà maggio quando il verde domina su tutto e regala sensazioni di grande serenità mentre il clima risulta praticamente perfetto. Più avanti inizierà il “miracolo” della rapida trasformazione del tenero grano verde in quello maturo che inonderà di color oro le ondulate colline della Media Valle del Marta.
A pochi chilometri da Civita di Bagnoregio – la famosa “città che muore”, che per fortuna non è morta più – si trova una località che nel corso dei secoli ha avuto gli stessi problemi di natura idrogeologica (terremoti, frane, smottamenti), ma che a differenza di quella risulta oggi poco sconosciuta al turismo. Immersa in uno dei più suggestivi paesaggi della Tuscia, al confine della Valle dei Calanchi vera e propria, nel cuore della Teverina Viterbese, Celleno Vecchia appare infatti come un borgo del tutto disabitato, almeno nella parte più antica, cioè quella posta al di sopra del ponte che la collega con il resto del paese storico (e quindi con quello moderno): quest’ultimo, situato più in basso, appare come un grazioso agglomerato (di fattura più recente) dalle variopinte facciate, ravvivato da un bar-trattoria (molto apprezzato dai visitatori per i suoi tavolini all’aperto).
Le origini di Celleno sono assai vetuste e potrebbero essere collocabili in un piccolo abitato etrusco del VII secolo a. C .. Per la sua posizione strategica tra le città di Ferento ed Orvieto, fu una florida colonia romana ma con la caduta dell’Impero questa stessa caratteristica ne fece la vittima delle scorribande barbariche. Il paese vide dunque il dominio dei Goti e dei Longobardi mentre più tardi fu conteso dal papa, dai Monaldeschi della Cervara, da Viterbo e da Orvieto per tornare definitivamente allo Stato della Chiesa.
Nel 1696, un devastante terremoto debilitò parecchio il paese e nel 1789 un eccidio avvenuto durante l’occupazione francese diminuì ulteriormente la popolazione. Nel 1855 una serie di scosse decretò il declino di Celleno Vecchia che andò sempre più spopolandosi: i suoi abitanti iniziarono ad edificare nuove case al di fuori della rupe, lungo la strada verso l’odierna provinciale Teverina. Infine nel Dopoguerra una scellerata ordinanza portò addirittura alla demolizione di una parte dell’antico borgo, che venne fatto saltare. La sua fine insomma sembrava ormai segnata.
Appena oltrepassata la porta del borgo medievale la sensazione di desolazione sembra prevalere sulla gaiezza del panorama goduto dal ponte, ovvero una dolce campagna che ripete gli elementi tipici di quella della vicinissima Umbria.
Si entra in un ambiente ibrido a livello edilizio però col denominatore comune della mancanza totale di presenza umana: da un lato alcune case ben restaurate seppur vuote, quale timido tentativo di recuperare il centro storico, dall’altro i numerosi ruderi. Tutto ciò ha donato a Celleno il lugubre ma affascinante appellativo di “borgo fantasma”.
Facendosi largo fra vicoli e mura smozzicate si giunge infine ad affacciarsi a sud-est, verso la Valle del Tevere. Qui cambia il panorama: invece delle ondulate colline emerge lo scenario inconfondibile delle forre etrusche rivestite di boschi che tagliano vasti altopiani coltivati. Al confine fra questi due “mondi” si staglia Roccalvecce come un gioiello immerso in un paesaggio di romantica bellezza che sembrerebbe uscito da un dipinto del Turner.
Sino a pochi anni fa la passeggiata a Celleno durava pochissimo, se la si effettuava con l’intento di vedere “dei monumenti”. In pratica, dopo uno sguardo fugace al Convento di San Giovanni (che ospita una “comunità” di famiglie) e la salita al borgo medievale non restava che fare due passi per ammirare il paesaggio.
Le cose sono radicalmente cambiate negli ultimi tempi grazie all’impegno congiunto dell’amministrazione comunale e di alcuni volontari. Anche se il Castello Orsini, nella piazza, è privato e purtroppo rimane non visitabile (era sede del laboratorio del pittore Enrico Castellani, recentemente scomparso), tuttavia la Chiesa di San Carlo è divenuta un piccolo museo ed alcune case sono state rese accessibili allestendo scene di vita quotidiana di un tempo e di mestieri perduti.
Sono segni di una possibile rinascita turistica ed urge un progetto omogeneo e “globale” di valorizzazione di Celleno Vecchia che ne aumenti l’attrattività e l’offerta. Celleno Vecchia dovrebbe ambire non ad imitare Civita (cosa del resto difficile e al contempo poco sensata) ma a costituirne una “sana” alternativa, cercando di attrarre un turismo meno spasmodicamente ansioso di fare “selfie” davanti a qualche icona turistica (la stessa Civita di Bagnoregio appunto, o il Duomo d’Orvieto o il Colosseo…) ma più attento alle peculiarità di un territorio unico nel suo genere, ricco di spunti letterari, pittorici e in generale artistici ancora da esplorare. Andrebbe altresì sfruttato il suo potenziale escursionistico, visto che Celleno si trova immersa in un territorio vario ed intatto: dalla splendida campagna a prati, ulivi e ciliegi alle misteriose gole vulcaniche colme di cascate (come quella magnifica dell’Infernaccio) e siti etruschi da scoprire. Per fortuna qualcosa si sta muovendo in tal senso con la segnatura da parte del CAI di Viterbo di un agevole percorso (sempre più frequentato) che collega Celleno, Roccalvecce e Sant’Angelo (“il paese delle fiabe”).
Intanto ecco che indugiando in tali pensieri il sole sta scomparendo alle nostre spalle illuminando il paesaggio con i bagliori del tramonto. Si cerca allora di immaginare la vita che fu tra queste poche pietre così colme di storia.
L’ultimo tintinnio della bottega ottocentesca di un fabbro prima di chiudere, il grido di un bimbo e il rimprovero della mamma, le risate di qualche anziano all’osteria. Ci ritroviamo avvolti dalla magica luce crepuscolare.
Di blu, azzurro e viola si colorano i monti e i colli umbro-laziali e gli odori dei tufi e delle piante divengono più forti.
Di fronte a tanta bellezza necessaria e ristoratrice, ci accorgiamo per l’ennesima volta di quanto siano preziosi, forse indispensabili, questi piccoli luoghi dimenticati.
APPUNTI DI VIAGGIO
Periodi migliori:
inizio aprile per la fioritura dei ciliegi e novembre-dicembre per i colori della campagna; ottimi momenti anche maggio, ottobre e dicembre; giugno per l’acquisto delle ciliegie ed eventuali manifestazioni a tema.
Strutture consigliate:
Roccalvecce – Residenza d’epoca Castello Costaguti
Agenzie immobiliari in zona:
Le Case Belle (Celleno)
link:
Commenti recenti