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La prigione di Amalasunta

Secondo la storia – che si confonde con la leggenda – la regina degli Ostrogoti Amalasunta, figlia del re Teodorico, venne rinchiusa in questa lugubre rocca dal cugino Teodato (con cui era stata costretta a sposarsi) e quivi poi uccisa dai sicari dello stesso (sempre secondo la tradizione) il 30 aprile del 535. Oggi appare assai suggestivo il contrasto fra la serenità emanata dalla bellezza naturalistica dell’Isola Martana e le sue oscure memorie. Per saperne di più sui misteri del Lago di Bolsena cfr. “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1”.


La Grotta dei Templari

L’impressionante e misteriosa Grotta di Selvascura, presso Bassiano, è da alcuni studiosi ritenuta come legata alla presenza di un ultimo nucleo di Cavalieri del Tempio, che qui avrebbero trovato rifugio nell’epoca delle persecuzioni contro l’ordine, nei primi decenni del Trecento: per saperne di più cfr. “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 2”.


Croci sulle porte nel Cicolano

Nel Cicolano (qui siamo a Petrella Salto) si trovano spesso delle croci inchiodate (o dipinte) sui vecchi portoni delle case, oggi in gran parte abbandonate. Questa usanza è tipica delle comunità montane più chiuse e si ritrova anche nelle valli alpine. Pare “servisse” per tenere lontani gli spiriti maligni, in epoche in cui la vita di montagna era oltre modo dura e la religiosità fortissima, mentre le superstizioni concorrevano a dare un senso di “protezione” agli abitanti. Alcuni studiosi di etnografia ritengono che tali croci venissero apposte nei periodi di pestilenze, ad indicare il capezzale di famiglie malate, in modo da invocare la pietà divina oppure, al contrario, per “scacciare” il morbo. In ogni caso, appare assai interessante il fatto che tale consuetudine si sia conservata fino a tempi piuttosto recenti. Per maggiori informazioni circa leggende, segreti e misteri della Valle del Salto: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1”.


La torre di San Donato

La torre di San Donato Val di Comino si erge all’apice dell’abitato – antico castrum longobardo – dominandone i tetti e il paesaggio circostante. Fu costruita ai primi del Duecento dai Conti d’Aquino, signori di queste terre, come struttura di avvistamento: vi si accedeva tramite un’apertura in alto, raggiungibile con una scala. Una leggenda medievale riporta che sotto di essa si aprisse un cunicolo sorvegliato da un drago… Per saperne di più di luoghi e leggende della Val di Comino: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 2”.


Triplice Cinta a Villa Santo Stefano

Una “triplice cinta” campeggia su un gradino nel borgo di Villa Santo Stefano: un segno che accomuna questi paesino ai tanti centri ciociari che vedono la presenza massiccia di tale misterioso simbolo (per saperne di più cfr. “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 2”).


Il pescatore sul lago al crepuscolo

Un poetico crepuscolo sul Lago di Bolsena, con un pescatore impegnato nel suo lavoro mentre sullo sfondo si adagia sulla sua penisola il borgo di Capodimonte, illuminato dalle ultime, timide luci di una calda giornata estiva. Svetta la Rocca Farnese, depositaria di molte leggende, fra cui quella – in realtà suffragata da testimonianze storiche – che diede spunto all’ideazione alla famosissima fiaba de “La Bella e la Bestia”… Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 1”.


Simboli stregoneschi a Sermoneta?

Nella stretta viuzza a saliscendi che dal belvedere di Sermoneta conduce alla Chiesa di San Michele Arcangelo – con i suoi simboli templari – ad un certo punto appare, su un gradino, il simbolo della “Stella a Cinque Punte” (o “Pentacolo”), di oscura origine e da sempre collegato all’occultismo. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 2”.


La volta di Santa Maria dell’Assunta ad Amaseno

La volta affrescata della Chiesa di Santa Maria dell’Assunta ad Amaseno, del XII secolo. Si tratta di una delle chiese più belle del Lazio meridionale, ove nitido risulta lo stile gotico-cistercense. Nella struttura alcuni elementi misteriosofici richiamano la presenza dei Cavalieri del Tempio, i quali com’è noto furono assai attivi nel Basso Lazio. Inoltre l’edificio sacro è noto per il “miracolo del sangue” di San Lorenzo, che si scioglie ogni 10 agosto in occasione della ricorrenza del Santo. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.


Monte Terminillo-Pareti nord

Mti Reatini-Mte Terminillo, pareti nord 1 RCRLB

Uno scorcio dell’imponente bastionata calcarea che compone le pareti del versante nord del Terminillo. Un aspetto fortemente alpestre, che rende la “montagna di Roma” elegante e solenne laddove ammirata dalla Vallonina, salendo da Leonessa. Ma il Terminillo è anche luogo di leggende e misteri fin dai tempi più remoti: una delle più curiose è quella della “spada nella roccia”, in loc. Cinque Confini, che richiama la presenza dei Templari in questo territorio.


Bolsena-Collegiata di Santa Cristina

Bolsena-Collegiata di S. Cristina, facciata 5 RCRLB.JPG

L’elegante facciata rinascimentale della Collegiata di Santa Cristina a Bolsena. La chiesa, situata lungo la Via Francigena, custodisce le memorie dei “miracoli” legati alla figura di Santa, da cui scaturì nel 1264 la festa del Corpus Domini. Per saperne di più: “Lazio: i luoghi del mistero e dell’insolito”.


Castello di Vicalvi, scorcio interno

Vicalvi-Castello Longobardo, accesso al nucleo centrale RCRLB.JPG

Le tetre rovine del misterioso Castello di Vicalvi sorvegliano il Lago di Posta Fibreno e l’accesso alla Val di Comino, stupenda plaga che in primavera si veste di mille colori. Di origini longobarde, il poderoso maniero è visitabile purtroppo solo sporadicamente ma per chi abbia la fortuna di entrarvi resta un ricorso indelebile. Per maggiori informazioni: “I castelli perduti del Lazio… e i loro segreti”


Cineto Romano e il “Pozzo senza fondo”

Pochi sanno che a Cineto Romano, piccolo borgo in Provincia di Roma, immerso nei boschi e contornato da verdi vallate e monti ameni al confine con l’Abruzzo, si trova un’attrattiva “turistica” del tutto singolare. Si tratta di un pozzo profondo oltre mezzo chilometro (!), e con un diametro di meno di tre metri, occupato solo negli ultimi 6 metri da uno specchio d’acqua freddissima. Affacciandosi all’orlo dell’abisso, si prova la terribile emozione di non vedere il fondo, ma solo una tetra oscurità. Noto come “Pozzo delle Morge” (o “Pozzo senza fondo”), costituisce lo scavo più profondo esistente in Italia: al confronto, il famoso cinquecentesco Pozzo di San Patrizio ad Orvieto, con i suoi 62 metri di profondità, appare assai modesto. Sui motivi e sulle tecniche della sua realizzazione non è mai stata fatta chiarezza. Si pensa che questa terrificante cavità sia stata creata dai Romani per contrastare i terremoti, secondo una credenza diffusa tra gli scienziati antichi (tra cui Plinio il Vecchio), e del resto ci troviamo in una zona altamente sismica degli Appennini. Alcuni studiosi sostengono, invece, che il pozzo fosse usato come pena capitale per delitti di particolare gravità, sebbene non abbiamo prove a riguardo. Ad ogni modo, la straordinaria opera è oggi vista come uno dei più alti esempi della ben note capacità ingegneristiche romane.

Cineto Romano-Pozzo delle Morge RCRDC.jpg

Ma ben più fosca è stata, nel corso dei secoli, la reputazione di questo spaventevole baratro. Nel Medioevo si credeva, ad esempio, che il pozzo giungesse fino al centro della terra e fosse covo di mostruosi animali. Nello stesso tempo però, accanto a tali fantasie popolari, alcuni iniziarono a considerare l’origine del pozzo di Cineto da un punto di vista addirittura esoterico (per saperne di più cfr. “Lazio, i luoghi del mistero e dell’insolito). Di certo il Pozzo di Cineto rimane un sito che meriterebbe approfondimenti maggiori in campo accademico.


Sator di Trisulti

Certosa di Trisulti-Farmacia, Sator RCRLB
L’enigmatico “Sator” di Filippo Balbi presente nella farmacia della Certosa di Trisulti, luogo pregno di magia e mistero (per saperne di più: “Lazio, i luoghi del mistero e dell’insolito”). Ci troviamo presso Collepardo, borgo ciociaro situato nel cuore dei Monti Ernici, in una delle zone più affascinanti del Lazio dal punto di vista storico, culturale e paesaggistico.


Il Castello Longobardo di Vicalvi fra storia e mistero

Il possente Castello di Vicalvi si erge a circa 600 m. s. l. m. sulla sommità dell’omonimo paese della Bassa Ciociaria, alle cui spalle, come fosse l’ennesimo argine difensivo, si alzano i primi contrafforti degli Appennini.

Vicalvi-Castello, panorama 1 RCRLB

Vicalvi-Casali abbandonati ai piedi del borgo RCRLB

Situato su di un colle tra la Valle del Fibreno e la Val di Comino, prossimo ai confini con l’Abruzzo, rappresenta nel Lazio uno dei maggiori esempi di “incastellamento” nei secoli poi inglobato in un tessuto urbano (il “borgo”).

Vicalvi-Castello, Scorcio dalla prima cinta muraria RCRLB

Il fortilizio è munito di ben tre cinte murarie, intervallate da torri, mentre sul piano superiore si aprono numerose bifore, in parte murate. Venne fondato nell’Alto Medioevo a protezione della Val di Comino e, anche se le informazioni pervenuteci sono frammentarie, si suppone che abbia origini longobarde.

Vicalvi-Castello, scorcio dalla seconda cinta muraria 2 RCRLB

Le prime testimonianze risalgono infatti all’VIII secolo, periodo in cui era all’apice il dominio dei Longobardi nella nostra penisola. Nel secolo successivo, prima di diventare un possedimento del Monastero di Montecassino – che vide via via aumentare le proprie prerogative su quei territori, e quindi ridurli a vere e proprie dipendenze – Vicalvi subì le incursioni ed i saccheggi delle orde saracene prima e degli Ungari dopo.

Vicalvi-Castello, accesso al nucelo centrale 2 RCRLB

Nel Cinquecento, a causa della scoperta e dell’utilizzo della polvere da sparo, il castello fu giudicato troppo vulnerabile, e così si decise di fasciare la parte inferiore della cortina e dei torrioni con una scarpa, mentre una torre circolare fu addossata all’attuale rampa che conduce all’ingresso, probabilmente fungendo da pilone per un ponte levatoio ormai scomparso.

Vicalvi-Castello, arco d'accesso alla piazza d'armi 1 RCRLB

Vicalvi-Castello, bifora 3 RCRLB

Vicalvi-Castello, edificio interno principale 2 RCRLB

Durante il secondo conflitto mondiale, poiché non distante dalla Linea Gustav, le truppe tedesche decisero di trasformare il complesso difensivo in un ospedale da campo. Un triste periodo questo che ha lasciato una testimonianza indelebile sulle sue mura: una grande croce rossa, divenuta ormai il simbolo distintivo del castello.

Vicalvi-Castello, veduta con croce RCRLB

Vicalvi-Castello, affresco della cappella RCRLB

Luogo dal fascino lugubre e decadente, il castello di Vicalvi è avvolto da una leggenda un tempo molto nota agli abitanti locali ma ora destinata a cadere man mano nell’oblio. Si narra di una dama, Aleandra Maddaloni, che sarebbe qui vissuta nel XVIII secolo dedicandosi alla lussuria più spregiudicata: era solita, durante le lunghe assenze dello sposo, sedurre i giovani più belli del paese, facendoli poi uccidere da un suo fidato servo.

Vicalvi-Castello, particolari RCRLB

Scoperta infine dal coniuge, questi, furioso, la avrebbe fatta murare viva in una delle torri. Si dice che il suo fantasma vaghi ancora, al tramonto, fra i ruderi del maniero in cerca di nuovi amanti…

Vicalvi-Tramonto verso Posta Fibreno RCRLB

Si può effettuare una visita libera telefonando preventivamente al Comune di Vicalvi e richiedendo l’apertura del monumento. Per maggiori informazioni sulla storia del castello si faccia riferimento al nostro libro “I castelli perduti del Lazio e i loro segreti”.


Castello di Borghetto (o di Andosilla)

Veduta del Castello di Borghetto

Una veduta del Castello di Borghetto, situato al confine fra i Comuni di Magliano Sabina e Civita Castellana. Leggende e misteri si sommano in questo luogo enigmatico e di difficile accesso, che con la sua mole possente domina l’omonimo villaggio e la ferrovia Roma-Firenze: per saperne di più si faccia riferimento alla nostra guida “I castelli perduti del Lazio e i loro segreti“.


Il Castello di Fumone e la tragica storia del “Marchesino”

Circondato da boschi ed uliveti, il tranquillo borgo medievale di Fumone si offre al visitatore tutto arroccato attorno al suo castello, in un pittoresco amalgama grigio tra le abitazioni ed il fortilizio. Eretta tra il IX e il X secolo e più volte rimaneggiata, la Rocca Longhi-De Paolis è famosa non soltanto per essere stata la prigione di Celestino V, nonché luogo della sua morte, ma anche per ospitare uno straordinario giardino pensile (il più alto d’Europa, con i suoi 800 metri s. l. m.) da sempre conosciuto come la “terrazza della Ciociaria”. L’Arx Fumonis fu sin dall’Alto Medioevo un’imprendibile fortezza e respinse, fra gli altri, anche gli assedi degli imperatori Federico Barbarossa ed Enrico VI e venne conteso tra le maggiori famiglie nobiliari laziali.

La porta del borgo di Fumone

Passata poi alla Chiesa, la rocca assolse a lungo la funzione di controllo del territorio meridionale dello Stato Pontificio, da cui deriverebbe indirettamente il toponimo “Fumone”. Alla vista dei nemici, infatti, dal culmine di un’alta torre – oggi scomparsa – si levava un’enorme colonna di fumo: essa avviava un sistema di segnalazioni simili a catena, che coinvolgeva i paesi limitrofi giungendo infine alle mura capitoline, avvertendo così la “città eterna” dell’imminente pericolo. Il fortilizio nasconde numerosi misteri e ricordi di vicende macabre e terrificanti: il “pozzo delle vergini”, il monaco murato vivo chissà dove nell’edificio e mai ritrovato, le tragiche memorie dei numerosi carcerati e non ultima la già citata prigionia del celebre Papa del “gran rifiuto” dantesco. La visita al castello procede di sala in sala, tra affreschi, arazzi, eleganti arredi, sino a giungere all’archivio dove, tra importanti e antichi documenti, riposa in un angolo, un po’ defilata, una credenza. Al suo interno è celato il ricordo di una vicenda tra le più spaventose del castello. Si tratta della triste storia del “Marchesino”, ossia del piccolo Francesco Longhi, vissuto all’inizio dell’800. Ultimo fratello dopo ben sette sorelle, egli, come primogenito maschio, avrebbe avuto in eredità tutti i beni di famiglia. Le perfide sorelle, allora, a quanto pare,  uccisero il fratellino mettendo quotidianamente nelle sue pappe minuscole schegge di vetro (o gocce di veleno). Presto iniziò una lenta agonia che portò alla morte Francesco alla tenera età di cinque anni. La madre impazzì dal dolore, ordinando che le spoglie del figlio fossero imbalsamate con la cera e poste in una teca di cristallo ad eterna memoria. Misterioso rimane tutt’oggi il metodo usato per la mummificazione. Secondo una leggenda il castello sarebbe infestato dai fantasmi di Emilia Caetani-Longhi e dello stesso Marchesino, mentre dai sotterranei saltuariamente proverrebbero le urla e i pianti degli spettri dei prigionieri. Per saperne di più si faccia riferimento alla nostra guida Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito edita dalla Eremon Edizioni.


Le rovine dell’Abbazia di Piantangeli

Le solitarie rovine dell’Abbazia di Piantangeli, giacciono nel cuore dei Monti della Tolfa, sulla cima dell’omonimo monte e in superba posizione panoramica sulla Valle del Mignone, e costituiscono uno dei luoghi più sconosciuti e remoti dell’intero Lazio. Si raggiungono tuttavia tramite un comodo e breve sentiero (un’oretta di cammino) che inizia nei pressi di Tolfa e che tocca anche i resti di un tempio romano (la cosiddetta ”Grasceta dei Cavallari”).

Rovine di Piantangeli

Forse già frequentato dagli Etruschi, il luogo, con le sue pietre sparse e i suoi muraglioni smozzicati, appare malinconico e circondato da una natura eccezionalmente intatta e pittoresca: rocce dalle forme curiose si stagliano tutt’attorno alle antiche pietre e palesano l’origine vulcanica della zona.

Una pietra bizzarra

L’abbazia venne fondata in epoca carolingia e poi, nel XIII secolo, si dice appartenne ai Cavalieri Templari: essi però, fra il 1307 e il 1314, ai tempi della grande e celebre persecuzione contro di loro promossa da Filippo il Bello re di Francia, vi furono cacciati e l’edificio finì dato alle fiamme.

Rovine di Piantangeli

L’abbazia non fu mai più abitata e nei secoli venne avvolta da un alone di mistero che nutrì fosche leggende popolari, secondo le quali a mezzanotte, nell’anniversario della morte al rogo dell’ultimo Gran Maestro Templare Jacques De Molay (18 marzo 1314), si materializzerebbero inquietanti processioni spettrali, visibili da lontano con lunghe file di torce accese…

Rovine di Piantangeli

A parte le suggestioni decadenti, c’è da dire che visitando l’Abbazia di Piantangeli con i suoi panorami, vien da pensare per l’ennesima volta come sia possibile che i Monti della Tolfa (assieme alla vicina Valle del Biedano) non siano ancora un parco nazionale… L’aspetto austero dei ruderi, i prati verdissimi, i grandi spazi, fanno pensare ad un’ambientazione quasi “scozzese”: eppure, ecco uno dei tanti angoli stupendi della Tuscia, che nessuno o quasi conosce.

Panorama da Piantangeli

Nei pressi dell’abbazia si apre un panorama mozzafiato a 360°. Notevole il paesaggio agrario di questo lembo di Etruria, con le caratteristiche casette coloniche bianche: un territorio così ordinato da sembrare finto. Verso l’Alta Valle del Mignone e Rota il paesaggio, se possibile, è ancor più bello, e sembra un dipinto del Settecento.

Panorama da Piantangeli

Nelle giornate terse da qui si vede benissimo la striscia azzurra del Lago di Bracciano e sullo sfondo, il Soratte e la catena appenninica. Uno scenario semplicemente meraviglioso: ricco, ampio, variato, con elementi antropici (il borgo di Rota e i casolari d’epoca) e naturali (le colline, le verdi vallate, il lago e le montagne) in perfetta sintonia. Un patrimonio paesaggistico e culturale immenso che oggi appare finalmente salvaguardato dal Parco Agricolo dei Monti della Tolfa.

APPUNTI DI VIAGGIO

Periodi consigliati:

Tutto l’anno tranne l’estate piena a causa del caldo e della monotonia cromatica

Dove dormire: 

Tolfa-Agriturismo Fontana del Papa


Porta Maggiore dell’Acropoli di Alatri

Porta Maggiore dell'Acropoli di Alatri

La Porta Maggiore è l’accesso principale all’acropoli della cittadina ernica. Si apre nelle possenti mura megalitiche, mirabile esempio d’ingegneria architettonica, il cui metodo costruttivo è ancor oggi dibattuto. Colpiscono, infatti, le dimensioni dei massi calcarei con i quali furono erette e la precisione con la quale vennero sistemate, tanto da creare un mosaico perfetto. I viaggiatori del Grand Tour subirono il fascino di questa imponente opera e di uno di loro, il Gregorovius, rimane un commento scolpito sulle mura.


Lazio. I luoghi del Mistero e dell’Insolito – prima edizione (esaurito)

Il Lazio è la regione dei mille paesaggi e dei mutamenti improvvisi, delle civiltà arcaiche e dell’antichissima presenza umana. E’ una terra dalle emozioni forti e sottili allo stesso tempo, estremamente eterogenea e in larga parte ancora sconosciuta ai più; per questo lontana, nel complesso, dalle facili etichette e dai banali stereotipi del turismo moderno. Esiste poi un Lazio diverso, affascinante e inesplorato, spesso ignorato dalle guide e che tuttavia non mancherà di sorprendere il viaggiatore curioso e avventuroso. Isole galleggianti, laghi che scompaiono e riappaiono periodicamente, impronte di santi, demoni e miscredenti, simboli e chiese templari. Poi ancora, presenze spettrali, città morte e castelli infestati, acropoli ciclopiche, voragini impressionanti e grotte arcane, percorsi iniziatici scolpiti nella roccia, avvistamenti ufo. Sono, queste, soltanto alcune delle suggestioni del Lazio segreto, che in questo libro ci proponiamo di svelare al lettore. La guida descrive in maniera approfondita ben 50 località, suddivise in 5 itinerari corrispondenti ad altrettante aree storico-geografiche della regione, con indicazione dettagliate su come arrivare sul posto e su come elaborare itinerari di più giorni. E’ presente inoltre un’appendice che elenca altri numerosi siti “misteriosi” ed “insoliti” che è possibile abbinare alla visita di quelli principali, per un totale di quasi 100 siti citati. I testi sono redatti in un linguaggio assieme diretto e colto che non mancherà di affascinare il lettore, introducendolo in modo perfetto alla scoperta di luoghi magici e arcani.

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