Roccantica, fra natura, storia e leggenda

Viaggiando in direzione di Roccantica si apre ai nostri occhi un vero e proprio “anfiteatro” di montagne, dalle forme armoniose, che “avvolgono” questo borgo – così come gli altri vicini – con un abbraccio verde da cui esso si distingue per la compatta massa grigia, data dal colore della stessa pietra calcarea di cui sono costituite tali alture. Il villaggio, posto nel cuore della Sabina Tiberina, a 457 metri sul livello del mare, appare al visitatore completamente intatto, in quanto privo di espansioni moderne, come una gemma rara tra le foreste, incutendo un senso di ammirazione e stupore.

Il verde “abbraccio” dei Monti Sabini.
Il “paesaggio medievale” della Sabina: in primo piano Roccantica, sullo sfondo Casperia.

Negli ultimi anni Roccantica, sorta forse nel VIII secolo come castrum (col nome di Rocha de antiquo) ed ancora in parte cinta da mura, è stata oggetto di numerosi restauri che ne hanno rivitalizzato l’immagine, allo scopo di favorire il turismo e di contrastare lo spopolamento, fenomeno che da queste parti è particolarmente serio. La recente, discutibile costruzione di un impianto sportivo (con il suo relativo impatto), alle spalle del borgo, non sembra aver risolto il problema, mentre in paese un bar, un ostello e un paio di ristoranti sono le uniche strutture ricettive presenti. Alcuni angoli del borgo rimangono piuttosto abbandonati tuttavia la piazzetta più alta del paese è davvero incantevole e viene regolarmente immortalata dagli scatti fotografici dei visitatori. La speranza è di replicare il successo avuto dalla vicinissima Casperia, ormai stabilmente frequentata dal turismo internazionale. Il tema del “Parco slow della Sabina”, del resto, trova a Roccantica massima espressione, con i suoi ritmi lenti e così lontani da quelli della Capitale, che comunque – ricordiamolo – è a un tiro di schioppo. Noi che per anni abbiamo vissuto in Trentino, al confine con l’Alto Adige, sappiamo bene che un sano “tradizionalismo”, se valorizzato e non tradotto in banale provincialismo, può essere la chiave del futuro economico dei piccoli centri dell’entroterra nonché di un’alta qualità della vita.

L’arco che dà accesso diretto alla piazzetta di Roccantica, venendo dalla montagna.
Uscendo dalle mura castellane…
Una “croce patente” campeggia su un arco a sesto acuto.
Una porta delle antiche mura, vista dalla torre del castello.
La Chiesa di San Valentino e la Torre dell’Orologio.

—–

In alto e in basso: due immagini della “piazzetta alta” di Roccantica.

Da qui attraverso un piacevole passeggiata fra archetti e case in pietra – sfiorando la Chiesa di Santa Caterina di Alessandria con i suoi splendidi affreschi tardo-gotici (XV sec.), ad opera di Pietro Coleberti da Priverno, attualmente in restauro – si giunge al cospetto dei ruderi di un castello appartenuto agli Orsini. Il maniero si caratterizza per una torre del X secolo, su cui si può salire grazie ad alcuni volontari che nei fine settimana di norma la tengono aperta (si consiglia tuttavia di chiamare prima il Comune): da qui il panorama sui tetti del borgo e sulle colline della Sabina Tiberina lascia senza fiato.

La bifora dell’ex-Chiesa di San Valentino.
Un archetto nel borgo.
La rocca e la torre.

Proprio alla cosiddetta “Età di Mezzo” – che ancora “marca” fortemente la zona – è dedicata un’altra attrattiva di Roccantica, stavolta di tipo folkloristico, ossia “Medioevo in Festa” (si svolge intorno a Ferragosto), che propone una rappresentazione dell’evento storico forse più importante nella storia della comunità: si tratta dell’assedio, avvenuto nel 1059, da parte delle truppe dell’antipapa Benedetto X, allorquando a Roccantica si trovava il fuggitivo papa Niccolò II: egli fu difeso strenuamente dai roccolani fino all’arrivo dell’esercito di Roberto d’Altavilla, che scacciò i nemici. Ai pochi superstiti di Roccantica (sembra che rimase viva una dozzina di uomini) furono poi concessi dal pontefice diversi privilegi. Alla manifestazione possono partecipare come figuranti anche i forestieri: a noi è stato detto che basta contattare per tempo la pro loco e prenotarsi i costumi!

Un vicolo con la tipica pavimentazione in pietra.

—–

Dall’alto al basso: i tetti del borgo visti dalla torre del castello.

Dal punto di vista escursionistico Roccantica offre diversi sentieri ma il più frequentato è senza dubbio quello che conduce all’Eremo di San Leonardo (VII sec.) – luogo di pregna spiritualità -, scende ai resti di un mulino medievale e poi risale fino alla grande dolina carsica del “Revotano”, che si ammira già in lontananza dal paese, come un’enorme depressione fra i boschi: sul fondo si trova una sorta di fiabesco bosco primigenio, mai toccato dall’uomo. Alla voragine è legata una leggenda che racconta come un tempo qui sorgesse un paese che per la sua insolenza, provocando l’ira divina, venne fatto profondare: si salvò soltanto una religiosa ragazza, la quale avrebbe dato vita all’odierna Roccantica. Al di là dell’ingenua storiella, è interessante notare la somiglianza fra essa e gli antichissimi miti “del diluvio”, o più genericamente “della punizione divina”, che caratterizzano numerose civiltà del mondo, anche di quelle europee prima dell’avvento del Cristianesimo, ciò che fa pensare ad una leggenda addirittura di origine italica. Lungo il sentiero del ritorno affascina la vista del paesaggio medievale sabino, con i borghi arroccati che conservano bene le loro caratteristiche di “centri murati”. Notevole è il contrasto fra i paesi e la campagna vissuta e coltivata da un lato e le disabitate montagne dall’altro, scure di lecci e querce, che nell’Alto Medioevo, come già accennato, attrassero gli anacoreti.

L’Eremo benedettino di San Leonardo.
Le foreste dei Monti Sabini incombono sul borgo.
Il Convento delle Clarisse.

E sempre al paesaggio vogliamo dedicare un ultimo cenno. Abbiamo detto all’inizio alla somiglianza con gli scenari del preappennino umbro, del resto contiguo geograficamente e omogeneo culturalmente (la Bassa Sabina appartenne alla Provincia di Perugia sino al “riordino” delle province italiane in epoca fascista). Affacciandosi dalla “terrazza” di Roccantica, l’orografia complessa, i boschi, i fitti oliveti e l’insediamento sparso del paesaggio sabino rimandano anche a quello di certi angoli della Toscana – pensiamo alle colline a sud di Firenze. Ma ci sono evidenti differenze: da un lato la campagna di Roccantica appare meno “pura” a livello architettonico, essendovi maggiori intrusioni moderne (tutto sommato ben integrate nel verde), dall’altro è da notare la quasi totale assenza di vigneti, elemento che invece quasi ovunque segna le colline toscane.

—–

—–

—–

Dall’alto al basso: alcuni panorami da Roccantica.

Ad ogni modo, la varietà e la bellezza della vegetazione (spiccano gli uliveti del pregiato olio Sabina Dop) – oltre allo splendido e assolato orizzonte, aperto verso l’oraziano Soratte – creano una sorta di unicum “di classica bellezza”, che all’oggi ne fa, nel complesso, uno dei “paesaggi importanti” d’Italia. Non può che concludersi questa amena visione rurale con uno dei tramonti per cui la Sabina è celebre, e che sorprendono sempre chi viene a visitare questa magica terra prendendosi il tempo di attendere il calar del Sole, cosa che raccomandiamo anche noi assolutamente…

Un tramonto da Roccantica con lo sfondo del Monte Soratte.


Il “Paradiso rivoluzionario” di Ninfa

Ninfa – angolo d’Italia a noi carissimo – è oggi un luogo concettualmente rivoluzionario. Le struggenti rovine due-trecentesche (descritte dal Gregorovius, nell’Ottocento, come la “Pompei del Medioevo”), avvolte da un giardino “all’inglese” fra i più romantici al mondo, formano uno scenario di disperata bellezza, concepito nei primi del Novecento dal genio paesaggistico di Lelia Caetani e, prima di lei, dal gusto floristico della madre Marguerite Chapin, moglie di Roffredo Caetani. Qui il valore della Bellezza estetizzante è elevato ad elemento primario che – come la “donna angelicata” per gli stilnovisti – sa avvicinare al Divino gli animi sensibili, oltre ad essere fonte di ispirazione per opere artistiche e letterarie. Un luogo “rivoluzionario”, dicevamo, poiché in un’epoca sempre più dominata dal gretto materialismo meccanicista, scientista e filo-distopico, con l’ideologia del “funzionale tecnologico” che sottomette e deride come “superstizione” ogni valore spirituale e sentimentale, in primis quello della Bellezza (sfociando sempre più marcatamente nel Transumanesimo totalitarista, con lo strumento-tecnologia che diviene fine e addirittura divinizzato), Ninfa ricorda che c’è stata gente – e c’è ancora – la quale crede in valori e concetti assolutamente contrapposti. Laddove la “filosofia” pragmatica e neopositivistica (e neoliberistica, ovviamente, poiché tutto l’orrore si regge solo sul capitalismo consumistico) spinge l’uomo sempre più a “campare”, Ninfa – con i suoi colori, i suoi profumi, i suoi “quadri” – ci ricorda come “vivere” sia ben altra cosa e come la Bellezza ne sia parte fondamentale. Mentre dalla nostra parte se non c’è Dio c’è senz’altro la Natura, dalla parte loro può esserci soltanto Satana o il nichilismo.


Il Castello di Bracciano in notturna

Celebre per le sue opere d’arte, gli arredi, le armi, i trabocchetti e le leggende, il magnifico Castello Orsini-Odescalchi di Bracciano domina l’omonimo lago. Di notte, reso assai suggestivo da un’ottima illuminazione, emana ancor più un fascino misterioso reso già forte dalle storie di presenze spettrali.


La Cascata Braccio di Mare

La Cascata Braccio di mare è una delle più suggestive fra le numerose cascatelle che si incontrano lungo lo stupendo e frequentatissimo sentiero che parte dalla Necropoli della Banditaccia di Cerveteri e si inoltra nel cuore dei misteriosi Colli Ceriti. Questo salto d’acqua – posto praticamente a metà percorso – è impreziosito dalle memorie classiche e leggendarie che vi aleggiano: fu citata persino da Virgilio nell’VIII libro dell'”Eneide”, allorquando ad Enea – il quale si trovava a viaggiare di qui – apparve dalle fredde acque del “gelidus caeritis amnis” la dea Venere annunciandogli la gloria della sua progenie.


Fantasie dell’argilla in Etruria

Laddove prevalgono le argille pure, la morfologia del paesaggio diviene spesso stupefacente. Nel Lazio si ritrova questo tipo di territorio in sole tre zone, ossia nei bassi corsi delle contigue valli del Mignone e del Marta, separate dalle colline attraversate dall’Aurelia Bis, e nella Valle del Paglia procenese. Uno scenario che ricorda quello delle vallate dalla Bassa Toscana ma a differenza di queste ultime raramente fotografato e celebrato. Qui per la precisione siamo nella magnifica Valle del Mignone, guardando dalla località di Monte Riccio (Tarquinia). La composizione argillosa è ben visibile in autunno con i campi arati mentre in primavera il tutto si ricopre di una meravigliosa coltre verde, sia essa dei pascoli o dei coltivi.


La Chiesa di San Tommaso a Roccasecca Vecchia

Il “borgo fantasma” di Roccasecca Vecchia spicca sin da lontano per la mole imponente del diroccato Castello dei Conti d’Aquino e sorveglia le belle valli del Melfa e del Liri. Qui tutto parla della figura di San Tommaso, teologo e filosofo di somma importanza per la dottrina cattolica, cui è dedicata una chiesa trecentesca di semplici forme romaniche. Salendo qui, dopo numerosi scalini, si ha la netta sensazione di un luogo “sacro”, che induce alla riflessione.


Un vicolo a Castel San Pietro Romano

Dominato dai ruderi della Rocca Colonna e affacciato sulla Valle Latina e sulla Capitale, Castel San Pietro Romano è un grazioso paesino dei Monti Prenestini, noto per alcuni film che ebbero come protagonisti attori del calibro di Totò e Vittorio De Sica. Fa parte del club de “I Borghi più belli d’Italia” e si fa apprezzare per la cura del suo centro storico. E’ il primo paese che si incontra salendo da Palestrina, e introduce alla sequela di incantevoli borghi che si susseguono lungo il tortuoso crinale prenestino, come Rocca di Cave, Capranica Prenestina e Guadagnolo, in un itinerario fra i più rappresentativi del Lazio.


Tarquinia, panorama da San Giacomo

Lo splendido panorama dal belvedere di San Giacomo a Tarquinia, esaltato dal verde della primavera maremmana. Uno scorcio indimenticabile sul “paesaggio etrusco” della Valle del Marta che stupisce il visitatore e resta per sempre impresso nei suoi occhi.


Veduta del Monte Tancia

La dorsale del Monte Tancia – massima elevazione dei Monti Sabini, con i suoi 1292 metri s. l. m. – vista dal sentiero per l’Osteria del Fatucchio (o Faducchio). La zona è tristemente nota per una sanguinosa battaglia avvenuta nel marzo 1944 fra una piccola brigata partigiana e le truppe nazi-fasciste.


Tarquinia, Via degli Archi

Tarquinia è una delle cittadine d’arte dei più belle ed affascinanti del Lazio ma tutt’oggi è ancora poco conosciuta e visitata come meriterebbe. Nota anche come la “San Gimignano del Lazio” per le sue numerose torri – di cui una ventina circa perfettamente conservate – la cittadina sta comunque riscoprendo negli ultimi anni un certo lustro e finalmente pare che il turismo si stia accorgendo che c’è uno scrigno d’arte medievale oltre alla ben più nota magnificenza delle necropoli etrusche patrimonio Unesco. Una delle cause di questa timida riscoperta è anche il progressivo miglioramento di questo pregiato centro storico, con ristrutturazioni di edifici, ripavimentazioni e chiusure al traffico. Uno degli angoli recentemente recuperati è Via degli Archi – in foto – che incanta il visitatore per la sua coerenza estetica, caratterizzata dalla tipica pietra locale giallastra, il “macco”.


Sentieri fiabeschi

L’aspetto “fiabesco” del sentiero che conduce alle Pozze del Diavolo, sui Monti Sabini.


Le case rupestri di Luni

Cuore dell’Etruria rupestre, Luni sul Mignone riserva molte sorprese al visitatore che abbia la pazienza di esplorare in modo approfondito questo affascinante quanto misterioso sito archeologico: una di queste sono le cosiddette “case rupestri” (di origine protostorica), ubicate in un angolo appartato e difficilmente raggiungibile per chi non conosca bene la zona.


Il Tempio della Fortuna Primigenia

I resti dell’imponente e antichissimo Santuario della Fortuna Primigenia testimoniano la grandezza di Praeneste – attuale Palestrina – nel II secolo a. C., allorquando divenne un ricco crogiuolo economico, religioso e culturale fra le civiltà del Mediterraneo. Sede di un museo archeologico di straordinario valore, la cittadina è la “porta” di uno degli itinerari più suggestivi ed iconici del Lazio, che da qui – attraverso i Monti Prenestini – conduce al Santuario della Mentorella.


Le Pozze del Diavolo

Ormai frequentate ed amate dagli escursionisti romani, le cosiddette “Pozze del Diavolo” sono un insieme di splendide vasche calcaree dall’acqua color smeraldo – formate nel corso del tempo dal Torrente Galantina, che nasce nei pressi del sovrastante Passo del Tancia, nel cuore dei Monti Sabini. Vi si ammirano diverse cascatelle, di cui una – alta una decina di metri circa – particolarmente pittoresca (nota come la “Cascata del Diavolo”, appunto). L’unico neo è l’estrema variabilità della portata del torrente, che spesso d’estate va completamente in secca mentre anche in alcuni momenti delle altre stagioni non assicura un afflusso idrico sufficiente. Si consiglia quindi di informarsi bene prima di partire! Da sottolineare la bellezza del bosco che si attraversa – con molti alberi “muschiati” e in generale un’atmosfera fiabesca – e la purezza delle acque del Galantina, rifugio di salamandre e di altre specie rare di anfibi ed insetti. Un luogo di notevole valore naturalistico e paesaggistico, impregnato – come se non bastasse – dalle memorie e dalle tracce di eremiti e cavalieri che si affastellano in questa zona magica del Lazio.


Tarquinia medievale

Le spettacolari architetture medievali del centro storico di Tarquinia, luogo splendido da visitare soprattutto in primavera. Qui è lo slargo in cui diverse torri si innalzano intorno alla romanica Chiesa di San Pancrazio.


“Volando” da Monte Riccio

Sempre alla ricerca di “paesaggi segreti” del Lazio, stavolta in compagnia dell’amico Adrian Moss di Explore Tuscia, eccoci a svelavi un inedito panorama “a volo d’uccello”, quello cioè dall’iconica collina di Montericcio (o Monte Riccio, a 130 m. s.l.m.), che – con i suoi piccoli ma suggestivi calanchi – spicca nel verde primaverile della magnifica Valle del Mignone, cuore d’Etruria.


Le cascatelle della Valle del Sorbo

Meta classica di allegre scampagnate degli abitanti di Roma Nord, la bucolica Valle del Sorbo – sotto il paese di Formello – conserva un’atmosfera misteriosa nei giorni infrasettimanali. Protagonista è il Torrente Valchetta, che forma una pittoresca cascatella nei pressi di una mola medievale. Siamo al confine fra l’antica Etruria e il Latium Vetus, oggi diremmo fra la Tuscia Romana e la Campagna Romana, e la valle è attraversata dalla Via Francigena e sorprende i pellegrini poco prima del loro arrivo nella “Città Eterna”.


Vicoli ed archetti nel borgo di Rocchette

Un vicolo del suggestivo borgo di Rocchette, nel cuore della Sabina Tiberina, luogo dal fascino antico che incanta il visitatore, in una zona ricchissima di itinerari densi di mistero e magia.


Panorami d’immenso in Etruria

I grandi e solenni spazi della Valle del Marta con l’iconico e solitario Monte Canino, visti dalle spettacolari colline dell’Ara della Regina e più precisamente nei pressi della misteriosa collina “a cono” della Castellina. Qui più che altrove si respira l’anima degli Etruschi ed è la primavera ad esprimere al meglio l’aspetto gaio del complesso carattere di questo antico popolo.


Ai piedi della “Cattedrale”

Uno dei “paesaggi fantastici” più straordinari d’Italia culmina con l’arrivo alla cosiddetta “Cattedrale”, un colle di guglie d’argilla sottoposte ad incessante erosione, destinato inevitabilmente a scomparire. Un luogo che spinge a meditare – in tempi rapidissimi – su quanto siano transuenti non solo le opere umane ma anche quelle della natura.