La misteriosa Pietra dell’Anello si impone alla vista dalle brume del fondovalle: siamo nel cuore della Teverina, dove, fra borghi e paesaggi senza tempo, la realtà sembra sfumare nella fantasia. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.
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L’alba di un nuovo anno
Eh già, stavolta il nuovo anno si presenta ricoperto da una spessa coltre nebbiosa, per i dubbi e i timori che – per un motivo o per un altro – incute nei nostri animi. In ogni caso, auguriamo a tutti i nostri cari lettori un meraviglioso 2021, coscienziosi del fatto che ciò che accadrà sarà anche frutto delle nostre scelte e delle “energie” che sapremo attivare. Qui nella foto siamo sull’Altopiano dell’Alfina, nel Comune di Acquapendente, alle prime luci dell’alba.
Il Castello delle Rocchette

Nei pressi di Bagnoregio, il Castello delle Rocchette (XV sec.) emerge come una romantica dimora “da fiaba” nel folto dei boschi della Teverina.
Verso il tramonto, nella Tenuta del Marchese del Grillo
Un magnifico paesaggio crepuscolare autunnale nell’antica Tenuta del Marchese del Grillo, sui Monti Volsini: si trova a poca distanza da Bolsena, in località Piazzano, e lascia immergere il visitatore in un’atmosfera sospesa, quasi “ottocentesca”.
Cellere-Chiesa di Sant’Egidio
Una vera “chicca” della Maremma Viterbese: la Chiesa di Sant’Egidio a Cellere, suggestiva per la sua raffinata architettura e per la posizione solitaria in una valletta ai piedi del borgo. L’opera fu realizzata nel 1512-1520 su iniziativa del cardinale Alessandro Farnese, che la commissionò a Sangallo il Giovane. L’interno, a croce greca, custodisce pregevoli affreschi cinquecenteschi.
Fra i vigneti della Teverina

Le splendide vigne della Teverina nei pressi di Castiglione in Teverina (in direzione di Lubriano), foriere di ottimi bianchi come il Grechetto e l’Orvieto. Questi sono gli ultimi giorni per fotografare questi magnifici colori prima della completa caduta delle foglie e delle prime potature!
Sui Colli Volsini
La classica, magnifica campagna laziale sulle colline volsinie, nei pressi della loc. Capraccia di Bagnoregio…
Nel Quartiere Castello a Bolsena

Il Quartiere Castello è il più antico di Bolsena e il più apprezzato dai turisti, soprattutto stranieri, per la tranquillità e le atmosfere medievali.
Paesaggio etrusco nell’Alta Valle del Marta

Un’inconsueta luce fredda, quasi fiamminga, nell’inconfondibile, misterioso paesaggio etrusco in un crepuscolo di fine settembre. Siamo nell’Alta Valle del Marta, a nord di Tuscania e a pochi passi dall’omonima riserva naturale, in una zona purtroppo sconosciuta e negletta anche agli escursionisti e ai fotografi laziali oltre che ai turisti.
Campagna orvietana presso Canale

L’eleganza formale della campagna della Tuscia Orvietana a pochissimi chilometri dal confine regionale, sulla stupenda strada per Lubriano. Più o meno in questa zona transita la Via Romea-Germanica, antica strada di pellegrinaggio oggi ripresa con un interessante Cammino che costituisce una variante orientale della Via Francigena.
Vista sul lago dalle colline bolsenesi

Cascata del Fosso della Caduta presso Acquapendente
Lo spettacolo selvaggio della Cascata del Fosso della Caduta, non lontana da Torre Alfina e dal Museo del Fiore.
Capriolo sui Monti Volsini
Un capriolo corre libero nell’incontaminata campagna dei Monti Volsini, sulle colline di Bolsena, lungo l’antica via per Orvieto.
Lago di Mezzano
L’idilliaco Lago di Mezzano, posto in un’appartata conca vulcanica del versante occidentale dei Monti Volsini, a poca distanza dal Lago di Bolsena: è un “microcosmo” incontaminato, che in primavera si veste di mille fioriture che spuntano dal verde smeraldino dei pascoli e dei campi di grano, mentre candide greggi e vecchi casali completano il quadro di uno degli angoli più affascinanti del Lazio, toccato fra l’altro dal Cammino dei Briganti.
Lago di Bolsena sotto un cielo plumbeo di maggio
La bellezza del Lago di Bolsena e dell’omonimo borgo sotto un cielo plumbeo del piovoso maggio del 2019.
Celleno Vecchia, l’altra Civita
A pochi chilometri da Civita di Bagnoregio – la famosa “città che muore”, che per fortuna non è morta più – si trova una località che nel corso dei secoli ha avuto gli stessi problemi di natura idrogeologica (terremoti, frane, smottamenti), ma che a differenza di quella risulta oggi poco sconosciuta al turismo. Immersa in uno dei più suggestivi paesaggi della Tuscia, al confine della Valle dei Calanchi vera e propria, nel cuore della Teverina Viterbese, Celleno Vecchia appare infatti come un borgo del tutto disabitato, almeno nella parte più antica, cioè quella posta al di sopra del ponte che la collega con il resto del paese storico (e quindi con quello moderno): quest’ultimo, situato più in basso, appare come un grazioso agglomerato (di fattura più recente) dalle variopinte facciate, ravvivato da un bar-trattoria (molto apprezzato dai visitatori per i suoi tavolini all’aperto).

Le origini di Celleno sono assai vetuste e potrebbero essere collocabili in un piccolo abitato etrusco del VII secolo a. C .. Per la sua posizione strategica tra le città di Ferento ed Orvieto, fu una florida colonia romana ma con la caduta dell’Impero questa stessa caratteristica ne fece la vittima delle scorribande barbariche. Il paese vide dunque il dominio dei Goti e dei Longobardi mentre più tardi fu conteso dal papa, dai Monaldeschi della Cervara, da Viterbo e da Orvieto per tornare definitivamente allo Stato della Chiesa.

Nel 1696, un devastante terremoto debilitò parecchio il paese e nel 1789 un eccidio avvenuto durante l’occupazione francese diminuì ulteriormente la popolazione. Nel 1855 una serie di scosse decretò il declino di Celleno Vecchia che andò sempre più spopolandosi: i suoi abitanti iniziarono ad edificare nuove case al di fuori della rupe, lungo la strada verso l’odierna provinciale Teverina. Infine nel Dopoguerra una scellerata ordinanza portò addirittura alla demolizione di una parte dell’antico borgo, che venne fatto saltare. La sua fine insomma sembrava ormai segnata.

Appena oltrepassata la porta del borgo medievale la sensazione di desolazione sembra prevalere sulla gaiezza del panorama goduto dal ponte, ovvero una dolce campagna che ripete gli elementi tipici di quella della vicinissima Umbria.

Si entra in un ambiente ibrido a livello edilizio però col denominatore comune della mancanza totale di presenza umana: da un lato alcune case ben restaurate seppur vuote, quale timido tentativo di recuperare il centro storico, dall’altro i numerosi ruderi. Tutto ciò ha donato a Celleno il lugubre ma affascinante appellativo di “borgo fantasma”.




Facendosi largo fra vicoli e mura smozzicate si giunge infine ad affacciarsi a sud-est, verso la Valle del Tevere. Qui cambia il panorama: invece delle ondulate colline emerge lo scenario inconfondibile delle forre etrusche rivestite di boschi che tagliano vasti altopiani coltivati. Al confine fra questi due “mondi” si staglia Roccalvecce come un gioiello immerso in un paesaggio di romantica bellezza che sembrerebbe uscito da un dipinto del Turner.

Sino a pochi anni fa la passeggiata a Celleno durava pochissimo, se la si effettuava con l’intento di vedere “dei monumenti”. In pratica, dopo uno sguardo fugace al Convento di San Giovanni (che ospita una “comunità” di famiglie) e la salita al borgo medievale non restava che fare due passi per ammirare il paesaggio.


Le cose sono radicalmente cambiate negli ultimi tempi grazie all’impegno congiunto dell’amministrazione comunale e di alcuni volontari. Anche se il Castello Orsini, nella piazza, è privato e purtroppo rimane non visitabile (era sede del laboratorio del pittore Enrico Castellani, recentemente scomparso), tuttavia la Chiesa di San Carlo è divenuta un piccolo museo ed alcune case sono state rese accessibili allestendo scene di vita quotidiana di un tempo e di mestieri perduti.

Sono segni di una possibile rinascita turistica ed urge un progetto omogeneo e “globale” di valorizzazione di Celleno Vecchia che ne aumenti l’attrattività e l’offerta. Celleno Vecchia dovrebbe ambire non ad imitare Civita (cosa del resto difficile e al contempo poco sensata) ma a costituirne una “sana” alternativa, cercando di attrarre un turismo meno spasmodicamente ansioso di fare “selfie” davanti a qualche icona turistica (la stessa Civita di Bagnoregio appunto, o il Duomo d’Orvieto o il Colosseo…) ma più attento alle peculiarità di un territorio unico nel suo genere, ricco di spunti letterari, pittorici e in generale artistici ancora da esplorare. Andrebbe altresì sfruttato il suo potenziale escursionistico, visto che Celleno si trova immersa in un territorio vario ed intatto: dalla splendida campagna a prati, ulivi e ciliegi alle misteriose gole vulcaniche colme di cascate (come quella magnifica dell’Infernaccio) e siti etruschi da scoprire. Per fortuna qualcosa si sta muovendo in tal senso con la segnatura da parte del CAI di Viterbo di un agevole percorso (sempre più frequentato) che collega Celleno, Roccalvecce e Sant’Angelo (“il paese delle fiabe”).



Intanto ecco che indugiando in tali pensieri il sole sta scomparendo alle nostre spalle illuminando il paesaggio con i bagliori del tramonto. Si cerca allora di immaginare la vita che fu tra queste poche pietre così colme di storia.

L’ultimo tintinnio della bottega ottocentesca di un fabbro prima di chiudere, il grido di un bimbo e il rimprovero della mamma, le risate di qualche anziano all’osteria. Ci ritroviamo avvolti dalla magica luce crepuscolare.

Di blu, azzurro e viola si colorano i monti e i colli umbro-laziali e gli odori dei tufi e delle piante divengono più forti.

Di fronte a tanta bellezza necessaria e ristoratrice, ci accorgiamo per l’ennesima volta di quanto siano preziosi, forse indispensabili, questi piccoli luoghi dimenticati.
APPUNTI DI VIAGGIO
Periodi migliori:
inizio aprile per la fioritura dei ciliegi e novembre-dicembre per i colori della campagna; ottimi momenti anche maggio, ottobre e dicembre; giugno per l’acquisto delle ciliegie ed eventuali manifestazioni a tema.
Strutture consigliate:
Roccalvecce – Residenza d’epoca Castello Costaguti
Agenzie immobiliari in zona:
Le Case Belle (Celleno)
link:
Visione sublime del Lago di Bolsena

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