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La grotta nella forra del mistero

Una misteriosa grotta d’origine protostorica o etrusca (arricchita da un colombario, non visibile in foto) si apre a picco sulla Gola del Torrente Melona, profonda ed inaspettata spaccatura tra le dolci colline del Lago di Bolsena. Ci troviamo nei pressi della Via Francigena e questa gola, poco visibile dai pellegrini, si apre all’improvviso lasciando esterrefatti per la sua imponenza e per le sue tre alte cascate, che si attivano però soltanto dopo i periodi più piovosi dell’anno: quando è in secca, mantiene comunque uno straordinario interesse geologico. Risulta una forra ancora scarsamente conosciuta e visitata dagli escursionisti, e per questo possiamo ben dire che si tratta di un luogo “segreto” che aspetta soltanto di essere riscoperto.


“Paesaggi fantasma” d’Etruria: viaggio nella “zona sacrificata” per non dimenticare – parte 1

 Cosa sono i “paesaggi-fantasma”? Sono quei paesaggi che semplicemente non esistono più. “Morti” che riappaiono di tanto in tanto con brevi scorci e finestre visive che ci fanno rammentare come fossero quando erano “vivi”. A questo punto ci potreste chiedere: si tratta di foto molto vecchie dunque? No, nient’affatto. Gli scatti che presentiamo in questa serie di articoli sono stati realizzati fra il 2019 e il 2021, nel periodo della cosiddetta “seconda ondata” del “Green” nella Tuscia (la prima avvenne nel 2009-2011, esattamente 10 anni prima). Eppure da quel momento ad oggi tanto è già cambiato. Molti degli scorci che vedrete non esistono più o sono stati pesantemente deturpati, oppure stanno per esserlo, poiché quasi ogni mese si apre un cantiere nuovo. O, ancora, si tratta di ritagli vedutistici che sono stati circondati dallo sprawl energetico; Infatti oltre agli impianti in sé, grandissimo impatto hanno avuto anche i nuovi elettrodotti, le nuove strade, le nuove sottostazioni elettriche, in un caos visivo ed elettromagnetico il cui impatto sulla stessa salute (psico-fisica) umana ed animale non è stato preso minimamente in considerazione – così come l’impatto sulle dinamiche sociali ed economiche locali.
 Il nostro lavoro fotografico si è concentrato sulla cosiddetta “zona sacrificabile”, un territorio completamente inesplorato dal punto di vista turistico e fotografico, una fascia dolcemente collinare di origine vulcanica che digrada dai Monti Volsini occidentali (Lago di Bolsena) sino alle porte di Canino. Una campagna verde, solare e armoniosa, un inno alla vita che prende il cuore. “E perché sacrificabile?” – direte voi. E’ un’espressione polemica coniata da noi pochi resistenti, che abbiamo provato a sensibilizzare l’opinione pubblica, fra cui va citato in primis l’amico Adrian Moss, con il quale abbiamo realizzato questi reportage. Reportage che oggi appaiono come preziose testimonianze storico-documentarie di un paesaggio ormai deturpato o letteralmente cancellato – nel giro di pochissimi anni. Se in tutto il Viterbese si sono infatti moltiplicati in questi anni progetti energetici – spesso di imponenti dimensioni – senza alcuna valutazione del cumulo, in un’anarchia autorizzativa che non ha paragoni in Europa e che meriterebbe un’inchiesta, è proprio in questa zona che tale follia “green” si è particolarmente “scatenata”, per via di una serie di motivi tecnico-logistici, geomorfologici e socio-economici. E’ per questo che subito un’area così vasta e così integra ci è apparsa di fatto sacrificabile con grande disinvoltura da una popolazione silente e da istituzioni tutte allineate nell’avallarne la distruzione, senza che nessuno (tranne le opposizioni e le proposte di vincolo della Soprintendenza, la denuncia di Italia Nostra e gli allarmi lanciati dall’Ispra circa il consumo di suolo che si stava verificando) si preoccupasse di tutelarla. Eppure si trattava di un territorio di straordinario valore agricolo (dalle foto vedrete che si tratta di terreni assolutamente produttivi) ma anche estetico e culturale, pertanto dal grande potenziale turistico: fino al 2009 – fatidico anno d’inizio dell’aggressione “green” – questo era un vero e proprio “paradiso rurale” che avrebbe fatto la felicità di investitori italiani e stranieri, con casali e case nei centri storici che oggi avrebbero goduto di una notevole rivalutazione immobiliare. E invece assistiamo ad un danno patrimoniale diffuso di milioni di euro che mai nessuno risarcirà. Nulla infatti è stato rispettato: dalle distanze da abitazioni, siti archeologici, costruzioni storiche, sic e zps, alla dignità di una terra e della sua gente.
 Senza voler approfondire il mare di menzogne pseudoscientifiche che si cela dietro a chi ha promosso, autorizzato e giustificato questo scempio a tutti i livelli, e al di là del falso ambientalismo salottiero e ideologico (se non colluso) incarnato da alcune grandi associazioni “verdi” (italiane e internazionali) con i loro dati astratti e non veritieri e con le loro statistiche e proiezioni catastrofistiche tutte da dimostrare (anzi, finora sempre dimostratesi, nel corso degli anni, fallaci e ridicole), ci è sembrato doveroso mostrare concretamente cosa stiamo perdendo o abbiamo già perduto nel più assordante silenzio generale, compreso quello del mondo dell’escursionismo (mostratosi timoroso o quanto meno superficiale di fronte a codesto massiccio attacco) e di quello intellettuale (o presunto tale). Altrimenti il senso di responsabilità nell’aver accettato tutto ciò, tacitamente o perfino plaudendo, non verrà mai stimolato, se mai possa essere stimolato in molte menti ormai completamente “lavate” dalla propaganda “green”. Insomma: avete applaudito o taciuto di fronte a questo “sviluppo green” ideale e astratto che però andava a stravolgere territori concreti e le vite reali di numerose persone? Ebbene, almeno sappiate cosa avete contribuito a distruggere, in modo tale che un domani quando non ci sarà più nulla e tutti si chiederanno esterrefatti “ma come è stato possibile?”, voi non potrete dire: “io non sapevo”. Se non lo sapevate eravate ignoranti: di un’ignoranza nera, quella di chi non conosce minimamente il proprio territorio. Se invece lo sapevate, siete stati di fatto complici. Tertium non datur. Di fronte a tale abominio il silenzio non ha scusanti. Del resto si trattava di un patrimonio collettivo irriproducibile – formalmente tutelato dalla Costituzione all’art. 9: un “bene comune” sacrificato – appunto – a vantaggio di pochissimi arroganti speculatori.
 Procedendo da nord verso sud in questo nostro anomalo (e struggente, per gli animi sensibili) itinerario, in questa prima “puntata” apriremo una panoramica sul territorio fra la Strada Piansanese (che collega Piansano e Tuscania) e la Strada Trinità (grosso modo tra Marta e Tuscania): paesaggi antichi e di sommo valore identitario per il Lazio, basati sulla rotazione colturale (pascolo, cereali, ortaggi foraggio, incolti – seminativi e coltivazioni arboree), segnano questa zona, che si era perfettamente conservata sino a pochi anni fa e in parte lo è ancora, nonostante l’ingombrante presenza, sull’orizzonte, di numerose pale eoliche e, sparsi, qua e là di alcuni mega impianti fotovoltaici. Siepi, casali in pietra, querce camporili, muretti a secco e fontanili, compongono i dettagli che rendono questa zona tuttora, a tratti, incantevole. Buona visione… – VAI ALLA PARTE 2.

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I vigneti dell’Est! Est!! Est!!! e le terre di Montefiascone

Ammirando dall’alto la splendida Valle Perlata di Montefiascone viene subito alla mente la curiosa leggenda di Defuk e del vino Est! Est!! Est!!!, simbolo della tradizione rurale di questa cittadina affacciata sul Lago di Bolsena. Inutile dire che i colori dell’autunno esaltano la bellezza di questo paesaggio dall’alto valore culturale.


Capodimonte e la Rocca Farnese

Uno scorcio del delizioso borgo medievale-rinascimentale di Capodimonte, affacciato sul Lago di Bolsena.


Capodimonte al tramonto

Una sfumata veduta al tramonto di Capodimonte, pittoresco borgo farnesiano intriso di leggende e curiosità.


La prigione di Amalasunta

Secondo la storia – che si confonde con la leggenda – la regina degli Ostrogoti Amalasunta, figlia del re Teodorico, venne rinchiusa in questa lugubre rocca dal cugino Teodato (con cui era stata costretta a sposarsi) e quivi poi uccisa dai sicari dello stesso (sempre secondo la tradizione) il 30 aprile del 535. Oggi appare assai suggestivo il contrasto fra la serenità emanata dalla bellezza naturalistica dell’Isola Martana e le sue oscure memorie. Per saperne di più sui misteri del Lago di Bolsena cfr. “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1”.


La rocca e la cupola

Uno scenario di grande fascino storico: la Rocca Monaldeschi della Cervara a Bolsena con lo sfondo della cupola di Santa Margherita di Montefiascone. In mezzo, un paesaggio ubertoso di boschi, vigne e uliveti attraversato dalla Via Francigena.


Isola Bisentina: la Porta di Agarthi

Un’antica leggenda narra dell’Isola Bisentina come la “porta” del misterioso mondo sotterraneo di Agarthi. Al di là di queste storie, con le sue numerose chiese la Bisentina resta un luogo “sacro”, enigmatico. Oggi i monumenti dell’isola sono in via di restauro (a cura di una fondazione lombarda) ed essa è stata già aperta al pubblico.


L’Orco di San Lorenzo Vecchio

Situato a poca di stanza dalle rive del Lago di Bolsena, in una solitaria valletta, San Lorenzo Vecchio è uno dei siti archeologici meno conosciuti eppure più affascinanti della Tuscia. Di origine etrusca e poi divenuto municipium romano, il borgo – un tempo noto come San Lorenzo alle Grotte – nell’Alto Medioevo subì le scorrerie barbariche finendo assoggettato ai Longobardi e conservando a lungo, nei documenti storici, il toponimo di Castrum San Laurentii. Venne abbandonato nel Settecento per una grave epidemia di malaria e le sue pietre furono utilizzate per la costruzione di San Lorenzo Nuovo. In questo luogo si respira un’atmosfera cupa, malinconica mentre le grotte, così diverse (tombe, colombari, cantine, ecc…) e spesso bizzarre, ricche di oscuri cunicoli, danno un tocco di “inquietudine”. Uno degli scorci più suggestivi è quello in foto dove una caverna, scavata con una teoria di archi, conduce al cospetto di una specie di “Orco”, con lo sguardo feroce quanto disperato, che sfuma la sua espressione a seconda della posizione da cui lo si guardi. A molti istintivamente ricorda l’Orco del Parco dei Mostri di Bomarzo, ma, a differenza di quest’ultimo, non sappiamo la datazione, la fattura e la funzione di questa “scultura”. Purtroppo il sito archeologico – oltre ad essere inserito in una proprietà privata – risulta attualmente nel più completo abbandono per via della vegetazione infestante che ne rende la visita assai complicata (se non pericolosa). E possibile però ammirare alcune cavità dalla recinzione, zoomando – se dotati di buona fotocamera – al suo interno. Per associare questo sito ad itinerari più ampi: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1 “.


San Pancrazio e le streghe

La bella chiesa romanica di San Pancrazio in località Le Coste a Montefiascone. L’edificio è di incerta fondazione: il primo documento in cui è citata risale al IX secolo ma la sua costruzione appare databile al XII secolo. La leggenda vuole sia ubicata in una zona frequentata dalle streghe nel Medioevo che qui si incontravano con il Diavolo, il quale – stando ai racconti popolari tramandati nel tempo – si presentava vestito come un demone etrusco. San Pancrazio però sapeva ogni volta annullare gli incantesimi diabolici delle fattucchiere. Di certo si tratta di un luogo di notevole suggestione (soprattutto al tramonto, con una piacevole vista sul Lago di Bolsena), ove tutto sembra parlare di antiche memorie.


Il lago, la rocca e… lo spettro

La Rocca Monaldeschi della Cervara a Bolsena – vista dall’alto, dal belvedere della Via Orvietana – contrasta con lo sfondo azzurro del Lago Volsinio. Il fortilizio è sede di un ottimo museo archeologico e di un acquario e domina il borgo “alto”, quello più antico. Una leggenda popolare narra che vi si aggirerebbe lo “spirito” di un personaggio ucciso in modo violento durante le ribellioni e le repressioni che caratterizzarono la storia medievale di Bolsena. Sembra che diverse testimonianze riferiscano di episodi “paranormali” o di strane sensazioni provate all’interno dell’edificio. Per sapere di più delle curiosità e la storia di Bolsena: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1”.


“La Strage degli Innocenti” a Montefiascone

Un particolare toccante dell’affresco, probabilmente trecentesco, che ritrae la Strage degli Innocenti, nella romanica Chiesa di San Flaviano a Montefiascone: situata proprio sulla Francigena, si tratta di un monumento che incanta per la bellezza – ancora poco conosciuta – dei suoi cicli pittorici. Un’immagine che nel suo significato risulta sempre attuale, poiché oggi come in passato il Potere non si fa certo scrupoli di trucidare innocenti per raggiungere i propri scopi.


Il Cimitero del Commonwealth presso Montefiascone

Lo struggente e malinconico Cimitero del Commonwealth, lungo la Cassia, fra Bolsena e Montefiascone. Vi riposano oltre 600 salme di soldati alleati caduti durante gli scontro con l’esercito tedesco nel 1944. Situato su una magnifica collina in vista del lago, si tratta davvero di un luogo da visitare “in punta di piedi”, che invita alla riflessione: fuori dalla banale retorica istituzionale dei “caduti per la Patria”, noi preferiamo ricordare queste anime come vittime di immani menzogne (o di brutali coercizioni), le stesse che il Potere sistematicamente e periodicamente impone ai popoli allo scopo di attuare i propri piani.


Alba sul Lago di Bolsena

Il versante di Gradoli è uno dei più belli e tuttavia meno conosciuti del Lago di Bolsena. Non offre i tramonti di Bolsena o Montefiascone ma in compenso regala delle albe commoventi.


La Spiaggia dell’Acetosa

Poco conosciuta dal turismo ma cara ai locali, la Spiaggia dell’Acetosa è una delle più belle del Lago di Bolsena. Ben curata dal Comune di Gradoli, sorprende per i suoi particolari scorci paesaggistici, per la purezza dell’acqua e per la ricchezza avifaunistica.


Sfumature d’autunno nella Tenuta del Marchese del Grillo

Chi segue questo blog conosce la nostra passione per i “paesaggi segreti”, quei territori – spesso di straordinaria bellezza – che tuttavia sono completamente sconosciuti al turismo e non raramente agli stessi abitanti locali. Si tratta a volte di “luoghi di frontiera”, ai margini amministrativi della regione: è il caso delle colline bolsenesi al confine con i Comuni di Orvieto e Castel Giorgio, e dunque con l’Umbria. Una zona – quella dei Monti Volsini – tuttavia assolutamente omogenea e per secoli unita nel circondario di Roma, all’interno dello Stato Pontificio. Qui troviamo, tuttora intatta, l’antica Tenuta del Marchese del Grillo. Avete sentito bene! Proprio il marchese reso celebre dall’indimenticabile interpretazione dell’immenso Alberto Sordi nell’omonimo film, sebbene non sappiamo con certezza se il personaggio sia esistito davvero e se abbia mai frequentato questi luoghi. Una passeggiata sulle facili sterrate che collegano vecchie cascine e attraversano gli ampi e ondulati terreni dell’azienda (circa 140 ettari) equivale ad immergersi in un “micromondo” che sembra davvero poco mutato rispetto ai “quadri” ottocenteschi. Al termine di un viale di betulle e di querce si giunge ad un tavolino con panche in pietra che dona una vista mozzafiato sul Lago di Bolsena e sull’omonimo paese. Si può partire grosso modo dallo storico Casale Rossini, facilmente raggiungibile dalla strada che collega Orvieto a Bolsena (indicazioni poco visibili sulla destra, all’altezza del cartello che indica confine amministrativo) Ecco qui una lunga carrellata di immagini scattate fra ottobre e novembre in questa zona, che ne ritraggono la bellezza, senza dubbio arricchita dal panorama magnifico del lago e del suo verde contorno di boschi e coltivi, con lo sfondo iconico della sagoma inconfondibile di Montefiascone.


Bolsena-Scorcio dalla Rocca Monaldeschi della Cervara

Uno scorcio dalla Rocca Monaldeschi della Cervara a Bolsena con la neoromanica Chiesa di San Salvatore, costruita nei primi del Novecento dall’architetto Luigi Codini, autore, fra le altre cose, della splendida Villa Aliotti a Roma.


La fiaba di Capodimonte

Il titolo non è riferito all’immagine in sé bensì alla famosa fiaba che pare sia stata ispirata proprio dagli incredibili personaggi vissuti nel XVI secolo nella Rocca Farnese: per saperne di più “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.


Nel Quartiere Castello a Bolsena

Il Quartiere Castello è il più antico di Bolsena e il più apprezzato dai turisti, soprattutto stranieri, per la tranquillità e le atmosfere medievali.


Vista sul lago dalle colline bolsenesi

Un’improvvisa, magnifica finestra sul Lago Volsino dall’antico sentiero fra Castel Giorgio e Bolsena: una “sinfonia” di campi, boschi e acqua che lascia stupiti per la sua perfezione.