Dopo la prima parte dedicata alla porzione settentrionale della Provincia di Frosinone, andremo ora ad attraversare il cuore del sistema collinare ciociaro, un territorio per lo più sconosciuto al resto della regione e – fatte poche eccezioni – ancora totalmente estraneo a qualsiasi flusso turistico, anche di nicchia, e ciò nonostante la presenza di piccoli gioielli storico-artistici ed urbanistici. Lo stesso paesaggio agrario, pur aggredito da una proliferazione edilizia spesso disordinata e di infimo livello, conserva nel complesso un’atmosfera amena e piacevole: gli uliveti, le piccole vigne, i pascoli e i campi di grano, i muretti a secco, le stradine bianche e le siepi, la miriade di case e villaggi sparsi sui crinali, sono tutti elementi che formano la più rappresentativa immagine del paesaggio ciociaro attuale.
I tanti borghi, arroccati come presepi sulle cime di scoscesi colli, si presentano colmi di interesse e, seppure talvolta in via di forte spopolamento, mantengono la semplicità della “vita di paese” di un tempo. Anche i prodotti agricoli della zona meriterebbero una reale valorizzazione, ma da questo punto di vista c’è ancora molto da fare: vale la pena comunque curiosare nelle piccole alimentari, alla ricerca di insaccati e carni (in particolare mortadella e porchetta), olio, vini, formaggi e pane locali di ottima qualità.
Da Frosinone ci si dirige verso Arnara con la Via Variante Casilina, che presto scorre fra i campi lasciandosi alle spalle il trafficato capoluogo. Man mano che ci avviciniamo spicca sempre più il caratteristico profilo merlato della torre-serbatoio (costruita in stile “medievaleggiante”) che affianca la rocca, la cui struttura originaria, appartenuta ai Conti di Ceccano e ai Colonna, è ormai quasi del tutto in rovina.
Arrivati, ecco una sorpresa: il tufo rossastro di alcune case e dello stesso maniero tradisce la presenza di un antichissimo apparato vulcanico e rende questo borgo curiosamente simile a quelli della Tuscia. Camminando per il borgo si nota purtroppo come esso sia ormai molto disabitato: peccato, perché meriterebbe una maggiore considerazione, ricco com’è di vicoli suggestivi e di ampie vedute su un dolce paesaggio fra i più intatti della provincia.
Da Arnara si va a Pofi per una tranquilla stradina campestre. Il paese, noto per la produzione di fiori e per il ritrovamento nei suoi paraggi dei resti ben conservati di un uomo preistorico (battezzato “uomo di Pofi” o “uomo di Ceprano”, il più antico uomo fossile italiano), appare disteso elegantemente su un colle e dominato da un possente palazzo-castello appartenuto ai Colonna.
Come ad Arnara, la pietra degli edifici di Pofi è d’origine ignea (seppure qui di colore scuro), ciò che distingue entrambi i paesi dagli altri centri storici ciociari, in cui prevale largamente il calcare. Anche qui troviamo pochi abitanti e poche attività commerciali e ricettive, ma possiamo godere scorci architettonici interessanti e bei panorami sulla campagna circostante. A pochi passi dal paese è inoltre la pittoresca Chiesa di Sant’Antonino, in stile romanico.
Dopo Pofi ci si sposta nettamente verso Est in vista degli Appennini, lungo una strada che, oltrepassata Ripi, si snoda tra assolati uliveti ed verdi colline.
Si raggiunge così Boville Ernica, che svetta circondata di mura medievali in cima ad un aspro ed irto monticello, dal quale la vista spazia a 360° su buona parte della Ciociaria.
Si parcheggia nei pressi di un vecchio fontanile e ci si avvicina al belvedere: davvero stupendo lo sguardo sulla grande vallata che si allarga ad Ovest con lo sfondo dell’anti-appennino laziale, con il suo “mare” di colli coltivati e punteggiati da case e piccoli villaggi contadini.
Varcata una delle porte fortificate del borgo, uno dei più graziosi della Ciociaria, si entra in un ambiente urbano variegato come stili e ristrutturazioni, che recentemente sta usufruendo di un generale recupero, anche grazie al suo inserimento nel club dei “Borghi più belli d’Italia”: riconoscimento, quest’ultimo, di cui ha beneficiato pure la vicina Monte San Giovanni Campano, prossima tappa del nostro itinerario.
Il paese è legato alle memorie di San Tommaso d’Aquino che ivi venne rinchiuso nel castello dai suoi stessi genitori, i quali – com’è noto – non accettavano la sua vocazione sacerdotale.
Si tratta di un centro storico di elevato pregio architettonico, con molte case ben restaurate: splendidi gli scorci panoramici, simili a quelli di Boville, sulle vallette d’intorno. Da Monte San Giovanni Campano (è possibile anche passare per Isola Liri con la sua celebre cascata) si continua per Arpino, bella cittadina d’arte insignita della “bandiera arancione” del Touring Club Italiano, che fu patria di svariati personaggi storici fra cui Marco Tullio Cicerone.
La nostra meta è però la piccola frazione della Civita Vecchia, uno dei borghi più spettacolari del Lazio a livello urbanistico per il fatto di essere cinto per intero da mura poligonali d’epoca pre-romana assai ben conservate, il tutto immerso in un dolce paesaggio rurale che dà risalto alla poderosa cortina “megalitica”, su cui si innalza la cosiddetta “Torre di Cicerone”.
Dalle mura si apre uno straordinario arco “a sesto acuto”, che per la sua perfezione architettonica e formale rappresenta uno dei più importanti monumenti della nostra regione e non solo.
La passeggiata nel borgo, piuttosto curato e in via di recupero, è forse l’”apice emozionale” di tutto il nostro itinerario: al viaggiatore sensibile non sfugge il senso “sacrale” di questo luogo, che fu l’antichissimo nucleo originario, fondato dai Volsci, della romana Arpinum.
Magnifici ed amplissimi sono i panorami sulle colline e le montagne ciociare, con tramonti che regalano immagini indimenticabili e con una veduta a volo d’uccello della stessa Arpino con il suo uniforme amalgama di tetti in coppi, una delle più eccezionali “cartoline” della Ciociaria. Unica nota stonata lo sviluppo edilizio deturpante ai piedi della città, che rischia di compromettere la delicata armonia fra edificato e ambiente naturale.
Visitata la Civita Vecchia, che da sola vale il viaggio, si continua verso sud attraverso una strada interna piena di curve che tocca numerose minuscole frazioni rurali spesso nemmeno segnate sulle cartine. Si passa poi ai piedi di Fontana Liri Superiore, Arce (da vedere la Chiesa di San Pietro e Paolo) e Rocca d’Arce (eccezionale punto panoramico). Infine si sbuca nella Piana del Melfa ove, oltrepassata l’autostrada, si raggiunge Aquino, la romana Aquinum, che, malgrado l’iniziale impatto anonimo della parte moderna, regala inaspettatamente un delizioso borgo medievale dominato da una torre duecentesca, oggi risistemata e aperta al pubblico.
In una piazzetta si eleva il bel palazzetto in cui probabilmente visse il giovane San Tommaso (detta appunto “Casa di San Tommaso”). Di grande interesse sono inoltre l’area archeologica ai piedi del paese, purtroppo disturbata dal viadotto autostradale, e la poco discosta Chiesa della Madonna della Libera, di forme romaniche ed ornata da cipressi, che incanta il visitatore dall’alto di una scalinata; sul suo sagrato e sulle sue sue pareti si vedono numerosi simboli riconducibili ai Templari.
Ad Aquino ha termine la seconda parte del nostro percorso turistico-automobilistico alla scoperta della “Ciociaria segreta”, la cui terza parte prenderà le mosse dalla vicina Roccasecca, dall’altra parte dell’A1.
APPUNTI DI VIAGGIO
Tempo stimato:
2-3 giorni
Periodo migliore:
ottobre-novembre-dicembre e aprile-maggio-giugno per i colori della campagna
Commenti recenti