L’unicorno è un simbolo ricorrente nell’iconologia del casato dei Farnese, di cui si vede bene l’immancabile giglio al centro dell’immagine. Qui siamo nel suggestivo Castello Orsini a Vasanello (in cui visse Giulia Farnese, “la bella”, sposa di Orsino Orsini), che custodisce diversi esempi di unicorni, nelle varie sfaccettature stilistiche che quest’animale fantastico presenta rispetto alle sue molteplici raffigurazioni.
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Vasanello-Gli unicorni di Castello Orsini
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Triplice Cinta a Villa Santo Stefano
Una “triplice cinta” campeggia su un gradino nel borgo di Villa Santo Stefano: un segno che accomuna questi paesino ai tanti centri ciociari che vedono la presenza massiccia di tale misterioso simbolo (per saperne di più cfr. “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 2”).
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Al cospetto dell’abbazia
Edificata a cavallo fra XII e XIII secolo in un elegante quanto essenziale stile romanico-gotico cistercense, l’Abbazia di Fossanova è uno dei luoghi di fede più importanti del Lazio. Sorge in una depressione della vasta Valle dell’Amaseno, al centro di un antico reticolo viario che ha collegato per secoli l’area pedemontana lepina e l’Appia con la Valle del Sacco (ossia con quella che oggi siamo soliti definire “Ciociaria”), dunque all’interno del più ampio itinerario fra Roma e Napoli: oggi è toccata dal Cammino di San Tommaso e dalla Via Francigena del Sud. Questo solenne monumento si trova a poca distanza da Priverno, di cui è frazione assieme al delizioso borgo che lo circonda, premiato dal Touring Club Italiano con la “bandiera arancione”. Legata alla figura di San Tommaso d’Aquino, che quivi morì il 7 marzo del 1274, l’abbazia conserva altresì un interessante corpus di “iconologia magica”, che abbiamo ampiamente analizzato nel vol. 2 di “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.
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Il Castello Baronale di Maenza
Di origini alto-medievali (forse IX sec.), il Castello di Maenza passò fra le mani di molte famiglie baronali, fra cui i De Ceccano e i Caetani, trovandosi più o meno al confine fra le loro sfere geografiche di influenza. Nel 1274, ospite della nipote Francesca Annibaldi, vi soggiornò Tommaso d’Aquino che, in preda a un malore, dovette interrompere il viaggio verso Lione e che di lì a breve avrebbe ripiegato a Fossanova, laddove sarebbe poi spirato. Nei secoli successivi il maniero venne trasformato in residenza signorile e anche in questo caso passò di casato in casato. Le varie epoche sono testimoniate dai diversi cicli di affreschi e dalle diverse decorazioni ravvisabili negli interni. Il severo maniero domina il suggestivo borgo di Maenza (caratterizzato fra l’altro di una ricca “iconologia magica”), ospita un museo ed è visitabile nei fine settimana.
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Simboli stregoneschi a Sermoneta?
Nella stretta viuzza a saliscendi che dal belvedere di Sermoneta conduce alla Chiesa di San Michele Arcangelo – con i suoi simboli templari – ad un certo punto appare, su un gradino, il simbolo della “Stella a Cinque Punte” (o “Pentacolo”), di oscura origine e da sempre collegato all’occultismo. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 2”.
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Il Convento di San Francesco a Sermoneta fra le colline di ulivi
Il Convento di San Francesco a Sermoneta si staglia su una collina alle pendici dei Monti Lepini, a circa un chilometro dal paese. Edificato nel Trecento dai seguaci del Poverello di Assisi – forse dal ramo dei cosiddetti “Fraticelli” – subì diversi passaggi di mano fra i vari ordini religiosi, fra cui probabilmente i Cavalieri di Malta di cui sono ben visibili le caratteristiche croci sul portico esterno. Questo simbolo tuttavia, noto anche come Croce delle Otto Beatitudini, fu in uso anche presso i Templari che pure furono presenti nel sito, che probabilmente era situato su un’antica via di pellegrinaggio – grosso modo ricalcante quella che oggi viene detta “Francigena del Sud”. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito – vol. 2” (nuova edizione).
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Chiostro di Valvisciolo
Nel bel chiostro in stile cistercense dell’Abbazia di Valvisciolo (XII sec.), nei pressi di Norma, numerosi simboli rivelano la presenza dei Cavalieri Templari nonché la profonda dottrina misteriosofica di questo ordine monacale: come il famoso Sator, che qui appare in una rarissima forma circolare.
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La volta di Santa Maria dell’Assunta ad Amaseno
La volta affrescata della Chiesa di Santa Maria dell’Assunta ad Amaseno, del XII secolo. Si tratta di una delle chiese più belle del Lazio meridionale, ove nitido risulta lo stile gotico-cistercense. Nella struttura alcuni elementi misteriosofici richiamano la presenza dei Cavalieri del Tempio, i quali com’è noto furono assai attivi nel Basso Lazio. Inoltre l’edificio sacro è noto per il “miracolo del sangue” di San Lorenzo, che si scioglie ogni 10 agosto in occasione della ricorrenza del Santo. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.
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Maenza-Panorama dal Loggia dei Mercanti
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Svastiche nel Duomo di Ferentino
Oggi consideriamo la svastica un emblema nazista ma in realtà si tratta di un simbolo antichissimo con un significato del tutto positivo, attinente al bene e al sole, mantenutosi nella cultura cristiana. Eccolo campeggiare sul soffitto del Duomo dei Santi Giovanni e Paolo a Ferentino.
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Il Pegaso a Villa Lante di Bagnaia
Il simbolo del Pegaso (come quello dell’unicorno) fa parte dell'”iconologia magica” rinascimentale e ritorna spesso nelle dimore cinquecentesche. Qui siamo a Villa Lante di Bagnaia, presso Viterbo: l’affresco con il Pegaso appare in una delle due eleganti palazzine che coinvolge il complesso gentilizio.
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Atina-Croce Patente
Una Croce Patente, perfettamente conservata, si può scorgere presso il Castello Cantelmo di Atina, esempio chiaro della presenza dei Cavalieri Templari nella cittadina “capoluogo” della Val di Comino.
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La Ruota della Vita nel Foro Romano
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Supino-Simboli massonici sul portale di Palazzo Bavari
Nel cuore del borgo di Supino, sui Monti Lepini, il settecentesco portale d’ingresso di Palazzo Bavari presenta chiari simboli massonici.
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Dai vicoli medievali di Veroli all’Abbazia di Casamari, sulle tracce di simboli magici…
Posta su un’altura carsica nel cuore della Ciociaria e affacciata sulla popolosa Piana di Frosinone, Veroli è una cittadina medievale dalle antichissime origini. Fondata, infatti, dagli Ernici – dei quali, nella parte più alta del colle, si possono ammirare l’acropoli e le mura megalitiche – Verulae nel VI secolo a. C. formò, con importanti città limitrofe come Anagnia (Anagni), Aletrium (Alatri), Ferentinum (Ferentino) ed altre roccaforti minori, la Lega Ernica. Divenne poi fedele alleata dei Romani, ed ancor oggi, in onore di questa coalizione, sullo stemma della città compare la scritta “verulana civitas almae urbi confederata” (“la città di Veroli confederata alla generosa Roma”).
Il centro storico di Veroli è caratterizzato da uno spiccato aspetto medievale, principalmente nel quartiere di Santa Croce e nella zona di Sant’Erasmo. Case-torri, portali ogivali, bifore e trifore creano un’atmosfera “antica” che ne fa senza dubbio una delle mete più suggestive del Basso Lazio. Assai pittoresca è la salita verso la chiesetta di San Leucio, “ornata” da un teschio con le ossa incrociate; affianco sono i resti di un castello che venne innalzato sulle già citate mura “ciclopiche”.
A Veroli si trovano diverse chiese notevoli, la cui storia rimanda ad antiche presenze templari. Un antico manoscritto dell’Archivio Segreto Vaticano, risalente al 1310, documenta l’ordine di esposizione delle citazioni al processo contro i Cavalieri dell’Ordine Templare presso le loro chiese e, fra le altre, in esso è menzionata la Chiesa di Santa Maria dei Franconi a Veroli. Di proprietà quindi dell’Ordine dei Cavalieri del Tempio, Santa Maria dei Franconi, eretta in stile romanico ed annessa ad un monastero benedettino del XVI secolo, presenta alcuni segni distintivi di questa appartenenza, ossia una rosa cistercense ed una croce patriarcale templare graffiti sugli stipiti del portale d’ingresso. Inoltre nella cripta di Sant’Onofrio, edificata come chiesa per i lebbrosi, era incisa un’iscrizione: “Templar….posuit”, ora purtroppo non più visibile poiché – a quanto pare – ricoperta dall’intonaco.
A poca distanza troviamo la Basilica di Santa Salomé, edificata – secondo la tradizione locale – nel 1209 sul luogo del ritrovamento del corpo della Santa, divenuta poi protettrice di Veroli. A riprova di ciò, nei sotterranei della chiesa, nei quali si accede tramite uno stretto passaggio, posto al di sotto dell’altare della cripta, è conservata una lastra di marmo. Madre degli apostoli Giovanni e Giacomo e testimone della morte e della resurrezione di Gesù Cristo, Santa Salomè discese in queste zone per diffondere il cristianesimo ed organizzare la comunità cristiana locale. La chiesa, posta su uno dei terrazzi panoramici di Veroli e costruita inizialmente in stile gotico, ha subito nel tempo vari rimaneggiamenti, ma conserva, al suo interno, notevoli affreschi. La fama di detta chiesa è costituita, comunque, dalla presenza della Scala Santa, che percorsa in ginocchio dona al fedele l’indulgenza plenaria, alla stessa maniera di quella sita in Palazzo Lateranense a Roma.
Interessante anche il vicino Duomo di Sant’Andrea, costruito sul sito dell’antico foro romano, occupato oggi dalla graziosa piazza centrale dell’abitato: degna di nota la Cappella del Tesoro, con i resti della chiesa alto-medievale.
Ci spostiamo ora in un’altra zona della cittadina, dirigendoci verso la Chiesa di Sant’Erasmo, che si raggiunge attraverso una via fiancheggiata da palazzetti due-trecenteschi. Il tempio venne probabilmente fatto costruire da San Benedetto da Norcia, durante il suo viaggio verso Montecassino (attualmente l’itinerario percorso dal Santo nel VI secolo è stato ripreso a fini turistico-religiosi, divenendo un “cammino” di grande successo). Sono visibili vestigia romane sul campanile e su parte del portico, mentre il resto della struttura ha subito numerose modifiche, dal XVI secolo in poi.
Nonostante ciò, sulla facciata del portico, composto di tre archi a tutto sesto, sono presenti alcuni altorilievi raffiguranti un ornamento dal complesso significato: il “Fiore dell’Apocalisse”. Ogni petalo del Fiore raffigura i quattro elementi (Fuoco, Acqua, Terra, Aria) e le quattro entità dell’Apocalisse (Uomo, Aquila, Toro e Leone). Questo simbolo – utilizzato in alcune opere filosofico-alchemiche medievali e che si riteneva avesse potenti poteri contro le forze del male – nel suo complesso indica l’armonia scaturita della perfetta unione degli elementi, e l’unità della conoscenza derivante dall’unione di tutte le sacre scritture.
Ai piedi di due colonne del portico di Sant’Erasmo sono invece altre due incisioni, le Triplici Cinte, che si ricollegano a documentate presenze templari nel paese.
Attraversando le caratteristiche vie dei quartieri medievali di Veroli, sugli edifici privati si possono infatti notare, scalfiti nella pietra, diversi simboli, tra cui la Triplice Cinta.
Questo segno, risalente forse all’Età del Bronzo e diffuso presso le popolazioni celtiche, viene menzionato anche nella Bibbia e lo si trova inciso nelle cattedrali gotiche. In seguito esso fu probabilmente ripreso dai Cavalieri della Milizia del Tempio per indicare i luoghi aventi una sacralità tellurica. Lo si può notare talvolta scolpito sugli edifici medievali, risalenti al XII e XIII secolo di molte cittadine laziali, tra cui Alatri, Priverno, Norma, Sermoneta (per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”), che presentino alcuni particolari tratti architettonici (come, ad esempio, l’acropoli e le mura megalitiche), e/o conservino testimonianze della presenza cistercense nei propri territori.
Un altro motivo dell’adozione, da parte dei Cavalieri Templari, di simboli dai significati esoterici, fu che alcuni di essi, ossia i più colti, durante le Crociate, cercarono di instaurare con i musulmani un rapporto costruttivo, basato sull’interscambio sia commerciale che culturale, e per questo vennero a contatto con i filosofi arabi, i quali a loro volta erano eredi di antiche conoscenze occulte. Questa politica fu in seguito adottata anche da Federico II, protettore dei Cistercensi, ordine monastico legato ai Cavalieri del Tempio. La Triplice Cinta, secondo gli studi di Renè Guenon, rappresenterebbe i tre gradi dell’iniziazione propri delle scuole esoteriche e, nondimeno, della tradizione druidica. Oltre a ciò, numerose altre ipotesi sono state formulate per chiarire il senso di questo misterioso simbolo, ma quel che è certo è solo che esso sia legato ai Templari, in quanto presente anche presso la Fortezza di Chinon, dove essi furono imprigionati agli inizi del XIV secolo.
La nostra ricerca iconografica ci ha però regalato altre sorprese. Nei pressi della Chiesa di Sant’Erasmo corrono due vie dal singolare nome: “Via Terribile” e “Vicolo Terribile”. Non si conosce il perché di questo insolito appellativo, ma istintivamente il toponimo “terribile” rimanda ad altri luoghi così descritti, e cioè, non solo alla celebre chiesa di Rennes le Chateau, ma anche a quella del Santuario della Madonna della Civita ad Itri (cfr. “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”).
Ma le inquietanti coincidenze non finiscono qui. Seguendo infatti l’itinerario descritto dalle due tenebrose stradine di Veroli, che si snodano tra antiche abitazioni, spesso semi-dirute e abbandonate, si torna di fronte al muro laterale della stessa Chiesa di Sant’Erasmo, proprio nel punto in cui si trova scolpito, curiosamente, un altro simbolo affine alla Triplice Cinta, ossia il Centro Sacro o Omphalos, anch’esso strettamente legato alla cultura esoterica templare e ricorrente in altri siti del Lazio meridionale (Sermoneta, Terracina e Priverno).
Tornati nella piazza principale di Veroli e passeggiando sul breve corso, si può apprezzare un’ultima chicca. Nel grazioso cortiletto di Casa Reali, è affissa una lastra di marmo bianco che riporta un raro esempio di calendario romano risalente al I secolo d. C., noto come i “Fasti Verulani”.
In esso sono stati segnati i primi tre mesi dell’anno, indicando gennaio e marzo con 31 giorni e febbraio con 29. La curiosità di questo calendario consiste nel fatto che accanto ad ogni data è impressa una lettera, che segnalava, secondo le superstizioni di allora, la tipologia del giorno: NP stava per festivi, N per nefasti, C per comiziali ed F per giorni fasti e favorevoli. Ad esempio il 27 marzo, data della vittoria di Cesare ad Alessandria (46 a. C.), era indicato come festivo, mentre il 14 Gennaio, essendo il giorno di nascita di Antonio, era nefasto.
Usciti infine da Veroli, ci dirigiamo ora verso l’Abbazia Cistercense di Casamari. Fondata originariamente dai monaci benedettini nel XI secolo, agli inizi del XIII secolo l’Abbazia passò all’Ordine monastico Cistercense, che ne rimodernò ed ampliò la struttura, e che oggi si presenta quale uno dei più integri monumenti d’architettura gotico-cistercense.
I lavori di ristrutturazione di Casamari vennero affidati ad una Corporazione Muratoria, i cui sapienti scalpellini hanno lasciato, intagliati in diversi angoli della chiesa, alcuni simboli distintivi della propria compagnia, ripresi in seguito anche dalle associazioni massoniche sorte nel corso del Settecento in Ciociaria.
Quest’ultime, infatti, oltre a raccogliere l’eredità culturale-esoterica dei Templari, si ricollegano, ancor di più, alle Corporazioni Muratorie medievali.
Alcuni dei suddetti emblemi sono visibili all’interno della chiesa: scolpita sul capitello della prima colonna a destra della navata centrale, è una “Tau” templare, appesa alla quale vi è un grembiule da scalpellino, mentre nella facciata posteriore dello stesso capitello è un braccio che tiene in pugno uno scalpello ed una squadra.
Inciso su un altro capitello è il simbolo dell’”Ouroboros”, ossia la rappresentazione alchemica del “tutto in uno”, del “Principio e della Fine”, raffigurata da due serpenti che si mordono la coda. Tra le sculture del coro ligneo, si nota, per giunta, un’altra figura che richiama anch’essa la simbologia massonica (come pure quella dei Rosacroce o quella alchimistica), su cui ci si potrebbe soffermare molto: un pellicano che si squarcia il petto con il becco per nutrire i propri piccoli tramite il suo stesso sangue. Infine, sulla lunetta del Portale dei Conversi è raffigurato l’emblema dell’“Albero della Vita”, affiancato da due croci templari.
Una particolarità dell’architettura cistercense è la quasi assenza di elementi decorativi, finalizzata a non distogliere dalla preghiera il fedele. Fatto strano è dunque che su uno dei capitelli del chiostro si trovano riprodotti tre volti raffiguranti Federico II di Svevia, il suo cancelliere Pier delle Vigne e (si dice) Gioacchino da Fiore, che a loro volta evidenziano gli stretti rapporti intercorsi tra l’Imperatore e i monaci Cistercensi.
Se ciò sia ricollegabile o meno alla stretta relazione intercorrente tra i monaci Cistercensi e i Cavalieri Templari non è certo. È invece documentata la loro affiliazione all’imperatore svevo, avvenuta nel 1221, tant’è che questo fu ospite presso l’Abbazia di Casamari durante l’incontro con il Papa, in merito alla discussione sulla Quinta Crociata.
Ogni volta ce ne andiamo da Veroli soddisfatti, con la consapevolezza di aver visitato un patrimonio straordinario, un intreccio affascinante di testimonianze storiche, artistiche e culturali che conferma l’incredibile ricchezza della Ciociaria ed il suo finora inespresso potenziale turistico.
APPUNTI DI VIAGGIO
Periodi consigliati:
tutto l’anno.
Tempo di visita:
1-2 giorni.
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“Croce Patente” a Sermoneta
Uno dei tanti simboli esoterici scolpiti – in epoche probabilmente diverse – nelle pietre del borgo di Sermoneta: alcuni sarebbero riconducibili ai Templari come quello della foto, che ritrae la cosiddetta “Croce Patente”. Pochi sanno che oltre alla bellezza dei suoi vicoli e dei suoi monumenti, Sermoneta offre un vero manuale di “iconologia magica”; i motivi di tale particolarità sono tutt’oggi dibattuti. Per saperne di più: “Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito”.
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